di Massimo Introvigne
Tratto da La Bussola Quotidiana il 6 aprile 2011
Proseguendo nelle sue catechesi sui santi dottori della Chiesa, Benedetto XVI ha presentato nell’udienza del 6 aprile la figura di santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, Teresa di Lisieux (1873-1897), «una delle sante più conosciute e amate» dai fedeli di tutto il mondo.
Il Papa ha messo in guardia contro ogni rappresentazione banalizzante o sentimentale della santa di Lisieux, invitando a studiare «la sua profonda dottrina spirituale», e ricordando come il venerabile Giovanni Paolo II (1920-2005) la definì «esperta della scientia amoris (Novo Millennio ineunte, 27)».
La «scienza dell’amore», ha detto il Papa, è una vera scienza: «Vede risplendere nell'amore tutta la verità della fede». Il modo della santa di comunicare questa scienza è prevalentemente narrativo: «Teresa la esprime principalmente nel racconto della sua vita, pubblicato un anno dopo la sua morte sotto il titolo di Storia di un'anima. È un libro che ebbe subito un enorme successo, fu tradotto in molte lingue e diffuso in tutto il mondo. Vorrei invitarvi a riscoprire questo piccolo-grande tesoro, questo luminoso commento del Vangelo pienamente vissuto! La Storia di un'anima, infatti, è una meravigliosa storia d'Amore, raccontata con una tale autenticità, semplicità e freschezza che il lettore non può non rimanerne affascinato!».
Teresa nasce il 2 gennaio 1873 ad Alençon, una città della Normandia, in Francia. È l'ultima di cinque figlie – diventate tutte religiose – e di quattro figli – tutti morti prematuramente – dei beati Luigi (1823-1894) e Zelia (1831-1877) Martin. Nonostante la precoce perdita della madre, Teresa cresce quindi nell’atmosfera della santità, anche se poco prima di compiere i quattordici anni la sua vita ha una svolta decisiva.
«La “Grazia di Natale” del 1886 – racconta il Papa – segna la grande svolta, da lei chiamata la sua “completa conversione” (Ms A, 44v-45r). Guarisce, infatti, totalmente dalla sua ipersensibilità infantile e inizia una “corsa da gigante”. All'età di 14 anni, Teresa si avvicina sempre più, con grande fede, a Gesù Crocifisso, e si prende a cuore il caso, apparentemente disperato, di un criminale condannato a morte e impenitente (ibid., 45v-46v). “Volli ad ogni costo impedirgli di cadere nell'inferno”, scrive la Santa, con la certezza che la sua preghiera lo avrebbe messo a contatto con il Sangue redentore di Gesù. È la sua prima e fondamentale esperienza di maternità spirituale: “Tanta fiducia avevo nella Misericordia Infinita di Gesù”, scrive. Con Maria Santissima, la giovane Teresa ama, crede e spera con “un cuore di madre” (cfr PR 6/10r)», e ottiene la grazia richiesta.
Nel 1887 si reca a Roma ed è ricevuta in udienza con il padre e la sorella Celina (1869-1959) da Papa Leone XIII (1810-1903), al quale chiede il permesso di entrare, benché abbia solo quindici anni, nel Carmelo di Lisieux. Il permesso è accordato l’anno successivo, ma insieme inizia la «dolorosa ed umiliante malattia mentale di suo padre», speciale sofferenza che «conduce Teresa alla contemplazione del Volto di Gesù nella sua Passione». Fa la sua professione religiosa nel giorno della festa della Natività di Maria, l’8 settembre 1890, intendendola come «un vero matrimonio spirituale nella “piccolezza” evangelica, caratterizzata dal simbolo del fiore: “Che bella festa la Natività di Maria per diventare la sposa di Gesù! - scrive - Era la piccola Vergine Santa di un giorno che presentava il suo piccolo fiore al piccolo Gesù” (ibid., 77r). Per Teresa essere religiosa significa essere sposa di Gesù e madre delle anime (cfr Ms B, 2v). Lo stesso giorno, la Santa scrive una preghiera che indica tutto l'orientamento della sua vita: chiede a Gesù il dono del suo Amore infinito, di essere la più piccola, e sopratutto chiede la salvezza di tutti gli uomini: “Che nessuna anima sia dannata oggi” (Pr 2)». «Di grande importanza», secondo Benedetto XVI, è anche «la sua Offerta all'Amore Misericordioso, fatta nella festa della Santissima Trinità del 1895 (Ms A, 83v-84r; Pr 6): un'offerta che Teresa condivide subito con le sue consorelle, essendo già vice maestra delle novizie».
Dieci anni dopo la «Grazia di Natale» del 1886, Teresa sperimenta nel 1896 la «Grazia di Pasqua», cioè «l'inizio della sua passione in unione profonda alla Passione di Gesù; si tratta della passione del corpo, con la malattia che la condurrà alla morte attraverso grandi sofferenze, ma soprattutto si tratta della passione dell'anima, con una dolorosissima prova della fede (Ms C, 4v-7v)». Tormentata – proprio lei – da dubbi sulla verità del cristianesimo, «Teresa vive allora la fede più eroica, come luce nelle tenebre che le invadono l’anima. La Carmelitana ha coscienza di vivere questa grande prova per la salvezza di tutti gli atei del mondo moderno, chiamati da lei “fratelli”». E «in questo contesto di sofferenza, vivendo il più grande amore nelle più piccole cose della vita quotidiana, la Santa porta a compimento la sua vocazione di essere l’Amore nel cuore della Chiesa (cfr Ms B, 3v)».
Muore il 30 settembre 1897, stringendo il crocifisso e pronunciando le parole «Mio Dio, vi amo!». Anche queste parole non vanno intese in un senso banale o sentimentale: in realtà sono la sintesi della scienza dell’amore, «sono la chiave di tutta la sua dottrina, della sua interpretazione del Vangelo. L'atto d'amore, espresso nel suo ultimo soffio, era come il continuo respiro della sua anima, come il battito del suo cuore. Le semplici parole “Gesù Ti amo” sono al centro di tutti i suoi scritti. L'atto d'amore a Gesù la immerge nella Santissima Trinità. Ella scrive: “Ah tu lo sai, Divin Gesù Ti amo, / Lo Spirito d'Amore m'infiamma col suo fuoco, / E' amando Te che io attiro il Padre” (P 17/2)».
Così, la piccola Teresa non è solo santa dei piccoli ma è in realtà «una guida per tutti, soprattutto per coloro che, nel Popolo di Dio, svolgono il ministero di teologi. Con l'umiltà e la carità, la fede e la speranza, Teresa entra continuamente nel cuore della Sacra Scrittura che racchiude il Mistero di Cristo. E tale lettura della Bibbia, nutrita dalla scienza dell’amore, non si oppone alla scienza accademica. La scienza dei santi, infatti, di cui lei stessa parla nell'ultima pagina della Storia di un'anima, è la scienza più alta. “Tutti i santi l'hanno capito e in modo più particolare forse quelli che riempirono l'universo con l'irradiazione della dottrina evangelica. Non è forse dall'orazione che i Santi Paolo, Agostino [354-430], Giovanni della Croce [1542-1591], Tommaso d'Aquino [1225-1274], Francesco [d’Assisi, 1182-1226], Domenico [di Guzmán, 1170-1221] e tanti altri illustri Amici di Dio hanno attinto questa scienza divina che affascina i geni più grandi?” (Ms C, 36r)».
La scienza dell’amore, antidoto all’ateismo moderno, non può essere nutrita solo dai libri – che pure sono indispensabili – ma dev’esserlo anzitutto dall’Eucarestia. «Inseparabile dal Vangelo, l'Eucarestia è per Teresa il Sacramento dell'Amore Divino che si abbassa all'estremo per innalzarci fino a Lui. Nella sua ultima Lettera, su un'immagine che rappresenta Gesù Bambino nell'Ostia consacrata, la Santa scrive queste semplici parole: “Non posso temere un Dio che per me si è fatto così piccolo! (...) Io Lo amo! Infatti, Egli non è che Amore e Misericordia!” (LT 266)».
Capisaldi della scienza dell’amore di santa Teresa sono le nozioni, che comprende in tutta la loro profondità, della misericordia di Dio e della fiducia come risposta di chi crede alla misericordia: «“A me Egli ha dato la sua Misericordia infinita, attraverso essa contemplo e adoro le altre perfezioni divine! (...) Allora tutte mi paiono raggianti d'amore, la Giustizia stessa (e forse ancor più di qualsiasi altra) mi sembra rivestita d'amore” (Ms A, 84r). Così si esprime anche nelle ultime righe della Storia di un'anima: “Appena do un'occhiata al Santo Vangelo, subito respiro i profumi della vita di Gesù e so da che parte correre... Non è al primo posto, ma all'ultimo che mi slancio… Sì lo sento, anche se avessi sulla coscienza tutti i peccati che si possono commettere, andrei, con il cuore spezzato dal pentimento, a gettarmi tra le braccia di Gesù, perché so quanto ami il figliol prodigo che ritorna a Lui” (Ms C, 36v-37r)».
Quando si parla di «infanzia spirituale» non si fa dunque riferimento a un qualche infantilismo romantico, ma a una nozione di fiducia che, quando è compresa in tutto il suo spessore teologico, si rivela affine all’innocenza del bambino che si affida totalmente al genitore. «Fiducia come quella del bambino che si abbandona nelle mani di Dio, inseparabile dall'impegno forte, radicale del vero amore, che è dono totale di sé, per sempre, come dice la Santa contemplando Maria: “Amare è dare tutto, e dare se stesso” (Perché ti amo, o Maria, P 54/22). Così Teresa indica a tutti noi che la vita cristiana consiste nel vivere pienamente la grazia del Battesimo nel dono totale di sé all'Amore del Padre, per vivere come Cristo, nel fuoco dello Spirito Santo, il Suo stesso amore per tutti gli altri».