DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Nuovi cardinali, il concistoro di Benedetto


Qualche considerazione sul concistoro che Benedetto XVI terrà il prossimo 20 novembre. Innanzitutto i dati: su venti nuovi cardinali votanti, i curiali sono esattamente la metà. Gli italiani sono in 8 in tutto, 7 dei quali curiali (gli italiani nei precedenti concistori di Papa Ratzinger erano 2 su 12 nuovi cardinali elettori nel 2006; 4 su 18 nuovi cardinali elettori nel 2007). Il peso dell’Italia in un eventuale conclave è cresciuto, perché al 20 novembre gli elettori italiani saranno 25. Nel nuovo concistoro i cardinali votanti europei sono 11, il che porta, a partire dal 20 novembre, il peso complessivo dell’Europa in un eventuale conclave a 62 voti. Una parola sulle cosiddette esclusioni. Era noto che il nuovo arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia, non sarebbe stato inserito. Mentre si pensava fino a qualche giorno fa che nell’elenco ci sarebbe stato l’arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori. E’ stata invece applicata questa volta in modo rigidissimo (non era mai accaduto fino ad oggi) la regola non scritta di far attendere i candidati il cui predecessore sia ancora al di sotto degli ottant’anni e dunque votante. Nel caso di Firenze, però, il cardinale Antonelli, ancora ben al di sotto degli ottant’anni, è diventato emerito perché chiamato in Curia. Ma questa stessa sorte e questa stessa esclusione è toccata anche all’arcivescovo di Toledo e primate di Spagna, il quale ha avuto il predecessore richiamato nella Curia romana, il cardinale Canizares. Che cosa è dunque accaduto? E’ accaduto, a mio avviso, che gli italiani erano troppi, e dunque per asciugare un po’ la lista si è deciso per questa volta di far valere in modo rigidissimo la regola del predecessore con meno di ottant’anni. Da notare che l’applicazione ha riguardato tutte le diocesi, non solo quelle italiane, e anche altri arcivescovi considerati molto vicini a Papa Ratzinger (come Leonard di Bruxelles o Dolan di New York) sono stati esclusi da questo concistoro. Quanto accaduto a Betori e Nosiglia era peraltro già accaduto nel 2007 all’arcivescovo di Palermo Romeo (questa volta incluso nella lista): ciò sta a significare che il Papa ha cominciato a trattare l’Italia esattamente come tanti altri Paesi del mondo, dove diocesi importanti per numeri e tradizione hanno atteso uno o più concistori prima che il loro pastore fosse insignito della porpora. I numeri ci parlano dunque di un concistoro molto italiano e molto curiale, come non era mai accaduto negli ultimi anni. Bisogna però considerare che degli italiani curiali (7) erano 6 quelli in qualche modo “obbligati”. L’unico che avrebbe potuto attendere un altro turno, per l’incarico che ricopriva, sarebbe stato il “ministro della cultura” Ravasi. Altre due significative novità. La prima riguarda l’Africa, che ottiene quattro porpore (una in curia, il presidente di Cor Unum Robert Sarah, fatto cardinale pochi giorni dopo la sua designazione alla guida del pontificio consiglio, mentre il suo predecessore, Cordes, aveva atteso 12 anni prima di ottenere il cappello). La seconda novità, a mio modesto avviso la più significativa dal punto di vista ecclesiale, riguarda il fatto che per la prima volta vengono elevati al cardinalato due arcivescovi emeriti con meno di ottant’anni (quello di Lusaka, nello Zambia, e quello di Quito, in Ecuador), i quali sono stati preferiti ai loro successori attualmente alla guida delle rispettive diocesi. E’ vero che nel caso di Quito il successore del nuovo cardinale è stato nominato un mese fa. Ma non è così per Lusaka. Fino ad oggi gli emeriti erano diventati cardinali se ultraottantenni, per meriti legati alla persona e non alla sede (è il caso, questa volta, dell’emerito arcivescovo castrense di Spagna, che è stato uno dei redattori del Nuovo Catechismo della Chiesa cattolica: la porpora per lui non è legata al suo servizio come ordinario militare). Ora invece ben due votanti su venti ottengono il cappello pur non essendo più alla guida delle loro diocesi, essendo stati preferiti ai loro successori. Va pure notato che nel nuovo concistoro ci sono due cardinali sensibii verso l’antica liturgia: il prefetto della Segnatura, Raymond Leo Burke, e l’arcivescovo di Colombo Malcom Ranjith Patabendige Don. E’ stato osservato – e anch’io ho ripreso questa considerazione in coda al mio articolo odierno – che con il nuovo concistoro e il peso crescente degli italiani, crescono le possibilità che il successore di Benedetto XVI sia italiano (ieri l’agenzia Agi ha proposto, tra le righe, anche tre nomi di “papabili”). A mio avviso è del tutto prematuro e azzardato affermarlo e non solo perché ovviamente non sappiamo quando si terrà il nuovo conclave, ma anche perché bisognerebbe ipotizzare che gli italiani rappresentino e costituiscano un blocco unico e compatto. Il che non è affatto scontato.

di Andrea Tornielli

Ventiquattro nuovi cardinali, 20 dei quali con meno di ottant’anni (e dunque votanti in un eventuale conclave), più quattro ultraottantenni. Un’«infornata» cardinalizia con gli italiani e i curiali che fanno la parte del leone, come non accadeva da tempo, ma che registra anche la sorpresa di una valorizzazione dell’Africa, alla quale vanno ben quattro berrette rosse. Qualche esclusione destinata ad attirare l’attenzione.
Benedetto XVI ha annunciato ieri la lista dei nuovi cardinali che riceveranno il cappello il prossimo 20 novembre. L’elenco conferma l’anticipazione pubblicata sul Giornale di ieri. Gli italiani sono otto (Amato, Monterisi, Baldelli, Sardi, Piacenza, De Paolis, Ravasi e Romeo). Mancano il nome del nuovo arcivescovo di Torino Nosiglia ma anche quello dell’arcivescovo di Firenze Betori, a motivo della regola di escludere i candidati il cui predecessore avesse ancora meno di ottant’anni, fatta valere però in modo insolitamente ferreo, dato che nel caso di Firenze (come pure in quello di Toledo, pure esclusa) il predecessore è sì ancora relativamente giovane ma ha lasciato la diocesi perché nominato a capo di un dicastero della Curia romana e dunque conserva il titolo di emerito per pura forma.
I curiali votanti sono in tutto 10, oltre agli italiani ci sono l’africano Robert Sarah, da pochi giorni presidente di Cor Unum (il suo predecessore, Josef Cordes, attese invece 12 anni la porpora), e lo statunitense Raymond Leo Burke. Dieci invece i porporati arcivescovi delle diocesi del mondo, sei delle quali del Terzo mondo. Tra questi la sorpresa è l’Africa (ottengono la porpora l’egiziano Antonios Naguib; Medardo Joseph Mazombwe, emerito di Lusaka; Laurent Monsengwo Pasinya, di Kinshasa). La vera novità è che per la prima volta vengono nominati due cardinali emeriti ancora votanti - è il caso del già citato Mazombwe, e dell’ex arcivescovo di Quito, in Ecuador, Raúl Eduardo Vela Chiriboga - preferiti al posto dei loro successori che attualmente guidano quelle Chiese. Non va poi sottovalutato il fatto che entrano nel collegio cardinalizio due nuovi porporati particolarmente sensibili alla liturgia tradizionale: l’americano Burke e l’arcivescovo di Colombo Malcom Ranjith, già segretario della Congregazione del culto e unico asiatico nella lista.
Il prossimo novembre, dunque, gli elettori di un eventuale conclave saranno 121, di questi 25 sono italiani e 62 sono europei. L’alto numero di nuovi porporati del Belpaese, dovuto in questo caso al fatto che molti di loro occupavano incarichi tradizionalmente cardinalizi, fa pensare che aumentino le possibilità di eleggere, in futuro, un Papa italiano.