di Giacomo Galeazzi
Diversi luoghi comuni circa gli abusi sessuali commessi su minori da esponenti della Chiesa cattolica sono spesso il frutto di una errata percezione della realtà, informa Radio Vaticana. È quanto emerge da un nuovo rapporto del John Jay College of Criminal Justice di New York, incaricato dai vescovi americani di indagare sulle cause e sul contesto nel quale si è sviluppato il fenomeno negli Stati Uniti. Lo studio, di cui l’agenzia Cns riporta una sintesi, è stato reso noto oggi, presso la sede della Conferenza episcopale (Usccb) a Washington. Tra le convinzioni più diffuse nell’opinione pubblica, vi è quella che il problema degli abusi in seno alla Chiesa sia ancora molto esteso. I dati raccolti dai ricercatori del John Jay College indicano che, in realtà, il fenomeno ha conosciuto un picco tra la metà degli anni ‘60 e la metà degli anni ’80 e che il 94 per cento dei casi denunciati si sono verificati prima degli anni ’90. Vero è che – rileva il rapporto – in questo periodo, i vertici della Chiesa avevano sottovalutato l’estensione del fenomeno, nonostante le denunce. Secondo la ricerca, inoltre, la grande maggioranza dei sacerdoti che hanno commesso questi abusi non sono risultati affetti da particolari patologie psichiche o comportamentali e solo il 5% dei colpevoli si è macchiato di un vero e proprio reato di pedofilia (ossia contro bambini in età prepuberale). Nella stragrande maggioranza dei casi si tratterebbe in realtà di efebofilia, ossia di abusi commessi su adolescenti, una differenza spesso ignorata dai media che tendono a confondere le due cose. Tra i pregiudizi più diffusi smentiti dai fatti vi è poi l’associazione tra pedofilia e omosessualità: anche se la maggior parte delle vittime abusate risultano essere di sesso maschile, afferma il rapporto, “i dati clinici non supportano l’ipotesi secondo cui i sacerdoti con orientamenti omosessuali sono più inclini a commettere abusi sessuali di quelli con orientamenti e comportamenti eterosessuali”. Analogamente lo studio smentisce il nesso tra pedofilia, sacerdozio maschile e celibato. Trattandosi di due regole in vigore da secoli nella Chiesa cattolica, non si spiega infatti il picco di casi registrato tra la metà degli anni ’60 e la metà degli anni ’80 e il successivo declino del fenomeno dopo il 1985. Il rapporto conferma, infine, come l’abuso sui minori non sia un fenomeno esclusivo della Chiesa cattolica, ma un problema “diffuso e persistente” in tutte quelle istituzioni in cui esistono rapporti pedagogici ed educativi tra adulti e minori. La questione degli abusi sessuali sarà nuovamente all’esame dei vescovi alla loro prossima assemblea plenaria a giugno, in cui discuteranno la revisione della “Carta per la Protezione dei bambini e dei giovani”, adottata a Dallas nel 2002 dopo l’esplosione dello scandalo. I vescovi dovranno aggiornare il documento alla luce dell’esperienza maturata in questi anni nella lotta al fenomeno, tornato agli onori delle cronache nel febbraio di quest’anno quando a Philadelphia un gran giurì ha accertato che 37 sacerdoti dell’arcidiocesi accusati di condotta impropria verso i minorenni erano ancora impegnati nei loro incarichi pastorali.