DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Maradiaga: vescovo da 30 anni, cardinale e ancora ... papabile


Qui vi riproduco integralmente la mia chiacchierata con il cardinale dell'Honduras Oscar Rodriguez Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, già tra i papabili dell'ultimo conclave. La parte più "politica" dell'intervista è già uscita sul Giornale del Popolo cartaceo di mercoledì 26 gennaio. Una lunga chiacchierata televisiva andrà invece in onda sabato 29 gennaio su TeleTicino nel programma di Caritas Insieme TV alle 18, con replica domenica alle 13 e alle 17.30. Vale la pena seguire l'intervista televisiva al cardinale fatta dal collega Marco Fantoni. Maradiaga, grande amico di papa Wojtyla di cui si considera "figlio", si presenta anche nella simpatica veste di pilota di aerei. Filosofo, teologo e psicologo, il cardinale è una delle figure di riferimento più alte della Chiesa dell'America latina. Il sito da cui potete scaricare da lunedì l'intervista è www.caritas-ticino.ch



Eminenza, lei è presidente di Caritas Internationalis. Secondo lei, cosa c’è in gioco nel rapporto tra paesi sviluppati e paesi sottosviluppati, oggi? Direi che lo sviluppo si è soltanto focalizzato sulla dimensione economica e questo non ferma l’impoverimento. A partire dal magistero di Paolo VI con la Populorum progressio fino all’enciclica Sollecitudo rei socialis di Giovanni Paolo II i pontefici hanno sempre insistito a favore della causa dello sviluppo umano. Anche Benedetto XVI nei primi capitoli della Caritas in veritate fa grande riferimento alla Populorum progressio per dire come lo sviluppo sia un soggetto ancora in agenda. Per la Chiesa il vero sviluppo non è solo quello definito dal mondo economico come “sostenibile”. Per la Chiesa è centrale che lo sviluppo sia “umano” e sostenibile. E questo “umano” oggi manca ancora.


Oggi si dibatte molto della questione ecologica. Ne parla spesso anche il Papa e anche Caritas Internationalis affronta il tema. Qual è la linea del suo presidente? L’abbiamo espressa forte e chiara anche al vertice di Copenhagen (2009): non si tratta semplicemente del riscaldamento della terra, non si tratta solamente degli incendi, non solo dello scioglimento dei ghiacciai. Si tratta piuttosto di parlare di giustizia con l’ambiente, di giustizia con la creazione. Abbiamo dimenticato questa prospettiva teologica. Alcuni fanno della questione dell’ambiente solo un problema politico, bandiere di partiti. Ma dobbiamo tornare alla radice di tutto: l’uomo, l’essere umano è amministratore della creazione. Se non lo capiamo arriviamo a dei compromessi sbagliati. Ad esempio, il vertice di Copenhagen è stato un fallimento perché non era un vertice solo sulla natura ma è stato un vertice condizionato dal mondo dell’economia. Un vertice ridotto neppure al G8 ma al G2: Cina e Stati Uniti. Per queste ragioni la posizione di Caritas si chiama “giustizia con l’ambiente”.



Eminenza, come sta la Chiesa in America latina? Nel mondo di oggi l’America latina conta pochissimo ma noi siamo più che vivi. La Conferenza di Aparecida (2007) è stato uno dei migliori incontri dei vescovi dell’America latina ed il documento che ne è scaturito sta concretamente dettando il passo al progetto di missione continentale. Questo significa: non stare seduti aspettando che i fedeli vengano in parrocchia ma uscire e dialogare con il mondo che cambia.

La Chiesa in America latina è dalla parte dei poveri tanto che si è sviluppata una vera e propria scuola di pensiero che ha fatto dei poveri l’opzione preferenziale, la cosiddetta “teologia della liberazione”. Che bilancio può fare? Non c’è una sola teologia della liberazione ma ci sono diverse tendenze. Abbiamo la linea del fondatore, il professor Gustavo Gutierrez. Certo, alcune tendenze erano errate, come quella che iniziò a Santiago del Cile con il nome di “cristiani per il socialismo”, che in quel tempo era vero e proprio comunismo. Ma molti non sanno che c’è anche una teologia della liberazione del Vaticano con due istruzioni della Congregazione per la Dottrina della Fede: “Libertatis nuntius” e “Libertatis coscientia”. La teologia della liberazione ha conseguenze ancora molto positive tra noi: la vicinanza del clero al popolo e le comunità ecclesiali di base. Le nostre parrocchie in grande maggioranza sono organizzate in piccole comunità. Dopo il Sinodo in Vaticano sulla Parola di Dio queste comunità sono diventate veri e propri centri di studio, lettura e preghiera sul testo biblico. Inoltre la nostra pastorale sociale è una ricchezza enorme nella vita della Chiesa.

L’America latina, politicamente parlando, dove sta andando? L’America latina non ha un modello politico e per questo sta attraversando una crisi non solo economica. C’è questo socialismo del XXI secolo del Venezuela che in realtà è un capitalismo oligarchico. In America latina non crescono dei governi democratici ma quelle che io chiamo “dittature democratiche”, perché - chi arriva al governo - si impadronisce di tutti i poteri facendo scomparire la libertà, limitando i mezzi di comunicazione, esercitando pressioni su chi dissente. Purtroppo oltre a questo modello socialista non c’è un’alternativa. La politica è concepita come un’industria, si fa politica per arricchirsi lasciando impoverire la maggioranza del popolo. Manca una vera preoccupazione per il bene comune.

Il Papa nei suoi recenti interventi ha ricordato la persecuzione dei cristiani (l’80% dei perseguitati per ragioni religiose nel mondo sono cristiani). Qual è - su questo fronte - la situazione in America latina? La situazione di Cuba è nota. Ora si deve vedere cosa succede in Venezuela, Ecuador e Bolivia. Lì non c’è una persecuzione chiara, c’è soprattutto un’ostilità che viene dal modello politico totalitario. Chi non la pensa come il potere è considerato un nemico da distruggere. Per questo si può parlare di violazione della libertà religiosa. L’altro versante dove troviamo delle violazioni è quello della droga. Chi azzarda una critica o una denuncia di questo commercio immorale viene - di fatto - condannato a morte. Si sono persi già alcuni agenti della pastorale, anche sacerdoti, come in Messico. E tanti preti e vescovi sono minacciati.

Anche lei è stato criticato e attaccato per alcune posizioni precise... “Le cose che sono cattive non possono essere buone solo perché l’opinione pubblica vuole andare in questa direzione”, questa è per me la voce etica contenuta nel Vangelo. Mi riferisco allora agli attacchi al matrimonio come istituzione, come unione di un uomo e una donna, attacchi che si trasformano in una violazione alla libertà religiosa, con la persecuzione tramite diffamazione e calunnia sui mezzi di comunicazione di chi dice la verità morale del Vangelo. Anch’io sono stato vittima di questo sistema.

Da noi in Occidente le questioni di bioetica destano preoccupazione e sollevano prese di posizione pubbliche da parte della Chiesa. Qual è su questi temi la situazione in America latina? Per contagio riceviamo tutto quello che si vive in Occidente. Non sempre arrivano le cose buone. Lo dico per esperienza perché insegno bioetica nel mio seminario e veramente in questo campo ci sono i problemi del futuro dell’umanità. L’essere umano che gioca a fare il creatore, che vuole farsi Dio, sbaglia e trascina dietro di sé errori, sofferenza e tanti delitti. Con la vita umana non si può giocare, non la si può trattare come si trattano i pezzi di una macchina che sono manipolabili, trasformabili. Questa è la principale preoccupazione etica che ho.


In Honduras lei ha fondato un’Università cattolica. Perché questo progetto, qual è la sfida in gioco? Purtroppo l’educazione nel mio paese va molto male. Avevamo per tanti anni solo un’università, quella dello Stato. Era una buona università che formava delle eccellenti figure professionali. Negli anni ’70 purtroppo c’è stata la politicizzazione dell’Università ed è il livello di formazione è scaduto. Nel 1993 allora ho iniziato un’esperienza diversa, con 35 allievi in un locale preso a prestito e un capitale di 6 mila dollari. Ora, grazie a Dio e allo sforzo di tanto laicato abbiamo 19 mila studenti, 11 campus in diversi parti del paese e la nostra è diventata la terza università dell’Honduras. Pensi che agli inizi ho cercato delle Congregazioni religiose che assumessero il progetto ma non ne ho trovate perché consideravano l’Honduras un paese troppo povero. Allora l’ho fatto con i miei laici e le mie laiche, ed è stato un successo.

Pensa ad un Papa latino americano? Penso ad un Papa certamente latino americano, ma anche asiatico o africano, infatti se guardiamo alla crescita oggi della Chiesa sono questi i continenti in cui i cattolici aumentano costantemente.

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