DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Canada - Braccio di ferro su bimbo in stato vegetativo

Lotta contro il tempo dei genitori di «baby Joseph» per salvare il piccolo: medici e autorità vogliono staccare la spina L’unica speranza è portarlo in un centro Usa, ma nessuno lo accetta
di Loretta Bricchi Lee
Tratto da Avvenire del 26 febbraio 2011

I genitori di “baby Jo­seph” stanno facendo il possible per sarvarlo, ma sperano almeno che il piccolo possa morire a ca­sa. Joseph Maraachli, un bambino di appena 13 me­si che le autorità canadesi considerano in stato vege­tativo e vorrebbero lascia­re morire, rimane collega­to al polmone d’acciaio al London health science center in Ontario. Se, però, non verrà ammesso in un centro medico statuniten­se rischia di passare le ul­time ore di vita privato di ossigeno e nutrimento e di spegnersi in un’asettica camera d’ospedale.

Al centro della controversia che sta infiammando il Nord America – e che ricor­da da vicino la storia di Ter­ri Schiavo, la donna diven­tata il simbolo della lotta per il diritto alla vita negli Usa – è la diagnosi di stato vege­tativo che, secondo i medi­ci, renderebbe inutile il pro­seguimento delle cure. La famiglia Maraachli sostie­ne, invece, che il bambino – in condizioni critiche dallo scorso ottobre – mostra se­gni di funzionalità celebra­le e ricordano che dopo un mese di ricovero, la scorsa primavera, era tornato a giocare con il fratellino. An­che questa “ricaduta”, quin­di, potrebbe essere tempo­ranea. La decisione di stac­care la spina per loro è, dunque, fuori discussione. Anche se questo significa un’intensa lotta legale non solo con il centro canade­se che si sta occupando di Joseph, ma anche con le autorità del Paese. Queste ultime si sono schierate con i medici e vogliono im­porre ai Maraachli di fir­mare il consenso alla rimo­zione dei tubi. Ignorando la scadenza di lunedì scor­so, la famiglia del piccolo ha cercato di farlo ammet­tere in un ospedale oltre­frontiera, sia per evitare le imposizioni governative che per cercare cure alter­native, ma un centro in Mi­chigan – dopo l’iniziale in­teresse – ha deciso di nega­re il trasferimento. Sostiene di non potere far altro per “baby Joseph”.

Anche la richiesta di effet­tuare una tracheotomia co­sì che il bambino potesse essere riportato a casa dove potrebbe morire tra i propri cari – seguendo quindi la sorte della sorellina Zina de­ceduta otto anni fa – è stata negata per le presunte dif­ficoltà di gestione in un am­biente non ospedaliero. I Maraachli, però, non si dan­no per vinti anche se, per il momento, a loro rimane so­lo la speranza.