Ho ripetuto spesso che una delle conseguenze peggiori dell’invecchiare è la noia. Andrea Tornielli nell’editoriale odierno su La Bussola, parla del documento firmato ormai da un terzo dei professori universitari di teologia di lingua tedesca, che parlano di «svolta necessaria» nella Chiesa ed elencano una serie di proposte che qui non sto a ripetere.
Vi lascio immaginare quale sia la mia reazione di fronte al riproporsi di questo mantra che da quarantadue anni, cioè dai tempi del mitico ’68 e dalla nascita del clericale «adulto», periodicamente ci sottopone i contenuti del teologicamente corretto. L’unica novità dell’ultimo ventennio, rispetto alle proposte originali, è rappresentato dalla richiesta dell’accettazione delle coppie omosessuali. Ricordo, tra l’altro, che il ’68, predicava non solo la più totale libertà sessuale, ma anche l’iniziazione erotica dei giovanissimi, propagandata da coloro che oggi s’indignano per lo scandalo della pedofilia.
Tornando ai nostri teologi, non si sa se ridere o piangere leggendo che vogliono «l’apertura di un dibattito» su questi temi. Sì, perché ciò che chiedono – dall’abolizione del celibato all’apertura dei ministeri alle donne e al cambiamento delle regole morali – è stato già ampiamente sviscerato, dibattito, studiato. È stato affrontato durante tutti i pontificati succedutisi dal ’68 in poi, è stato oggetto di commissioni, di interventi, di Sinodi, di documenti delle congregazioni romane, di encicliche, di lettere pastorali, di convegni.
Allora, cari teologi, permettete la domanda: ma che c’è ancora ancora da dibattere? Che razza di professori siete se ignorate il magistero e i dibattiti che già sono avvenuti? Talvolta, da laico, arrivo a dire che considero un dono della Provvidenza la crisi delle vocazioni sacerdotali in Occidente, perché ogni prete in più rischia di essere un problema in più. Ovviamente è solo una provocazione, e di certo sbagliata. Ma la tentazione è forte…
Ricordo che un giorno mi trovai seduto accanto a un pastore protestante durante una conferenza stampa di presentazione di un libro di Hans Küng (attenzione a chiamarlo sempre professore, e mai don Küng, perché sennò si arrabbia). A un certo punto il pastore protestante si alzò e disse: «Professor Küng, le novità che lei chiede per la Chiesa cattolica noi protestanti le abbiamo da decenni, eppure i nostri templi sono vuoti. Abbiamo aspettato invano che si riempissero con quei fedeli che attendevano da noi atteggiamenti in accordo con lo spirito del tempo». È proprio vero che le ideologie, soprattutto le ideologie clericali, hanno un grande nemico: la realtà dei fatti.
(testo raccolto dalla redazione e non rivisto dall’autore)
Vi lascio immaginare quale sia la mia reazione di fronte al riproporsi di questo mantra che da quarantadue anni, cioè dai tempi del mitico ’68 e dalla nascita del clericale «adulto», periodicamente ci sottopone i contenuti del teologicamente corretto. L’unica novità dell’ultimo ventennio, rispetto alle proposte originali, è rappresentato dalla richiesta dell’accettazione delle coppie omosessuali. Ricordo, tra l’altro, che il ’68, predicava non solo la più totale libertà sessuale, ma anche l’iniziazione erotica dei giovanissimi, propagandata da coloro che oggi s’indignano per lo scandalo della pedofilia.
Tornando ai nostri teologi, non si sa se ridere o piangere leggendo che vogliono «l’apertura di un dibattito» su questi temi. Sì, perché ciò che chiedono – dall’abolizione del celibato all’apertura dei ministeri alle donne e al cambiamento delle regole morali – è stato già ampiamente sviscerato, dibattito, studiato. È stato affrontato durante tutti i pontificati succedutisi dal ’68 in poi, è stato oggetto di commissioni, di interventi, di Sinodi, di documenti delle congregazioni romane, di encicliche, di lettere pastorali, di convegni.
Allora, cari teologi, permettete la domanda: ma che c’è ancora ancora da dibattere? Che razza di professori siete se ignorate il magistero e i dibattiti che già sono avvenuti? Talvolta, da laico, arrivo a dire che considero un dono della Provvidenza la crisi delle vocazioni sacerdotali in Occidente, perché ogni prete in più rischia di essere un problema in più. Ovviamente è solo una provocazione, e di certo sbagliata. Ma la tentazione è forte…
Ricordo che un giorno mi trovai seduto accanto a un pastore protestante durante una conferenza stampa di presentazione di un libro di Hans Küng (attenzione a chiamarlo sempre professore, e mai don Küng, perché sennò si arrabbia). A un certo punto il pastore protestante si alzò e disse: «Professor Küng, le novità che lei chiede per la Chiesa cattolica noi protestanti le abbiamo da decenni, eppure i nostri templi sono vuoti. Abbiamo aspettato invano che si riempissero con quei fedeli che attendevano da noi atteggiamenti in accordo con lo spirito del tempo». È proprio vero che le ideologie, soprattutto le ideologie clericali, hanno un grande nemico: la realtà dei fatti.
(testo raccolto dalla redazione e non rivisto dall’autore)