DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Quei barbari col telefonino che fotografano anche la morte


Di fronte alla tragedia di un suicidio, i passanti tirano fuori il cellulare per avere un'immagine come souvenir. Un'abitudine che non si ferma più nemmeno davanti alla morte. La causa? L'accanimento mediatico sui casi di cronaca nera
di Andrea Tornielli
Tratto da Il Giornale del 9 febbraio 2011

Durante il ventennio fascista era assolutamente vietato alla stampa per disposizione del regime riferire notizie riguardanti i suicidi: nel Belpaese mussoliniano tutti dovevano credere di essere felici. Non c’è sicuramente da rimpiangere la censura del tempo che fu, che pure evi­tava l’emulazione, ma di fronte al voyerismo e all’accanimento mediati­co su alcuni casi di cronaca nera, che oggi finiscono per trasformare la realtà in reality, è più che lecito porsi almeno qualche domanda. Si può anche scoprire che lo sguardo del reality, la fregola di catturare un’im­magine come souvenir, il filmatino ricordo da scaricare sul computer, è diventata un’abitudine che non si ferma più di fronte a nulla. Non si ferma più nemmeno di fronte alla morte e al rispetto per i morti.

Il tonfo sordo che ha attirato l’attenzione dei passanti all’inizio di Corso Vittorio Emanuele, alle 9, 40 di mattina, era quello del corpo di un giovane suicida, gettatosi da una del­le terrazze del Duomo. Comprensibile il capannello di perso­ne che hanno cercato di soccorrere la vittima, l’attardarsi nell’attesa degli inutili soccorsi, il rimanere di fronte al dramma di una morte in quel mo­mento indecifrabile: un incidente? un omicidio? un suicidio?

Ciò che fa rabbrividire è accaduto do­po. È scorgere tante persone intente a catturare un’immagine ricordo con telefonini e videocamere. Che cosa c’era da vedere e da filmare se non un corpo sfracellatosi sul selciato dopo un volo di quaranta metri? Che souve­nir può mai rappresentare quel foto­gramma? E da mostrare a chi? «C’ero anch’io quando quel disgraziato si è buttato giù dal tetto del Duomo, guar­da, guarda qua, l’ho fatta col mio cel­lulare... E per favore, passami un al­tro pasticcino».

È la logica conseguenza - o la causa ­delle lunghe dirette che violano e se­zionano i corpi delle tante Sara Scazzi della cronaca nera nostrana. Non c’è più pietà nemmeno per i morti. Sia­mo barbari. Barbari col telefonino.