DISCERNERE
Uno sguardo profetico sugli eventi
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Lettera sul conclave
Alla morte di Papa Clemente XIV, il cardinale Castelli chiese al vescovo Alfonso de Liguori, suo amico, una lettera che aiutasse gli elettori del conclave del 1775.
La profezia dimenticata del Card. Ratzinger
Una Chiesa ridimensionata, con molti meno seguaci, costretta ad abbandonare anche buona parte dei luoghi di culto costruiti nei secoli. Una Chiesa cattolica di minoranza, poco influente nella scelte politiche, socialmente irrilevante, umiliata e costretta a “ripartire dalle origini”.
Ma anche una Chiesa che, attraverso questo “enorme sconvolgimento”, ritroverà se stessa e rinascerà “semplificata e più spirituale”. E’ la profezia sul futuro del cristianesimo pronunciata oltre 40 anni fa da un giovane teologo bavarese, Joseph Ratzinger. Riscoprirla oggi aiuta forse a offrire un’ulteriore chiave di lettura per decifrare la rinuncia di Benedetto XVI, perché riconduce il gesto sorprendente di Ratzinger nell’alveo della sua lettura della storia.
La profezia concluse un ciclo di lezioni radiofoniche che l’allora professore di teologia svolse nel 1969, in un momento decisivo della sua vita e della vita della Chiesa. Sono gli anni turbolenti della contestazione studentesca, dello sbarco sulla Luna, ma anche delle dispute sul Concilio Vaticano II da poco concluso. Ratzinger, uno dei protagonisti del Concilio, aveva lasciato la turbolenta università di Tubinga e si era rifugiato nella più serena Ratisbona.
Come teologo si era trovato isolato, dopo aver rotto con gli amici “progressisti” Küng, Schillebeeckx e Rahner sull’interpretazione del Concilio. E’ in quel periodo che si consolidano per lui nuove amicizie con i teologi Hans Urs von Balthasar e Henri de Lubac, con i quali darà vita a una rivista, “Communio”, che diventa presto la palestra per alcuni giovani sacerdoti “ratzingeriani” oggi cardinali, tutti indicati come possibili successori di Benedetto XVI: Angelo Scola, Christoph Schönborn e Marc Ouellet.
In cinque discorsi radiofonici poco conosciuti – ripubblicati tempo fa dalla Ignatius Press nel volume “Faith and the Future” – il futuro Papa in quel complesso 1969 tracciava la propria visione sul futuro dell’uomo e della Chiesa. E’ soprattutto l’ultima lezione, letta il giorno di Natale ai microfoni della “Hessian Rundfunk”, ad assumere i toni della profezia.
Ratzinger si diceva convinto che la Chiesa stesse vivendo un’epoca analoga a quella successiva all’Illuminismo e alla Rivoluzione francese. “Siamo a un enorme punto di svolta – spiegava – nell’evoluzione del genere umano. Un momento rispetto al quale il passaggio dal Medioevo ai tempi moderni sembra quasi insignificante”. Il professor Ratzinger paragonava l’era attuale con quella di Papa Pio VI, rapito dalle truppe della Repubblica francese e morto in prigionia nel 1799. La Chiesa si era trovata allora alle prese con una forza che intendeva estinguerla per sempre, aveva visto i propri beni confiscati e gli ordini religiosi dissolti.
Una condizione non molto diversa, spiegava, potrebbe attendere la Chiesa odierna, minata secondo Ratzinger dalla tentazione di ridurre i preti ad “assistenti sociali” e la propria opera a mera presenza politica. “Dalla crisi odierna – affermava – emergerà una Chiesa che avrà perso molto.
Diverrà piccola e dovrà ripartire più o meno dagli inizi. Non sarà più in grado di abitare gli edifici che ha costruito in tempi di prosperità. Con il diminuire dei suoi fedeli, perderà anche gran parte dei privilegi sociali”. Ripartirà da piccoli gruppi, da movimenti e da una minoranza che rimetterà la fede al centro dell’esperienza. “Sarà una Chiesa più spirituale, che non si arrogherà un mandato politico flirtando ora con la Sinistra e ora con la Destra. Sarà povera e diventerà la Chiesa degli indigenti”.
Quello che Ratzinger delineava era “un processo lungo, ma quando tutto il travaglio sarà passato, emergerà un grande potere da una Chiesa più spirituale e semplificata”. A quel punto gli uomini scopriranno di abitare un mondo di “indescrivibile solitudine” e avendo perso di vista Dio, “avvertiranno l’orrore della loro povertà”.
Allora, e solo allora, concludeva Ratzinger, vedranno “quel piccolo gregge di credenti come qualcosa di totalmente nuovo: lo scopriranno come una speranza per se stessi, la risposta che avevano sempre cercato in segreto”.
La Stampa
Per il giurista George “i conformisti sono in guerra con la chiesa”
“E’ in corso una persecuzione della chiesa cattolica”. E’ un j’accuse quello lanciato dal giurista di Princeton, Robert George,secondo il quale stiamo assistendo all’uso della filosofia della non discriminazione contro la stessa chiesa cattolica. Le polemiche attorno al Vaticano e agli abusi sessuali hanno spinto il celebre giurista a scrivere un pamphlet, “La coscienza e i suoi nemici”, in cui attacca il secolarismo liberal. Scrive George: “Vorrei che i liberal contemporanei fossero dei relativisti, ma essi sono dei moralisti”. Il docente di legge di Princeton è anche l’autore di “What is marriage?”, scritto assieme a Sherif Girgis e Ryan Anderson. Il documento di quaranta pagine, pubblicato sull’Harvard Journal of Law and Public Policy, la rivista giuridica americana più illustre, è schizzato in cima alla classifica dei testi accademici più scaricati di sempre del Social Science Research Network (al fianco di astrusi saggi di premi Nobel sulla macroeconomia e la teoria dei giochi). Nel libro “La coscienza e i suoi nemici”, il professore di Princeton sostiene che “i liberal vogliono plasmare la vita politica e sociale, e, per quanto possibile, la fede individuale, in linea con le loro convinzioni morali. Da qui la guerra condotta contro la chiesa cattolica, i cui insegnamenti morali sono in conflitto con le credenze liberal sullo stato della vita umana nascente, sulla natura e il significato del matrimonio, e sulla libertà religiosa”.
George è il più influente intellettuale conservatore americano. Titolare della cattedra che fu del presidente Woodrow Wilson, George convinse George W. Bush ad adottare la politica restrittiva per la ricerca sulle staminali embrionali. Il giudice della Corte suprema, Antonin Scalia, ha detto che Robert George è “il pensatore di cui si parla di più nei circoli giuridici conservatori”. Ma George è anche l’uomo che avrebbe convinto i vescovi americani (dall’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, a quello di Washington Donald W. Wuerl) all’offensiva contro l’Amministrazione Obama sui temi etici. George è molto apprezzato anche dai suoi detrattori intellettuali. Elena Kagan, giudice progressista della Corte suprema, ha elogiato il giurista per “il potere analitico dei suoi argomenti e per l’ampiezza delle sue conoscenze”.
Nel nuovo libro “La coscienza e i suoi nemici”, il giusnaturalista George afferma che “secondo i liberal, lo stato può legittimamente, anzi dovrebbe usare, i poteri coercitivi per vietare qualunque opposizione alla ideologia liberale come una forma di discriminazione”. George invita lo stato a “resistere” alle lusinghe neopositiviste che creano nuovi diritti. Parla della “riduzione del matrimonio a una mera unione emotiva” e al tentativo di trasformarlo in “un costrutto legale dai contorni totalmente malleabili”. Secondo George “lo stato è giustificato nel riconoscere solo i matrimoni reali”. La tesi del giurista, già autore con il filosofo Christopher Tollefsen anche di un libro intitolato “Embryo - A defense of human life”, è che soltanto il matrimonio tra uomo e donna è un bene per la società, che il riconoscimento di quello omosessuale è una minaccia ideologica e che questo resta vero a prescindere dalla propria fede religiosa. “Il matrimonio è l’unione di due persone sessualmente complementari che consumano la loro relazione in un atto che è di per sé generativo”.
Secondo George, è in atto un tentativo di “oscurare il valore della differenza sessuale dei genitori”. L’attacco alla chiesa sta trasformando “i promotori della visione coniugale in dei bigotti”. Il problema è il conformismo ideologico, dice il giurista di Princeton: “Il controllo delle istituzioni da parte della cultura elitaria ha fatto sì che si puniscono i dissidenti, si intimidano le persone e le si inducono al silenzio”.
La chiesa è stata vittimizzata come un “incubatore di omofobia”, fino al punto che sembra diventata mainstream l’idea di “sradicarla”.
La chiesa è stata vittimizzata come un “incubatore di omofobia”, fino al punto che sembra diventata mainstream l’idea di “sradicarla”.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
Per il giurista George “i conformisti sono in guerra con la chiesa”
“E’ in corso una persecuzione della chiesa cattolica”. E’ un j’accuse quello lanciato dal giurista di Princeton, Robert George,secondo il quale stiamo assistendo all’uso della filosofia della non discriminazione contro la stessa chiesa cattolica. Le polemiche attorno al Vaticano e agli abusi sessuali hanno spinto il celebre giurista a scrivere un pamphlet, “La coscienza e i suoi nemici”, in cui attacca il secolarismo liberal. Scrive George: “Vorrei che i liberal contemporanei fossero dei relativisti, ma essi sono dei moralisti”. Il docente di legge di Princeton è anche l’autore di “What is marriage?”, scritto assieme a Sherif Girgis e Ryan Anderson. Il documento di quaranta pagine, pubblicato sull’Harvard Journal of Law and Public Policy, la rivista giuridica americana più illustre, è schizzato in cima alla classifica dei testi accademici più scaricati di sempre del Social Science Research Network (al fianco di astrusi saggi di premi Nobel sulla macroeconomia e la teoria dei giochi). Nel libro “La coscienza e i suoi nemici”, il professore di Princeton sostiene che “i liberal vogliono plasmare la vita politica e sociale, e, per quanto possibile, la fede individuale, in linea con le loro convinzioni morali. Da qui la guerra condotta contro la chiesa cattolica, i cui insegnamenti morali sono in conflitto con le credenze liberal sullo stato della vita umana nascente, sulla natura e il significato del matrimonio, e sulla libertà religiosa”.
George è il più influente intellettuale conservatore americano. Titolare della cattedra che fu del presidente Woodrow Wilson, George convinse George W. Bush ad adottare la politica restrittiva per la ricerca sulle staminali embrionali. Il giudice della Corte suprema, Antonin Scalia, ha detto che Robert George è “il pensatore di cui si parla di più nei circoli giuridici conservatori”. Ma George è anche l’uomo che avrebbe convinto i vescovi americani (dall’arcivescovo di New York, Timothy Dolan, a quello di Washington Donald W. Wuerl) all’offensiva contro l’Amministrazione Obama sui temi etici. George è molto apprezzato anche dai suoi detrattori intellettuali. Elena Kagan, giudice progressista della Corte suprema, ha elogiato il giurista per “il potere analitico dei suoi argomenti e per l’ampiezza delle sue conoscenze”.
Nel nuovo libro “La coscienza e i suoi nemici”, il giusnaturalista George afferma che “secondo i liberal, lo stato può legittimamente, anzi dovrebbe usare, i poteri coercitivi per vietare qualunque opposizione alla ideologia liberale come una forma di discriminazione”. George invita lo stato a “resistere” alle lusinghe neopositiviste che creano nuovi diritti. Parla della “riduzione del matrimonio a una mera unione emotiva” e al tentativo di trasformarlo in “un costrutto legale dai contorni totalmente malleabili”. Secondo George “lo stato è giustificato nel riconoscere solo i matrimoni reali”. La tesi del giurista, già autore con il filosofo Christopher Tollefsen anche di un libro intitolato “Embryo - A defense of human life”, è che soltanto il matrimonio tra uomo e donna è un bene per la società, che il riconoscimento di quello omosessuale è una minaccia ideologica e che questo resta vero a prescindere dalla propria fede religiosa. “Il matrimonio è l’unione di due persone sessualmente complementari che consumano la loro relazione in un atto che è di per sé generativo”.
Secondo George, è in atto un tentativo di “oscurare il valore della differenza sessuale dei genitori”. L’attacco alla chiesa sta trasformando “i promotori della visione coniugale in dei bigotti”. Il problema è il conformismo ideologico, dice il giurista di Princeton: “Il controllo delle istituzioni da parte della cultura elitaria ha fatto sì che si puniscono i dissidenti, si intimidano le persone e le si inducono al silenzio”.
La chiesa è stata vittimizzata come un “incubatore di omofobia”, fino al punto che sembra diventata mainstream l’idea di “sradicarla”.
La chiesa è stata vittimizzata come un “incubatore di omofobia”, fino al punto che sembra diventata mainstream l’idea di “sradicarla”.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
Primavera sì, ma di barbarie. La chiesa vista da Nazir-Ali Il pugnace vescovo anglicano loda l’operato di Ratzinger e avvisa cattolici e non: “Ci sarà un nuovo disordine ideologico”
“La chiesa cattolica è la sola istituzione cristiana ad avere una voce globale, per questo si sta tentando di metterla a tacere e di distruggerne la reputazione, come accadde già negli anni Sessanta con il neomarxismo”. Il vescovo e teologo anglicano Michael Nazir-Ali ha lavorato a lungo con Papa Benedetto XVI al riavvicinamento fra Roma e la Church of England, uno dei temi decisivi nell’agenda del prossimo Pontefice. Nazir-Ali parla da rinnovatore dei “founding ideals”, i principi che non appartengono soltanto all’universo anglosassone, ma che il mondo intero ama e persegue. Nazir-Ali è il più giovane vescovo della storia della chiesa d’Inghilterra ed è l’unico con sangue asiatico nelle vene. Persino l’Independent, giornale che non fa sconti al pensiero conservatore, scrive che “Nazir-Ali è l’intellettuale più rispettato dentro la chiesa”. Nel 2002, quando Tony Blair fu chiamato a scegliere il successore di Lord Carey alla guida della Church of England, Nazir-Ali era il grande favorito. Ma lo spettro della crisi interna alla chiesa d’Inghilterra, con i suoi settanta milioni di fedeli, spinse Downing Street a preferire i toni più morbidi del gallese Rowan Williams. Oggi Nazir-Ali guida la corrente “anglo-cattolica”. Figlio di un musulmano convertito al cristianesimo, il vescovo Nazir-Ali ha iniziato il sacerdozio a Cambridge e lo ha proseguito a Oxford; ha tenuto lezioni sull’islam a Karachi; poi è approdato alla sede rurale di Raiwind in Pakistan.
“Sono sempre stato un ammiratore di Joseph Ratzinger fin dal 1993, quando da cardinale scrisse un testo importantissimo sul perché il cristianesimo non aveva impoverito la cultura, ma l’aveva arricchita”, dice Nazir-Ali al Foglio. “Ratzinger distrusse i dogmi della nuova antropologia. A Ratisbona, Ratzinger ha tenuto una straordinaria lezione sul logos e la razionalità e sulla interazione fra ellenismo e cristianesimo. Benedetto ha portato avanti un grande dialogo con gli anglicani ortodossi, incoraggiando l’avvicinamento del protestantesimo al Vaticano. Il prossimo Papa deve lavorare per il riallineamento del mondo cristiano”.
Nazir-Ali alcuni mesi fa si era appellato alla Corte dei diritti umani di Strasburgo per la difesa della libertà religiosa in Europa. “Oggi in Europa c’è una intolleranza praticata nel nome della tolleranza e l’ideologia dei diritti umani è diventata un nuovo totalitarismo”, ci dice il vescovo anglicano. “I cristiani in Europa sono minoranze represse, lo stato è entrato in conflitto con la famiglia, dall’educazione al matrimonio. Solo la cristianità ha dato libertà all’Europa, mentre il secolarismo, da Hitler a Stalin, ha portato distruzione. L’ordine di Westfalia è morto. Era nato per ragioni storiche in un’Europa in cui si riteneva che, per il bene della pace, la religione dovesse essere separata dalla vita pubblica. L’Europa oggi è in guerra con la libertà di coscienza, non solo di credere, ma di esprimere la religione pubblicamente. Il processo di laicizzazione ha origine nel rifiuto illuminista dell’autorità eteronoma e nella sua affermazione dell’autonomia”.
“Multiculturalismo figlio del secolarismo”
Nella critica del leader protestante c’è anche il multiculturalismo. “Questa creatura del secolarismo. Ideologicamente la società deve prevalere, per questo la cristianità è la grande rivale dello stato e il multiculturalismo è ostile ai valori giudeo-cristiani ma è simpatetico con l’islam politico. Ghetti di musulmani fioriscono in Europa in una vera e propria segregazione. Cosa fare? Serve il concetto di cittadinanza basato sul personalismo cristiano, un equilibrio di positivismo e legge naturale. Il secolarismo non è in grado di fornire un modello di convivenza”.
Assieme alla Francia, l’Inghilterra ha appena aperto le porte in Europa al matrimonio omosessuale. “Cosa è il matrimonio? C’è l’aspetto contrattuale, dal rispetto del partner alla tutela del bambino. Poi c’è la complementarietà, l’uomo e la donna, che sono uguali ma differenti. Soltanto questo rende l’unione permanente. Il matrimonio basato sulla concezione cristiana è dunque l’unico garante della convivenza sociale. Oggi l’Europa ha di fronte molte sfide, ad esempio l’aborto usato come family planning, un ritorno all’infanticidio che la cristianità aveva eliminato dall’Impero romano, la mercificazione dell’embrione umano, problemi che nascono dal secolarismo che ha scambiato la scienza con la tecnica, è diventato giusto tutto ciò che è fattibile. La certezza di essere protetti dal male, fisico e morale, è uno dei pensieri che maggiormente muovono l’attività legislativa odierna, ma non deve essere intesa in senso eccessivamente ristretto. Dipende dall’idea biblica di ‘shalom’, di compiutezza e sicurezza, non solo dell’individuo ma anche della società in generale”.
Nazir-Ali è stato vescovo a Rochester, uno dei luoghi-simbolo della Magna Charta. “E’ la carta che ha salvato l’Europa. Adesso serve una nuova Magna Charta basata sulla dignità a partire dal concepimento, il rigetto dell’utilitarismo, l’uguaglianza da non confondere con la ‘sameness’, la libertà individuale, il rispetto della coscienza. Il valore della persona umana è il frutto di una riscoperta di Aristotele in Europa – una riscoperta, detto per inciso, resa possibile dal lavoro di traduttori perlopiù cristiani che operavano nel mondo islamico. Un primo effetto è stato la scoperta della coscienza. Un altro effetto è stato l’emergere dell’idea secondo la quale, poiché gli esseri umani sono soggetti morali, per governare è necessario il loro consenso. La libertà di fede, di espressione, e la libertà di cambiare la propria fede sono, però, d’importanza vitale per una società libera, e spetta a chiunque voglia limitare queste libertà in qualsiasi modo di dimostrare perché ciò sia necessario. Lo stato di diritto deve garantire queste libertà fondamentali, ed essere percepito come garanzia in tal senso, ovunque”.
Nazir-Ali chiude con una immagine fosca e profetica. “L’Europa, prima del cristianesimo, era un continente in cui l’uomo era contro l’uomo, una tribù contro un’altra tribù. Ratzinger ha detto che l’Europa si è unita sotto l’egida cristiana tramite il concetto di dignità della persona, di libertà individuale e di separazione dei poteri. Oggi stiamo assistendo a un ritorno alla barbarie delle tribù. Sono appena tornato da un viaggio in Uganda, dove c’è un grande fervore religioso, mentre in Europa c’è il deserto, una indulgenza pericolosa, una compiacenza promossa dallo stato. Nei prossimi anni assisteremo a un nuovo disordine ideologico, a una nuova barbarie. Poi ci sarà una sete di redenzione. Come ai giorni della Magna Charta”.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
“Multiculturalismo figlio del secolarismo”
Nella critica del leader protestante c’è anche il multiculturalismo. “Questa creatura del secolarismo. Ideologicamente la società deve prevalere, per questo la cristianità è la grande rivale dello stato e il multiculturalismo è ostile ai valori giudeo-cristiani ma è simpatetico con l’islam politico. Ghetti di musulmani fioriscono in Europa in una vera e propria segregazione. Cosa fare? Serve il concetto di cittadinanza basato sul personalismo cristiano, un equilibrio di positivismo e legge naturale. Il secolarismo non è in grado di fornire un modello di convivenza”.
Assieme alla Francia, l’Inghilterra ha appena aperto le porte in Europa al matrimonio omosessuale. “Cosa è il matrimonio? C’è l’aspetto contrattuale, dal rispetto del partner alla tutela del bambino. Poi c’è la complementarietà, l’uomo e la donna, che sono uguali ma differenti. Soltanto questo rende l’unione permanente. Il matrimonio basato sulla concezione cristiana è dunque l’unico garante della convivenza sociale. Oggi l’Europa ha di fronte molte sfide, ad esempio l’aborto usato come family planning, un ritorno all’infanticidio che la cristianità aveva eliminato dall’Impero romano, la mercificazione dell’embrione umano, problemi che nascono dal secolarismo che ha scambiato la scienza con la tecnica, è diventato giusto tutto ciò che è fattibile. La certezza di essere protetti dal male, fisico e morale, è uno dei pensieri che maggiormente muovono l’attività legislativa odierna, ma non deve essere intesa in senso eccessivamente ristretto. Dipende dall’idea biblica di ‘shalom’, di compiutezza e sicurezza, non solo dell’individuo ma anche della società in generale”.
La via della fede. Come è cambiato lo scenario cattolico. di Lucetta Scaraffia
Tratto da L'Osservatore Romano del 3 marzo 2013
La fine di un pontificato costituisce sempre un momento chiave nella storia della Chiesa, un tempo durante il quale è opportuno riflettere e tentare su un piano storico di fare, per così dire, il punto della situazione, sia pure in modo provvisorio. Oggi non possiamo che rimanere stupiti - fin da un primo sguardo - constatando quanto sia cambiato lo scenario cattolico, sia ad opera di Benedetto XVI che per effetto della trasformazione complessiva del mondo.
Il pontificato di Joseph Ratzinger è stato rivoluzionario, e non soltanto per la sua rinuncia che ha interpretato con coerenza e radicalità nuova il papato e la sua funzione, accentuandone il carattere di servizio e di umiltà. È stato infatti rivoluzionario anche perché si è opposto alla prassi diffusa di coprire gli scandali per evitare che l'immagine della Chiesa venisse offuscata. La tenace determinazione di Benedetto XVI nel contrastare questa tendenza ormai insostenibile ha lanciato un segnale chiaro, indicando una via da cui non c'è ritorno. E il Papa stesso ha ricordato più volte che danneggiano molto di più la Chiesa il soffocamento della verità e il mancato riconoscimento dei colpevoli che non lo "scandalo" pubblico. Ma il suo modo particolare di essere rivoluzionario ha soprattutto contribuito a superare lo schema attraverso il quale, fin dall'Ottocento, veniva letta anche storicamente la vita interna della Chiesa, e cioè la contrapposizione fra conservatori e riformisti. Se infatti un Papa che, come cardinale, si era voluto identificare come il più autorevole esponente dell'ala conservatrice mette in opera processi così rivoluzionari, tutto prende una dimensione diversa. Si capisce cioè che le riforme non sono solo quelle invocate dai cosiddetti progressisti, ma possono essere diverse e molto più incisive. Si tratta di un cambiamento radicale nel modo di interpretare l'azione della Chiesa di cui tutti i commentatori e gli storici dovranno da oggi in poi tenere conto.
Ma non è stato solo Benedetto XVI a cambiare le cose; anche il mondo è mutato. Oggi, ad esempio, nessuno può più seriamente pensare che il comunismo possa rappresentare una via di miglioramento sociale e di riscatto. E in questo senso le opzioni ideologiche all'interno della Chiesa - ma certo non la scelta per i poveri sostenuta dal soffio della carità - sono state private di fondamento proprio da una realtà mondiale che è molto cambiata.
Certamente il terreno sul quale più si è giocata la contrapposizione fra riformisti e conservatori, quello della morale, è oggi quello che segna le crepe più vistose. La crisi della rivoluzione sessuale - ormai evidente sia nelle esistenze individuali e nell'indebolimento della famiglia che nella dimensione sociale, con il crollo delle nascite e l'aumento crescente della popolazione anziana rispetto a quella giovanile - rende decisamente poco attraenti le posizioni di chi pensa di ridare smalto e credibilità all'istituzione proponendo di cambiare linea nell'ambito della morale sessuale. Non è questo il genere di modernizzazione di cui la Chiesa ha bisogno, dal momento che si tratta di una modernizzazione ormai in crisi e che ha dato prove evidenti di costituire una proposta sbagliata.
Vi sono poi questioni non nuove ma sempre rilevanti. È chiaro per esempio che ritrovare un metodo di selezione meritocratica per le cariche di responsabilità, purificare strutture che hanno conosciuto momenti di confusione morale e allargare gli spazi per una presenza femminile più incisiva costituiscono sfide imprescindibili anche per la Chiesa. Ma sono problemi su cui appunto concordano tutti, non solo i cosiddetti progressisti: problemi che si ripresentano periodicamente nella storia della Chiesa e ai quali essa ha sempre saputo dare risposte valide.
Ma soprattutto valida per tutti, come radice di ogni intervento, rimane oggi la via che Benedetto XVI ha indicato senza mai stancarsi: la via di un nuovo annuncio del Vangelo e della fede. Una fede calda ed entusiasta, una fede rinnovata e contagiosa, una fede luminosa che porti a dimenticare se stessi davanti a Gesù, nella comunione della Chiesa.
Mi auguro la semina d’autunno, non l’impollinazione primaverile della chiesa. Giuliano Ferrara
Non credo nel mito della primavera vaticana, la primavera della chiesa cattolica e del papato. La chiesa deve seminare, come si fa in autunno, non farsi impollinare come un fiore d’aprile. I padroni dell’opinione pubblica internazionale, anche cattolica, esigono un nuovo abbraccio del mondo com’è. Andare incontro, inseguire il temperamento dei popoli e delle culture, essere abilmente mimetici, formalizzare nuove regole di vita della chiesa ricalcate sui criteri di giudizio del secolo, delle ondate della modernità dal XVI secolo in poi, abolire le vecchie regole, cancellare le vecchie fattezze.
Se è così, tanto vale chiudere bottega. L’esperimento dell’impollinazione è stato già fatto, ha avuto una sua grandezza, era cosa ambiziosa, ma è fallito, e non è colpa della curia romana se il modo di trattare problemi antichi e nuovi della bottega religiosa risente di un intirizzimento dell’anima, non scalda più i cuori, non si costruisce su ragione e fede in quell’equilibrio sovrano tentato da Govanni Paolo II e Benedetto XVI. Ci sono già l’Onu e l’Unesco, c’è già la filosofia universalistica dei diritti umani, c’è la coscienza umanitaria, ci sono idoli e miti del contemporaneo come l’eguaglianza, la libertà, la fratellanza, c’è un’arietta perenne di luce primaverile che occlude ogni visuale del dolore, del peccato, della redenzione, del soprannaturale, della salvezza interiore e collettiva, della penitenza, della riconciliazione e della misericordia, e c’è un’idea realistica e mediocre della fede personale, intesa come un comportamento di vita, non come un’esperienza indicibile, una grazia lontana ed efficace a prescindere dalla coscienza, una misura di irrazionale dentro la razionalità e la bellezza anche esteriore della visione evangelica, dell’imitazione cristica, dell’affidamento a un Messia, a un Dio incarnato.
Il problema non sta nel consentire ai preti di sposarsi, consentitelo pure. Il problema è che, sposati o no, la carne resta il luogo agostiniano della concupiscenza, il dolce piacere dell’abbandono al momento, all’attimo, contro la fragranza immacolata dell’affidamento all’eterno. Se per governare il corpaccione della chiesa fosse necessario emanciparla dal riformismo di quel grandissimo Papa che fu Gregorio VII, come suggerisce Hans Küng, e dunque ci dovesse toccare un’assemblea discutidora di vescovi al posto del vicario di Cristo infallibile, un’elaborazione teologica sempre meno petrina, sempre meno romana, sempre più legata agli schemi di vita e di spiritualità di quell’etnia primitiva orante che solo le riforme dei Paolo e degli Agostino e di Costantino e dei Gregorio hanno trasformato in ecclesia, in popolo di Dio in cammino, in istituzione universale ricalcata sul modello laico e precristiano dell’Impero romano, sia pure, sia fatta la volontà del clero e del laicato e della teologia progressista. Ma alla fine del percorso avremmo un calco del già noto, un codice di morale kantiana piegato alle esigenze dell’edonismo piccino del tempo nostro, non l’apparizione della grazia, non un ritorno di Dio, qualunque cosa questo possa significare per credenti e non credenti. Spero che le congregazioni vadano alla radice, e che cominci la semina, dopo anni di impollinazione e rinuncia.
© - FOGLIO QUOTIDIANO

Come perle ai porci Parla l’erede di Gadamer, Robert Spaemann: “Un’Europa decristianizzata sarà terribile”
“Una chiesa sulla difensiva è una chiesa finita”. Così Robert Spaemann, che è stato a lungo compagno di ricerche e di studi dell’allora professor Joseph Ratzinger, commenta la crisi di legittimità della chiesa cattolica sulla questione degli abusi sessuali a ridosso del nuovo Conclave. Massimo studioso e critico tedesco della modernità, premio Karl Jaspers, capostipite di una generazione di pensatori che ha vissuto la temperie nazionalsocialista, Spaemann è l’erede della prestigiosa cattedra che fu di Hans-George Gadamer a Heidelberg. A Spaemann, l’unico studioso occidentale, assieme a Jürgen Habermas e Richard Rorty, ammesso a far parte dell’Accademia cinese delle Scienze sociali, si devono alcune fra le più radicali sentenze del pensiero contemporaneo, a cominciare da quella per cui “non c’è etica senza metafisica”, e la denuncia dello “sguardo del medico di Auschwitz” nella manipolazione genetica.
“La chiesa è intimidita”, dice al Foglio Spaemann, autore di numerosi scritti di etica e di filosofia politica e salutato dalla stampa tedesca come il “Verteidiger der Menschenwürden”, il difensore della dignità umana. “Gli abusi sessuali sono ovunque, dentro e fuori dal clero. Ma una parte della chiesa ha cercato di coprirli perché avrebbero danneggiato l’‘immagine’ del Vaticano. Il cardinale Joseph Ratzinger è stato uno dei più fermi oppositori di questa pratica permissiva. Il suo principio è sempre stato ‘la verità prima di tutto’. ‘Ecclesia sempre reformanda’ è l’altro principio, c’è sempre bisogno della riforma. Il problema è un altro, cioè che dentro alla chiesa ci sono gruppi che hanno monopolizzato l’interpretazione di questa riforma attraverso una serie di mantra: ordinazione delle donne, elezione dei vescovi da parte dei laici, no al celibato, benedizione dei ‘matrimoni’ omosessuali, comunione per i divorziati, sì ai contraccettivi. In altre parole la totale capitolazione allo ‘zeitgeist’, lo spirito del tempo, che altro non è che l’emancipazione secolarista”.
Secondo Spaemann, già docente in numerose università del mondo tra cui la Sorbona e dal 1992 professore emerito alla Ludwig-Maximilians-Universität di Monaco di Baviera, così facendo la chiesa cattolica è stata messa nell’angolo e rischia di morire d’indifferenza. “Se la chiesa resta in silenzio, se è umile e sulla difensiva, ma non passa all’offensiva, resta senza potere. I cardinali devono proclamare la parola di Dio, non la propria. Devono mettere sotto accusa una società che distrugge se stessa. Quindi devono prima di tutto porre fine a questa serie di autoscuse e alla trivializzazione delle Scritture. Devono porre fine alla loro interpretazione della cristianità come una compagnia di amici”.
“La chiesa ha nutrito false aspettative”
Alcune settimane fa, all’Università Santa Croce di Roma, è stata celebrata una giornata in onore di Spaemann, di cui è stato presentato il testo più famoso pubblicato dalle edizioni Ares, “Fini naturali” (con la prefazione del cardinale Camillo Ruini). Il testo riflette sul “mancato riconoscimento delle basi morali e prepolitiche dello stato” ricordando il discorso di Benedetto XVI al Bundestag di Berlino: una “ragione positivista” che si presenti come esclusiva “non può creare alcun ponte verso l’ethos e il diritto” e somiglia “agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo clima e luce da soli e non vogliamo più riceverli dal mondo vasto di Dio”.
“La chiesa ha nutrito false aspettative”
Alcune settimane fa, all’Università Santa Croce di Roma, è stata celebrata una giornata in onore di Spaemann, di cui è stato presentato il testo più famoso pubblicato dalle edizioni Ares, “Fini naturali” (con la prefazione del cardinale Camillo Ruini). Il testo riflette sul “mancato riconoscimento delle basi morali e prepolitiche dello stato” ricordando il discorso di Benedetto XVI al Bundestag di Berlino: una “ragione positivista” che si presenti come esclusiva “non può creare alcun ponte verso l’ethos e il diritto” e somiglia “agli edifici di cemento armato senza finestre, in cui ci diamo clima e luce da soli e non vogliamo più riceverli dal mondo vasto di Dio”.
La crisi del cristianesimo, dice Spaemann, è iniziata con la rincorsa al secolarismo.“Cristo dice: ‘Non date perle ai porci’. Perché i porci? Perché le perle sono impalpabili per loro e si arrabbiano, perché vorrebbero cibo da maiali. Così è con il secolarismo. Dopo il Concilio Vaticano II, la chiesa ha nutrito aspettative che non sarebbe mai stata in grado di realizzare se vuole rimanere fedele al suo fondatore. Adesso è il momento della verità. Quando l’autorità è debole, la chiesa cade in disgrazia”.
In Europa c’è una ondata di delegittimazione ideologica. “Un’Europa decristianizzata sarà un’Europa terribile. La sentenza degli Apostoli, ‘obbedite a Dio e non agli uomini’, è l’origine della grande libertà europea. Le persone più pericolose al mondo, persino più della tirannia, sono quelle che temono la morte più di Dio. La chiesa ha legittimato il potere degli stati sovrani, posto dei limiti. ‘Fedele servitore del re, ma prima di Dio’, dice Tommaso Moro”.
In Europa c’è una ondata di delegittimazione ideologica. “Un’Europa decristianizzata sarà un’Europa terribile. La sentenza degli Apostoli, ‘obbedite a Dio e non agli uomini’, è l’origine della grande libertà europea. Le persone più pericolose al mondo, persino più della tirannia, sono quelle che temono la morte più di Dio. La chiesa ha legittimato il potere degli stati sovrani, posto dei limiti. ‘Fedele servitore del re, ma prima di Dio’, dice Tommaso Moro”.
Infine, secondo Spaemann, il retaggio di Joseph Ratzinger da Pontefice è l’unica soluzione. “Il corso avviato da Benedetto XVI è l’unico che abbia un futuro. ‘Distacco dal mondo’, modestia, aderenza all’insegnamento, luce della ragione che illumina ogni uomo che è come una cometa nel mondo, infine vivere come se Dio ci fosse. Benedetto XVI difende la ragione contro lo scientismo e una distruttiva idea della ragione. Se fosse uno strumento di adattamento al processo evolutivo e alla sopravvivenza, la ragione non avrebbe alcun collegamento con la verità. La verità non è un’idea scientifica e la scienza ha una tendenza a distruggere se stessa”, conclude Spaemann.
© - FOGLIO QUOTIDIANO
Dentro un convento di clausura
"Io suora grazie a YouTube"
Mentre il Papa compie la sua “rinuncia”, c’è chi segue la via assoluta della fede. Come Lauren, oggi suor Maria Teresa, che a 21 anni si è chiusa per la vita in un convento di clausura nel New Jersey. Ha scelto usando il web. Le immagini
di Katie Breen, foto di Toni Greaves - 25 febbraio 2013

Eccole le due facce della modernità cattolica (e della contemporaneità in generale): il Papa “rinuncia”, facendo scricchiolare, in un Occidente sempre più relativista, l'istituzione più antica e sottraendo certezze alla crescente disaffezione nei fedeli più semplici; dall’altra parte storie di rinuncia, intrise di eternità e di mistero, come questa di Lauren Franko, la quale trascorre una normale adolescenza nella provincia americana, tra flirt e studi svogliati, finché al college sente la chiamata di Dio attraverso YouTube, strumento della sua generazione, e a 21 anni decide di consegnarsi per la vita alla disciplina della clausura in un convento del New Jersey, lo Stato che più rappresenta nell’immaginario l’America consumista e materialista.
Due vicende che s’intrecciano con un altro elemento che potrebbe segnare il futuro della Chiesa cattolica: dagli Stati Uniti infatti, stando alle analisi di alcuni esperti, potrebbe arrivare il prossimo Papa e negli Stati Uniti, grazie soprattutto alla vorticosa crescita demografica dei Latinos, quello cattolico è l’unico gruppo religioso in aumento (dai 68 milioni attuali si prevedono 110 milioni di praticanti nel 2050), nonostante il forte calo delle vocazioni: solo le suore, che nel 1965 erano 180 mila, oggi sono solo 54 mila. Ho avuto modo d’incontrare a lungo Lauren, oggi Suor Maria Teresa, grazie alla fotografa Toni Greaves, la quale ha seguito la vita claustrale della novizia sin dal 2008 - cioè dall’entrata al monastero di Nostra Signora del Rosario, da dove non uscirà mai più. Ho incontrato la sorella per ore nel frugale e spoglio parlatorio, e la mia immaginazione ha cercato di costruire, attraverso le sue parole, la vita straordinariamente semplice delle quindici domenicane oltre quella stanza. Inizialmente era presente all’incontro una sorella anziana, Maria Caterina, ed entrambe ispiravano serenità, con le loro guance rosee e il sorriso radioso. Poi sono rimasta sola con Maria Teresa, il suo racconto è stato intenso, ma anche ironico e spiritoso. «Quando avevo sette anni già desideravo essere una suora.
Frequentavo una scuola cattolica, avevo una maestra suora straordinaria e volevo essere come lei, ma ho subito capito che era meglio non farlo sapere; e quando ci hanno chiesto di vestirci come la persona che avremmo voluto diventare mi sono vestita da mandriano». Poi Lauren, da teenager, ha esplorato altre fedi e, come le sue amiche, non si è sottratta alle relazioni: «Diciamo che non ero particolarmente casta» sottolinea. «Ma nemmeno felice. Sentivo un senso di vuoto». Così è ritornata a frequentare la Chiesa e a immaginarsi suora: «Al college uscivo con i ragazzi, ma sentivo questo desiderio di amore assoluto, e pregavo molto. Temevo in fondo di non ricevere mai la chiamata… Così ho detto a Dio: “Guarda che non hai proprio una fila di donne che vogliono sposarti, quindi ti conviene scegliere me!”. Una sera nella mia stanza stavo pregando, ma volevo anche ascoltare la mia canzone preferita, quindi sono andata su YouTube, ho infilato le cuffiette e anziché la musica ho sentito le parole che attendevo: “Vuoi sposarmi?”. Ho immediatamente spento il computer e ho risposto: “Sì”. Non si trattava di decidere, ma solo di confermare.
Due vicende che s’intrecciano con un altro elemento che potrebbe segnare il futuro della Chiesa cattolica: dagli Stati Uniti infatti, stando alle analisi di alcuni esperti, potrebbe arrivare il prossimo Papa e negli Stati Uniti, grazie soprattutto alla vorticosa crescita demografica dei Latinos, quello cattolico è l’unico gruppo religioso in aumento (dai 68 milioni attuali si prevedono 110 milioni di praticanti nel 2050), nonostante il forte calo delle vocazioni: solo le suore, che nel 1965 erano 180 mila, oggi sono solo 54 mila. Ho avuto modo d’incontrare a lungo Lauren, oggi Suor Maria Teresa, grazie alla fotografa Toni Greaves, la quale ha seguito la vita claustrale della novizia sin dal 2008 - cioè dall’entrata al monastero di Nostra Signora del Rosario, da dove non uscirà mai più. Ho incontrato la sorella per ore nel frugale e spoglio parlatorio, e la mia immaginazione ha cercato di costruire, attraverso le sue parole, la vita straordinariamente semplice delle quindici domenicane oltre quella stanza. Inizialmente era presente all’incontro una sorella anziana, Maria Caterina, ed entrambe ispiravano serenità, con le loro guance rosee e il sorriso radioso. Poi sono rimasta sola con Maria Teresa, il suo racconto è stato intenso, ma anche ironico e spiritoso. «Quando avevo sette anni già desideravo essere una suora.
Frequentavo una scuola cattolica, avevo una maestra suora straordinaria e volevo essere come lei, ma ho subito capito che era meglio non farlo sapere; e quando ci hanno chiesto di vestirci come la persona che avremmo voluto diventare mi sono vestita da mandriano». Poi Lauren, da teenager, ha esplorato altre fedi e, come le sue amiche, non si è sottratta alle relazioni: «Diciamo che non ero particolarmente casta» sottolinea. «Ma nemmeno felice. Sentivo un senso di vuoto». Così è ritornata a frequentare la Chiesa e a immaginarsi suora: «Al college uscivo con i ragazzi, ma sentivo questo desiderio di amore assoluto, e pregavo molto. Temevo in fondo di non ricevere mai la chiamata… Così ho detto a Dio: “Guarda che non hai proprio una fila di donne che vogliono sposarti, quindi ti conviene scegliere me!”. Una sera nella mia stanza stavo pregando, ma volevo anche ascoltare la mia canzone preferita, quindi sono andata su YouTube, ho infilato le cuffiette e anziché la musica ho sentito le parole che attendevo: “Vuoi sposarmi?”. Ho immediatamente spento il computer e ho risposto: “Sì”. Non si trattava di decidere, ma solo di confermare.
Cosa dice il Card. Julián Herranz del suo dossier su Vatileaks
di Paolo Rodari
Si è parlato molto in questi giorni del dossier segreto redatto dai tre cardinali incaricati dal Papa di indagare sulla fuga di notizie riservate della scorsa primavera, il cosiddetto “Vatileaks”. Su quanto e come questo dossier influenzerà il conclave. Il responsabile di questa commissione, il cardinale Julián Herranz – membro dell’Opus Dei, esperto in Diritto Canonico, medico e psichiatra – ne ha parlato ufficialmente una sola volta, in questa intervista rilasciata il 19 febbraio al Pais.
Domanda. Lei stava nella stessa sala quando il Papa ha letto il testo della sua rinuncia in latino. In quel momento a cosa ha pensato?
Risposta. Mi sono commosso. Come canonista, devo dire che si è trattato di una rinuncia in perfetto accordo con il canone 332, secondo paragrafo. Allo stesso tempo ho provato dolore, pensando a tanti anni di lavoro con lui. Non è solo un teologo eccezionale, é anche un uomo dalle qualità umane straordinarie, con un grande amore per Gesù Cristo, che ha manifestato nei tre libri che ha scritto su Gesù di Nazaret. Ho provato anche gioia interiore, per l’umiltà e l’amore per la Chiesa che dimostrava. Umiltà, perché il distaccarsi dal potere non è cosa di tutti i giorni, nemmeno nella vita civile. Il Papa ha fatto un esame di coscienza sui propri limiti di tipo psicofisico, che negli ultimi mesi si sono accentuati, e ha detto “non posso continuare, è necessario che sia un altro a reggere il timone della barca di Pietro”.
D. Le ragioni del Papa sono degne di molto rispetto, ma la gente non riesce a crederle del tutto.
R. E invece sono perfettamente credibili, fanno riferimento al processo di indebolimento psicofisico del quale ha parlato. Io sono medico e psichiatra, e posso assicurare che si tratta di un fatto molto naturale. La medicina è riuscita ad allungare la vita, ma non a mantenere la qualità psicofisica delle persone.
D. Lei ha presieduto la commissione sul Vatileaks che il 17 dicembre ha consegnato la sua relazione al Papa. Si ha speculato molto sul contenuto di questa relazione, che si immagina gravissimo, fino al punto che molti ritengono che sia stato decisivo nella rinuncia del Papa.
R. Questa vicenda è stata enormemente ingigantita. Le assicuro, in qualità di presidente della commissione, che si è creata una bolla di sapone che si sgonfia da sé. In Vaticano è abbastanza frequente creare commissioni di questo tipo. Hanno il compito di esaminare come stanno le cose in un determinato settore. Si va lì, si parla con le persone, si vedono le cose che vanno e quelle che non vanno, le luci, le ombre, si prendono appunti, e quindi si riferisce la situazione all’autorità. Ed è l’autorità competente che dovrà prendere le decisioni che ritiene opportune.
D. E’ una faccenda che ha dato una cattiva immagine della Chiesa.
R. Ma è una bolla di sapone, è un aneddoto. Questo voler vedere nidi di vipere, mafie che lottano fra di loro, odi intestini: tutto ciò è assolutamente falso. E’ da più di mezzo secolo che lavoro in Vaticano e posso dire che ammiro molti dei miei colleghi, per la loro capacità di donazione, di sacrificio. Vi saranno pecore nere, non dico di no, come succede in tutte le famiglie, ma è il Governo meno corrotto e più trasparente che esista. Più di qualsiasi organizzazione internazionale, o di qualsiasi Governo civile. Seguo molto la stampa, non sono un eremita, e leggo ciò che succede nel mondo, e vedo che è il meno corrotto e che è esemplare in tantissimi aspetti.
D. Il Governo sarà il meno corrotto, ma nella banca vaticana vi sono stati episodi molto oscuri e continuano ad esserci…
R. Non conosco esattamente come funziona la banca vaticana, ma in tutte le banche del mondo si sono verificati e si verificano fenomeni di questo tipo.
D. Lei parla di trasparenza, ma la Chiesa è percepita come qualcosa di molto opaco. Per conoscere la composizione della curia bisogna comprare tutti gli anni un annuario pontificio che costa 100 euro. Perché il Vaticano è così complesso?
R. Non lo è. Può essere che manchi un po’ di capacità di comunicazione. Ma non nascondiamo nulla. Non esiste nessuna società, multinazionale o Governo che sia più trasparente del Governo della Chiesa.
D. Persino la pagina web è complicata.
R. In questa pagina si trovano tutti i documenti, i discorsi, tutti gli incontri, tutti gli atti del Papa, tutta l’attività quotidiana del Vaticano. No, no. Ciò che succede è che si è creato una bolla di sapone di cose misteriose. C’è molto lavoro di fantasia in tutto ciò. Ma, evidentemente, non c’è Governo, famiglia o società organizzata che non abbia un’area di intimità. In qualsiasi Governo ci sono molte più zone oscure, di servizi segreti, di decisioni che il presidente prende senza che siano rese pubbliche, più zone riservate che non in Vaticano.
D. Quindi, il caso Vatileaks non ha scalfito il Papa?
R. No. Le assicuro che tutto ciò costituisce un aneddoto rispetto alla decisione del Santo Padre e ai problemi della Chiesa. Il problema fondamentale della Chiesa è che bisogna fare una nuova evangelizzazione. La Chiesa soffre oggi una terribile persecuzione. L’80% delle persone che l’anno scorso sono state perseguitate a motivo delle loro idee erano cristiani, e questo è detto da altre istituzioni, non dalla stessa Chiesa. Sono fatti che si verificano in India, in Pakistan, in Africa. In altri luoghi vengono discriminati come se avessero opinioni scorrette. Poi vi è una forma di persecuzione più velenosa.
D. Nei Paesi sviluppati?
R. Si, per esempio.
D. Certamente in Europa la Chiesa ha perso molto potere.
R. Chi guarda la Chiesa come un potere si sbaglia, si mette fuori gioco. Il messaggio della Chiesa è perseguitato dove vi è una posizione assolutista. Nei luoghi dove non si ammette la libertà religiosa. Si calcola che lo scorso anno circa 100.000 cristiani sono stati perseguitati, incarcerati o assassinati. Da tre anni una madre di famiglia, Asia Bibi, è incarcerata in Pakistan e sono pochi i poteri civili che alzano la loro voce. Anche queste cose fanno soffrire. E il Papa si rende conto che il mare del mondo è agitato e che la barca della Chiesa ha bisogno di un polso fermo al timone.
D. E quale profilo dovrebbe avere l’uomo che si metta al timone, il nuovo Papa?
R. Principalmente due cose. In primo luogo, è necessario che sia un uomo innamorato di Cristo. Che conosca e ami il fondatore della Chiesa cattolica.
D. Ma questo requisito lo compiono tutti i cardinali.
R. Certamente, però non nella stessa maniera. Tutti i cardinali sanno parlare, ma bisogna vedere chi parla meglio. Vi sono gradi di santità nelle persone. Non è lo stesso colui che ha vocazione di monaco, come Celestino V, rispetto a un altro che sia amico di Gesù in ugual maniera, però che si rende conto delle cose che succedono nel mondo, delle correnti ideologiche, culturali, che agitano le acque del mondo.
D. E la seconda condizione?
R. Che sia capace di spiegare il proprio amore a Dio.
D. Cioè, che sia un buon comunicatore.
R. Esattamente. Che sappia portare avanti questa nuova evangelizzazione. Far conoscere Cristo al mondo.
D. E’ importante l’età?
R. Sì, sono cose secondarie, ma di molta importanza. L’età, la salute, la conoscenza delle lingue, la capacità di viaggiare, e forse anche la nazionalità.
Domanda. Lei stava nella stessa sala quando il Papa ha letto il testo della sua rinuncia in latino. In quel momento a cosa ha pensato?
Risposta. Mi sono commosso. Come canonista, devo dire che si è trattato di una rinuncia in perfetto accordo con il canone 332, secondo paragrafo. Allo stesso tempo ho provato dolore, pensando a tanti anni di lavoro con lui. Non è solo un teologo eccezionale, é anche un uomo dalle qualità umane straordinarie, con un grande amore per Gesù Cristo, che ha manifestato nei tre libri che ha scritto su Gesù di Nazaret. Ho provato anche gioia interiore, per l’umiltà e l’amore per la Chiesa che dimostrava. Umiltà, perché il distaccarsi dal potere non è cosa di tutti i giorni, nemmeno nella vita civile. Il Papa ha fatto un esame di coscienza sui propri limiti di tipo psicofisico, che negli ultimi mesi si sono accentuati, e ha detto “non posso continuare, è necessario che sia un altro a reggere il timone della barca di Pietro”.
D. Le ragioni del Papa sono degne di molto rispetto, ma la gente non riesce a crederle del tutto.
R. E invece sono perfettamente credibili, fanno riferimento al processo di indebolimento psicofisico del quale ha parlato. Io sono medico e psichiatra, e posso assicurare che si tratta di un fatto molto naturale. La medicina è riuscita ad allungare la vita, ma non a mantenere la qualità psicofisica delle persone.
D. Lei ha presieduto la commissione sul Vatileaks che il 17 dicembre ha consegnato la sua relazione al Papa. Si ha speculato molto sul contenuto di questa relazione, che si immagina gravissimo, fino al punto che molti ritengono che sia stato decisivo nella rinuncia del Papa.
R. Questa vicenda è stata enormemente ingigantita. Le assicuro, in qualità di presidente della commissione, che si è creata una bolla di sapone che si sgonfia da sé. In Vaticano è abbastanza frequente creare commissioni di questo tipo. Hanno il compito di esaminare come stanno le cose in un determinato settore. Si va lì, si parla con le persone, si vedono le cose che vanno e quelle che non vanno, le luci, le ombre, si prendono appunti, e quindi si riferisce la situazione all’autorità. Ed è l’autorità competente che dovrà prendere le decisioni che ritiene opportune.
D. E’ una faccenda che ha dato una cattiva immagine della Chiesa.
R. Ma è una bolla di sapone, è un aneddoto. Questo voler vedere nidi di vipere, mafie che lottano fra di loro, odi intestini: tutto ciò è assolutamente falso. E’ da più di mezzo secolo che lavoro in Vaticano e posso dire che ammiro molti dei miei colleghi, per la loro capacità di donazione, di sacrificio. Vi saranno pecore nere, non dico di no, come succede in tutte le famiglie, ma è il Governo meno corrotto e più trasparente che esista. Più di qualsiasi organizzazione internazionale, o di qualsiasi Governo civile. Seguo molto la stampa, non sono un eremita, e leggo ciò che succede nel mondo, e vedo che è il meno corrotto e che è esemplare in tantissimi aspetti.
D. Il Governo sarà il meno corrotto, ma nella banca vaticana vi sono stati episodi molto oscuri e continuano ad esserci…
R. Non conosco esattamente come funziona la banca vaticana, ma in tutte le banche del mondo si sono verificati e si verificano fenomeni di questo tipo.
D. Lei parla di trasparenza, ma la Chiesa è percepita come qualcosa di molto opaco. Per conoscere la composizione della curia bisogna comprare tutti gli anni un annuario pontificio che costa 100 euro. Perché il Vaticano è così complesso?
R. Non lo è. Può essere che manchi un po’ di capacità di comunicazione. Ma non nascondiamo nulla. Non esiste nessuna società, multinazionale o Governo che sia più trasparente del Governo della Chiesa.
D. Persino la pagina web è complicata.
R. In questa pagina si trovano tutti i documenti, i discorsi, tutti gli incontri, tutti gli atti del Papa, tutta l’attività quotidiana del Vaticano. No, no. Ciò che succede è che si è creato una bolla di sapone di cose misteriose. C’è molto lavoro di fantasia in tutto ciò. Ma, evidentemente, non c’è Governo, famiglia o società organizzata che non abbia un’area di intimità. In qualsiasi Governo ci sono molte più zone oscure, di servizi segreti, di decisioni che il presidente prende senza che siano rese pubbliche, più zone riservate che non in Vaticano.
D. Quindi, il caso Vatileaks non ha scalfito il Papa?
R. No. Le assicuro che tutto ciò costituisce un aneddoto rispetto alla decisione del Santo Padre e ai problemi della Chiesa. Il problema fondamentale della Chiesa è che bisogna fare una nuova evangelizzazione. La Chiesa soffre oggi una terribile persecuzione. L’80% delle persone che l’anno scorso sono state perseguitate a motivo delle loro idee erano cristiani, e questo è detto da altre istituzioni, non dalla stessa Chiesa. Sono fatti che si verificano in India, in Pakistan, in Africa. In altri luoghi vengono discriminati come se avessero opinioni scorrette. Poi vi è una forma di persecuzione più velenosa.
D. Nei Paesi sviluppati?
R. Si, per esempio.
D. Certamente in Europa la Chiesa ha perso molto potere.
R. Chi guarda la Chiesa come un potere si sbaglia, si mette fuori gioco. Il messaggio della Chiesa è perseguitato dove vi è una posizione assolutista. Nei luoghi dove non si ammette la libertà religiosa. Si calcola che lo scorso anno circa 100.000 cristiani sono stati perseguitati, incarcerati o assassinati. Da tre anni una madre di famiglia, Asia Bibi, è incarcerata in Pakistan e sono pochi i poteri civili che alzano la loro voce. Anche queste cose fanno soffrire. E il Papa si rende conto che il mare del mondo è agitato e che la barca della Chiesa ha bisogno di un polso fermo al timone.
D. E quale profilo dovrebbe avere l’uomo che si metta al timone, il nuovo Papa?
R. Principalmente due cose. In primo luogo, è necessario che sia un uomo innamorato di Cristo. Che conosca e ami il fondatore della Chiesa cattolica.
D. Ma questo requisito lo compiono tutti i cardinali.
R. Certamente, però non nella stessa maniera. Tutti i cardinali sanno parlare, ma bisogna vedere chi parla meglio. Vi sono gradi di santità nelle persone. Non è lo stesso colui che ha vocazione di monaco, come Celestino V, rispetto a un altro che sia amico di Gesù in ugual maniera, però che si rende conto delle cose che succedono nel mondo, delle correnti ideologiche, culturali, che agitano le acque del mondo.
D. E la seconda condizione?
R. Che sia capace di spiegare il proprio amore a Dio.
D. Cioè, che sia un buon comunicatore.
R. Esattamente. Che sappia portare avanti questa nuova evangelizzazione. Far conoscere Cristo al mondo.
D. E’ importante l’età?
R. Sì, sono cose secondarie, ma di molta importanza. L’età, la salute, la conoscenza delle lingue, la capacità di viaggiare, e forse anche la nazionalità.
Sede vacante, un tempo d'attesa. Intervista al Card. Francesco Coccopalmerio
Da ieri sera alle 20 la Chiesa è entrata nel periodo della cosiddetta Sede vacante. Per spiegare le caratteristiche di questo particolarissimo periodo della vita della comunità cattolica, Avvenire ha interpellato il cardinale Francesco Coccopalmerio, 74 anni, presidente del Pontificio Consiglio per i testi legislativi. Incontriamo il porporato, lombardo ma con radici abruzzesi per via paterna, poco dopo che ha salutato Benedetto XVI, insieme agli altri membri del Collegio cardinalizio, nella Sala Clementina. «Era sereno – racconta – con occhi luminosi che lasciavano trasparire il suo amore per il Signore e quindi la sua delicatezza per le persone che incontra». Ecco l’intervista.
Eminenza, quando si verifica la cosiddetta Sede vacante?
Quando il Papa non c’è più: il che si verifica o nel momento della morte oppure nel momento stabilito dal Papa stesso nel caso in cui egli abbia dato le dimissioni.
In questo periodo cosa cambia per la vita delle diocesi e delle parrocchie?
Nella vita delle diocesi e delle parrocchie non cambia nulla: i vescovi diocesani e i parroci continuano nel loro ministero, le celebrazioni liturgiche continuano come sempre, con il solo particolare che nella preghiera eucaristica della Messa non si nomina il Papa per il semplice motivo che il nuovo Papa non c’è ancora. Pertanto viene ricordato solo il nome del vescovo della diocesi.
E nel governo della Chiesa universale?
Come stabilisce l’articolo 14 della Costituzione apostolica Universi Dominici gregis emanata da Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996, cioè la legge canonica per il periodo di Sede vacante «alla morte del Pontefice», oggi diciamo anche: nel momento delle dimissioni del Pontefice, «tutti i capi dei dicasteri della Curia Romana … come anche i membri dei medesimi dicasteri cessano dall’esercizio del loro ufficio. Viene fatta eccezione per il Camerlengo di Santa Romana Chiesa e il Penitenziere Maggiore…».
Qual è la ratio di questa norma?
Motivo di questa norma è che i capi o i membri dei dicasteri della Curia Romana agiscono per mandato del Papa per cui, se il Papa non c’è, non possono continuare ad agire. Il Camerlengo (incarico attualmente ricoperto dal cardinale Tarcisio Bertone, ndr), però, è colui che compie gli adempimenti necessari in periodo di Sede vacante, mentre il Penitenziere Maggiore deve provvedere ai casi di coscienza anche gravi e a volte urgenti. Come stabilito dallo stesso articolo 14 e dai seguenti, non cessa neppure il cardinale vicario per la città di Roma né i cardinali che governano la Basilica di San Pietro e la Città del Vaticano.
Chi presiede al governo della Curia in questo periodo?
Come già detto, è l’ufficio del Camerlengo, cioè di quel cardinale che dal Papa precedente è stato nominato a questo importante ministero, evidentemente con l’assistenza del Collegio dei cardinali.
Cosa è che si può decidere in questo periodo?
Diciamo in genere: le questioni ordinarie, che non rivestano particolare importanza, salvo i casi di urgenza, come previsto dagli articoli dal 24 al 26 della Costituzione apostolica sopra citata. Per esempio nei dicasteri prosegue lo studio delle varie questioni la cui decisione, se si stratta di temi importanti, sarà sottoposta al futuro Pontefice.
E cosa no?
Per esempio la nomina dei vescovi.
Quando finisce la Sede vacante?
Quando c’è il nuovo Papa, e cioè nel momento in cui il cardinale validamente eletto ha espresso la sua accettazione.
Ma può essere eletto Papa un non cardinale?
Certamente: basta leggere il primo paragrafo del canone 332 del Codice di diritto canonico. Qualsiasi battezzato cattolico, di sesso maschile, può essere eletto Papa; nel caso non sia ancora vescovo deve ricevere subito la consacrazione.
Come ipotesi di scuola, che tutti non ci auguriamo: quali sono i problemi che possono sorgere se il Conclave e così anche la Sede vacante durasse troppo a lungo?
Si rischierebbe di limitare o, eventualmente, di bloccare la vita della Chiesa a livello di governo della Chiesa universale. Per esempio, richiamandoci a quanto detto sopra, si rischierebbe di avere diocesi senza vescovo per un tempo eccessivamente lungo.
Vista l’esperienza che stiamo vivendo, prevede che in futuro ci possano essere ritocchi legislativi per meglio definire la figura del Papa emerito?
Credo che qualche precisazione sarà utile e necessaria.
Eminenza, quando si verifica la cosiddetta Sede vacante?
Quando il Papa non c’è più: il che si verifica o nel momento della morte oppure nel momento stabilito dal Papa stesso nel caso in cui egli abbia dato le dimissioni.
In questo periodo cosa cambia per la vita delle diocesi e delle parrocchie?
Nella vita delle diocesi e delle parrocchie non cambia nulla: i vescovi diocesani e i parroci continuano nel loro ministero, le celebrazioni liturgiche continuano come sempre, con il solo particolare che nella preghiera eucaristica della Messa non si nomina il Papa per il semplice motivo che il nuovo Papa non c’è ancora. Pertanto viene ricordato solo il nome del vescovo della diocesi.
E nel governo della Chiesa universale?
Come stabilisce l’articolo 14 della Costituzione apostolica Universi Dominici gregis emanata da Giovanni Paolo II il 22 febbraio 1996, cioè la legge canonica per il periodo di Sede vacante «alla morte del Pontefice», oggi diciamo anche: nel momento delle dimissioni del Pontefice, «tutti i capi dei dicasteri della Curia Romana … come anche i membri dei medesimi dicasteri cessano dall’esercizio del loro ufficio. Viene fatta eccezione per il Camerlengo di Santa Romana Chiesa e il Penitenziere Maggiore…».
Qual è la ratio di questa norma?
Motivo di questa norma è che i capi o i membri dei dicasteri della Curia Romana agiscono per mandato del Papa per cui, se il Papa non c’è, non possono continuare ad agire. Il Camerlengo (incarico attualmente ricoperto dal cardinale Tarcisio Bertone, ndr), però, è colui che compie gli adempimenti necessari in periodo di Sede vacante, mentre il Penitenziere Maggiore deve provvedere ai casi di coscienza anche gravi e a volte urgenti. Come stabilito dallo stesso articolo 14 e dai seguenti, non cessa neppure il cardinale vicario per la città di Roma né i cardinali che governano la Basilica di San Pietro e la Città del Vaticano.
Chi presiede al governo della Curia in questo periodo?
Come già detto, è l’ufficio del Camerlengo, cioè di quel cardinale che dal Papa precedente è stato nominato a questo importante ministero, evidentemente con l’assistenza del Collegio dei cardinali.
Cosa è che si può decidere in questo periodo?
Diciamo in genere: le questioni ordinarie, che non rivestano particolare importanza, salvo i casi di urgenza, come previsto dagli articoli dal 24 al 26 della Costituzione apostolica sopra citata. Per esempio nei dicasteri prosegue lo studio delle varie questioni la cui decisione, se si stratta di temi importanti, sarà sottoposta al futuro Pontefice.
E cosa no?
Per esempio la nomina dei vescovi.
Quando finisce la Sede vacante?
Quando c’è il nuovo Papa, e cioè nel momento in cui il cardinale validamente eletto ha espresso la sua accettazione.
Ma può essere eletto Papa un non cardinale?
Certamente: basta leggere il primo paragrafo del canone 332 del Codice di diritto canonico. Qualsiasi battezzato cattolico, di sesso maschile, può essere eletto Papa; nel caso non sia ancora vescovo deve ricevere subito la consacrazione.
Come ipotesi di scuola, che tutti non ci auguriamo: quali sono i problemi che possono sorgere se il Conclave e così anche la Sede vacante durasse troppo a lungo?
Si rischierebbe di limitare o, eventualmente, di bloccare la vita della Chiesa a livello di governo della Chiesa universale. Per esempio, richiamandoci a quanto detto sopra, si rischierebbe di avere diocesi senza vescovo per un tempo eccessivamente lungo.
Vista l’esperienza che stiamo vivendo, prevede che in futuro ci possano essere ritocchi legislativi per meglio definire la figura del Papa emerito?
Credo che qualche precisazione sarà utile e necessaria.
Peter Seewald. Il Papa (emerito) e le sue condizioni di salute «Sono la fine del vecchio e l'inizio del nuovo»

Abbiamo parlato di quando ha disertato dall'esercito di Hitler; del suo rapporto con i genitori; dei dischi su cui imparava le lingue; degli anni fondamentali sul «Mons doctus», il monte dei dotti di Freising dove da 1.000 anni l'élite spirituale del Paese viene introdotta ai misteri della fede. Qui aveva tenuto le sue primissime prediche davanti a un pubblico di scolari, da parroco aveva assistito gli studenti e nel freddo confessionale del Duomo aveva dato ascolto alle pene della gente.Ad agosto, durante un colloquio a Castel Gandolfo, durato un'ora e mezzo, gli avevo chiesto quanto lo avesse colpito l'affare Vatileaks. «Non mi lascio andare a una sorta di disperazione o di dolore universale - mi ha risposto - semplicemente mi appare incomprensibile. Anche considerando la persona (Paolo Gabriele, ndr ), non capisco cosa ci si possa aspettare. Non riesco a penetrare la sua psicologia». Sosteneva tuttavia che l'evento non gli aveva fatto perdere la bussola né gli aveva fatto sentire la stanchezza del suo ruolo, «perché può sempre accadere». L'importante per lui era che nell'elaborazione del caso «in Vaticano sia garantita l'indipendenza della giustizia, che il monarca non dica: adesso me ne occupo io!».
Mai lo avevo visto così esausto, così prostrato. Con le ultime forze rimaste aveva portato a termine il terzo volume della sua opera su Gesù, «il mio ultimo libro», come mi ha detto con sguardo triste al momento dei saluti. Joseph Ratzinger è un uomo incrollabile, una persona capace sempre di riprendersi rapidamente. Mentre due anni addietro, malgrado i primi disturbi dell'età, appariva ancora agile, quasi giovanile, ora percepiva ogni nuovo raccoglitore che approdava sulla sua scrivania da parte della Segreteria di Stato come un colpo.
«Cosa ci si deve ancora aspettare da Sua Santità, dal Suo pontificato?», gli ho chiesto. «Da me? Da me non molto. Sono un uomo anziano e le forze mi abbandonano. Penso che basti ciò che ho fatto». Pensa di ritirarsi? «Dipende da cosa mi imporranno le mie energie fisiche». Lo stesso mese ha scritto a uno dei suoi dottorandi che il successivo incontro sarebbe stato l'ultimo. Pioveva a Roma, nel novembre del 1992, quando ci incontrammo per la prima volta nel Palazzo della Congregazione per la dottrina della fede. La stretta di mano non era di quelle che ti spezzano le dita, la voce piuttosto insolita per un «panzerkardinal», mite, delicata. Mi piaceva come parlava delle questioni piccole, e soprattutto delle grandi; quando metteva in discussione il nostro concetto di progresso e chiedeva di riflettere se davvero si potesse misurare la felicità dell'uomo in base al prodotto interno lordo.
«Cosa ci si deve ancora aspettare da Sua Santità, dal Suo pontificato?», gli ho chiesto. «Da me? Da me non molto. Sono un uomo anziano e le forze mi abbandonano. Penso che basti ciò che ho fatto». Pensa di ritirarsi? «Dipende da cosa mi imporranno le mie energie fisiche». Lo stesso mese ha scritto a uno dei suoi dottorandi che il successivo incontro sarebbe stato l'ultimo. Pioveva a Roma, nel novembre del 1992, quando ci incontrammo per la prima volta nel Palazzo della Congregazione per la dottrina della fede. La stretta di mano non era di quelle che ti spezzano le dita, la voce piuttosto insolita per un «panzerkardinal», mite, delicata. Mi piaceva come parlava delle questioni piccole, e soprattutto delle grandi; quando metteva in discussione il nostro concetto di progresso e chiedeva di riflettere se davvero si potesse misurare la felicità dell'uomo in base al prodotto interno lordo.
Gli anni lo avevano messo a dura prova. Veniva descritto come un persecutore mentre era un perseguitato, il capro espiatorio da chiamare in causa per ogni ingiustizia, il «grande inquisitore» per antonomasia, una definizione azzeccata quanto spacciare un gatto per un orso. Eppure nessuno l'ha mai sentito lamentarsi. Nessuno ha sentito uscire dalla sua bocca una cattiva parola, un commento negativo su altre persone, nemmeno su Hans Küng. Quattro anni dopo abbiamo trascorso insieme molte giornate, per parlare del progetto di un libro sulla fede, la Chiesa, il celibato e l'insonnia. Il mio interlocutore non camminava in giro per la stanza, come fanno abitualmente i professori. Non c'era in lui la minima traccia di vanità, né di presunzione. Mi colpivano la sua superiorità, il pensiero non al passo coi tempi ed ero in qualche modo sorpreso di udire risposte pertinenti ai problemi del nostro tempo, apparentemente quasi irrisolvibili, tratte dal grande tesoro di rivelazione, dall'ispirazione dei padri della Chiesa e dalle riflessioni di quel guardiano della fede che mi sedeva di fronte. Un pensatore radicale - questa era la mia impressione - e un credente radicale che tuttavia nella radicalità della sua fede non afferra la spada, ma un'altra arma molto più potente: la forza dell'umiltà, della semplicità e dell'amore.
Joseph Ratzinger è l'uomo dei paradossi. Linguaggio sommesso, voce forte. Mitezza e rigore. Pensa in grande eppure presta attenzione al dettaglio. Incarna una nuova intelligenza nel riconoscere e rivelare i misteri della fede, è un teologo, ma difende la fede del popolo contro la religione dei professori, fredda come la cenere.
Joseph Ratzinger è l'uomo dei paradossi. Linguaggio sommesso, voce forte. Mitezza e rigore. Pensa in grande eppure presta attenzione al dettaglio. Incarna una nuova intelligenza nel riconoscere e rivelare i misteri della fede, è un teologo, ma difende la fede del popolo contro la religione dei professori, fredda come la cenere.
Così come egli stesso è equilibrato, così insegnava; con la leggerezza che gli era propria, con la sua eleganza, la sua capacità di penetrazione che rende leggero ciò che è serio, senza privarlo del mistero e senza banalizzare la sacralità. Un pensatore che prega, per il quale i misteri di Cristo rappresentano la realtà determinante della creazione e della storia del mondo, un amante dell'uomo che alla domanda, quante strade portino a Dio, non ha dovuto riflettere a lungo per rispondere: «Tante quanti sono gli uomini».
È il piccolo Papa che con la matita ha scritto grandi opere. Nessuno prima di lui, il massimo teologo tedesco di tutti i tempi, ha lasciato al popolo di Dio durante il suo Pontificato un'opera altrettanto imponente su Gesù né ha redatto una cristologia. I critici sostengono che la sua elezione sia stata una scelta sbagliata. La verità è che non c'era un'altra scelta. Ratzinger non ha mai cercato il potere. Si è sottratto al gioco degli intrighi in Vaticano. Conduceva da sempre la vita modesta di un monaco, il lusso gli era estraneo e un ambiente con un comfort superiore allo stretto necessario gli era completamente indifferente.
Ma restiamo alle presunte piccole cose, spesso molto più eloquenti delle grandi dichiarazioni, dei congressi e dei programmi. Mi piaceva il suo stile pontificale; che il suo primo atto sia stata una lettera alla Comunità ebraica; che abbia tolto la tiara dallo stemma, simbolo anche del potere terreno della Chiesa; che ai sinodi vescovili chiedesse di parlare anche agli ospiti di altre religioni - anche questa una novità.
Con Benedetto XVI per la prima volta l'uomo al vertice ha preso parte al dibattito, senza parlare dall'alto verso il basso, bensì introducendo quella collegialità per la quale si era battuto nel Concilio. Correggetemi, diceva, quando presentava il suo libro su Gesù che non voleva annunciare come un dogma o apporvi il sigillo della massima autorità. L'abolizione del baciamano è stata la più difficile da attuare. Una volta ha preso per un braccio un ex studente che si inchinava per baciare l'anello, dicendogli: «Comportiamoci normalmente». Tante prime volte. Per la prima volta un Papa visita una sinagoga tedesca (e successivamente più sinagoghe nel mondo di tutti i papi prima di lui messi assieme). Per la prima volta un Papa visita il monastero di Martin Lutero, un atto storico senza eguali.
È il piccolo Papa che con la matita ha scritto grandi opere. Nessuno prima di lui, il massimo teologo tedesco di tutti i tempi, ha lasciato al popolo di Dio durante il suo Pontificato un'opera altrettanto imponente su Gesù né ha redatto una cristologia. I critici sostengono che la sua elezione sia stata una scelta sbagliata. La verità è che non c'era un'altra scelta. Ratzinger non ha mai cercato il potere. Si è sottratto al gioco degli intrighi in Vaticano. Conduceva da sempre la vita modesta di un monaco, il lusso gli era estraneo e un ambiente con un comfort superiore allo stretto necessario gli era completamente indifferente.
Ma restiamo alle presunte piccole cose, spesso molto più eloquenti delle grandi dichiarazioni, dei congressi e dei programmi. Mi piaceva il suo stile pontificale; che il suo primo atto sia stata una lettera alla Comunità ebraica; che abbia tolto la tiara dallo stemma, simbolo anche del potere terreno della Chiesa; che ai sinodi vescovili chiedesse di parlare anche agli ospiti di altre religioni - anche questa una novità.
Con Benedetto XVI per la prima volta l'uomo al vertice ha preso parte al dibattito, senza parlare dall'alto verso il basso, bensì introducendo quella collegialità per la quale si era battuto nel Concilio. Correggetemi, diceva, quando presentava il suo libro su Gesù che non voleva annunciare come un dogma o apporvi il sigillo della massima autorità. L'abolizione del baciamano è stata la più difficile da attuare. Una volta ha preso per un braccio un ex studente che si inchinava per baciare l'anello, dicendogli: «Comportiamoci normalmente». Tante prime volte. Per la prima volta un Papa visita una sinagoga tedesca (e successivamente più sinagoghe nel mondo di tutti i papi prima di lui messi assieme). Per la prima volta un Papa visita il monastero di Martin Lutero, un atto storico senza eguali.
Ratzinger è un uomo della tradizione, si affida volentieri a ciò che è consolidato, ma sa distinguere quello che è davvero eterno da quello che è valido solo per l'epoca da cui è emerso. E se necessario, come nel caso della messa tridentina, aggiunge il vecchio al nuovo, poiché insieme non riducono lo spazio liturgico, bensì lo ampliano.
Non ha fatto tutto giusto, ma ha ammesso gli errori, anche quelli (come lo scandalo Williamson) di cui non aveva alcuna responsabilità. Di nessun fallimento ha sofferto di più che di quello dei suoi preti, anche se da prefetto aveva già avviato tutte le misure che consentivano di scoprire i terribili abusi e punire i colpevoli. Benedetto XVI se ne va, ma la sua eredità resta. Il successore di questo umilissimo Papa dell'era moderna seguirà le sue orme. Sarà uno con un altro carisma, un proprio stile, ma con la stessa missione: non incentivare le forze centrifughe, ma coloro che tengono insieme il patrimonio della fede, che restano coraggiosi, annunciano un messaggio e fanno una testimonianza autentica. Non è un caso che il Papa uscente abbia scelto il Mercoledì delle Ceneri per la sua ultima grande liturgia. Vedete, vuole dimostrare, era qui che vi volevo portare fin dall'inizio, questa è la via. Disintossicatevi, rasserenatevi, liberatevi dalla zavorra, non fatevi divorare dallo spirito del tempo, non perdete tempo, desecolarizzatevi! Dimagrire per aumentare di peso è il programma della Chiesa del futuro. Privarsi del grasso per guadagnare vitalità, freschezza spirituale, non da ultimo ispirazione e fascino. E bellezza, attrattiva, in fondo anche forza, per far fronte a un compito diventato tanto difficile. «Convertitevi», così disse con le parole della Bibbia quando segnò la fronte di cardinali e abati con la cenere, «e credete al Vangelo».«Lei è la fine del vecchio - chiesi al Papa nel nostro ultimo incontro - o l'inizio del nuovo?». La sua risposta fu: «Entrambi».
Non ha fatto tutto giusto, ma ha ammesso gli errori, anche quelli (come lo scandalo Williamson) di cui non aveva alcuna responsabilità. Di nessun fallimento ha sofferto di più che di quello dei suoi preti, anche se da prefetto aveva già avviato tutte le misure che consentivano di scoprire i terribili abusi e punire i colpevoli. Benedetto XVI se ne va, ma la sua eredità resta. Il successore di questo umilissimo Papa dell'era moderna seguirà le sue orme. Sarà uno con un altro carisma, un proprio stile, ma con la stessa missione: non incentivare le forze centrifughe, ma coloro che tengono insieme il patrimonio della fede, che restano coraggiosi, annunciano un messaggio e fanno una testimonianza autentica. Non è un caso che il Papa uscente abbia scelto il Mercoledì delle Ceneri per la sua ultima grande liturgia. Vedete, vuole dimostrare, era qui che vi volevo portare fin dall'inizio, questa è la via. Disintossicatevi, rasserenatevi, liberatevi dalla zavorra, non fatevi divorare dallo spirito del tempo, non perdete tempo, desecolarizzatevi! Dimagrire per aumentare di peso è il programma della Chiesa del futuro. Privarsi del grasso per guadagnare vitalità, freschezza spirituale, non da ultimo ispirazione e fascino. E bellezza, attrattiva, in fondo anche forza, per far fronte a un compito diventato tanto difficile. «Convertitevi», così disse con le parole della Bibbia quando segnò la fronte di cardinali e abati con la cenere, «e credete al Vangelo».«Lei è la fine del vecchio - chiesi al Papa nel nostro ultimo incontro - o l'inizio del nuovo?». La sua risposta fu: «Entrambi».
Peter Seewald
(Traduzione di Franca Elegante )
2013 Focus e Corriere della Sera
(Traduzione di Franca Elegante )
2013 Focus e Corriere della Sera
I Cattolici si sono triplicati in un secolo
(Jorge Enrique Mújica, LC)

Eran 291 millones en 1910. Un siglo después superaban los 1,100 millones. En 100 años los católicos se han triplicado. Este es el dato más relevante del estudio «The Global Catholic Population» del Pew Research Forum on Religion and Public Life publicado el 13 de febrero de 2013.
La investigación evidencia que en el mismo periodo la población mundial también creció rápidamente, pero que el catolicismo ha sabido convivir con ese crecimiento. De hecho, como pone de manifiesto el estudio, actualmente los católicos son el 50% de todos los cristianos, mientras que en 1910 representaban el 48%. Respecto a otras religiones, en 1910 los católicos eran el 17% de la población mundial mientras que ahora representan el 16%.
Datos del «The Global Catholic Population» ofrecen respuestas a interrogantes como cuál es la distribución geográfica de los católicos en el mundo. En la primera década del siglo XX dos tercios de los católicos vivían en Europa (65%) o en América latina (24%); para la primera década del siglo XXI las cosas han cambiado: sólo un 24% de los católicos viven en Europa mientras que la mayor parte se concentra en América latina (39%). África es el continente de la primavera de la Iglesia católica, donde actualmente viven 171 millones de bautizados, es decir, el 16% del total de católicos en el mundo (en 1910 los católicos africanos no llegaban al 1%).
En Asia el crecimiento no ha sido como en África pero no es menos relevante: en 1910 eran 14 millones de católicos (5%) mientras que en 2010 llegan a los 131 millones (12%).
La investigación del Pew Research Forum on Religion and Public Life muestra que América del Norte es la zona geográfica donde más lentamente ha crecido el catolicismo: eran 15 millones en 1910 (5%) y en 2010 han llegado a los 131 millones (12%).
El Medio Oriente es la única zona geográfica donde se evidencia un decrecimiento preocupante: en 2010 son la mitad de los que había en 1910.
Otros datos relevantes de la investigación se detienen en el cambio de la población en tres países: Brasil, México y Estados Unidos. Según «The Global Catholic Population», en Brasil la población católica se redujo mucho, pese a ser el país con el mayor número de católicos: de 74% en el año 2000 a 65% en 2010. En México, el segundo país con el mayor número de católicos, la fe ha caído del 89% en 2000 a 85% en 2010.
La Iglesia católica en Estados Unidos está determinada por el factor inmigración: más de la mitad de los católicos americanos (52%) son migrantes. De los 75,4 millones de católicos de los Estados Unidos de 2010, 22,2 millones nacieron fuera de Estados Unidos (30%). Del total del grupo de católicos migrantes, el 76% es de América latina y el Caribe mientras que un 10% procede de Asía-Pacífico y otro 10% de Europa.
Al 2010, los primeros países con el mayor número de católicos a nivel mundial son Brasil, México, Filipinas, Estados Unidos, Italia, Colombia, Francia, Polonia, España y Congo. En 1910 los países con el mayor número de católicos eran Francia, Italia, Brasil, España, Polonia, Alemania, México, Estados Unidos, Filipinas, República Checa.
Este estudio está en sintonía con los datos aportados oficialmente por la Oficina de Estadísticas de la Iglesia Católica que son anualmente publicados en el «Anuario Estadístico de la Iglesia». Las estimaciones varían muy poco.
Kiko Argüello: per noi Benedetto XVI è stato più che un padre. Siamo pieni di gratitudine
Gratitudine e affetto a Benedetto XVI sono stati espressi in questi giorni anche da Movimenti ecclesiali e nuove comunità. In proposito Debora Donnini ha intervistato Kiko Argüello, l'iniziatore del Cammino neocatecumenale, una realtà di iniziazione cristiana nata in Spagna nel anni '60 e che oggi è presente in circa 1.400 diocesi sparse in 124 Paesi:
R. – Il Papa ha compiuto questo atto di amore per la Chiesa, veramente un atto eroico, e Dio gli darà il cento per uno: a lui, come persona, in questo tempo in cui va a pregare per la Chiesa. Diceva Santa Teresa d’Avila: "quando un cristiano prega trema il mondo"… perché tutto è possibile. Questo per noi è una garanzia, che il Papa adesso vada a pregare. Speriamo che venga un Papa, un Apostolo come lui. Giovanni Paolo II ha detto che nel Terzo millennio si sarebbe dovuta evangelizzare l’Asia: pensiamo a milioni e milioni e milioni di cinesi che non conoscono Gesù Cristo, sotto l’ateismo; il Vietnam, pensiamo al Laos, alla Cambogia.
D. – In un comunicato, il Cammino neocatecumenale ha espresso gratitudine a Benedetto XVI per il suo magistero e per quanto ha fatto per il Cammino. Cosa ha rappresentato Benedetto XVI per lei e per questa esperienza di iniziazione cristiana?
R. – In questo comunicato abbiamo espresso quello che sentiamo, cioè una costernazione ed una sofferenza per questa rinuncia, perché per noi è stato più che un padre, è stato buonissimo … E’ stata una cosa sorprendente, come è stato buono con noi. Quando era ancora professore a Tubinga, io sono andato a trovarlo, perché molti suoi allievi erano italiani. Quindi, sono andato lì, mi ha presentato sua sorella, abbiamo cenato insieme. Poi ci ha dato una lettera bellissima per due parroci, suoi amici, di Monaco, che hanno aperto il Cammino. Dopo ha fatto una cosa meravigliosa. Vedendo l’importanza, oggi, di aprire un’iniziazione cristiana per aiutare i cristiani ad avere una fede più adulta, perché sappiano rispondere all’attuale momento di secolarizzazione, a tutto un ambiente tremendo – pensiamo all’Europa che è come se stesse vomitando il cristianesimo, non solo per i matrimoni omosessuali, c’è il divorzio express che in Spagna ha portato ai divorzi ovunque! Ogni quattro minuti in Spagna una persona divorzia - allora, il Papa ha capito che bisognava studiare teologicamente quello che noi diciamo. Ha istituito una Commissione teologica e noi abbiamo consegnato tutti i nostri scritti, cioè tutto quello che noi utilizziamo per fare catechesi nelle parrocchie, i contenuti delle diverse tappe per il rinnovamento del Battesimo: parola per parola, 3.100 pagine, sono stati studiati 13 volumi. E se qualche frase poteva essere fraintesa, l’abbiamo cambiata. Ci hanno detto anche di aggiungere tutti i riferimenti al Catechismo della Chiesa cattolica. Ci ha aiutato molto. Noi siamo una realtà sorta dopo il Concilio Vaticano II per attuare il Concilio e anche per la Nuova evangelizzazione. Abbiamo quasi 100 seminari missionari, più di 800 famiglie in missione. Siamo sorpresi di quello che Dio sta facendo con noi! E siamo pieni di gratitudine a questo Papa, non sappiamo come ringraziarlo.
D. – Benedetto XVI, come lei ha ricordato, ha conosciuto il Cammino neocatecumenale già nel 1974, a Tubinga; poi, quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha esaminato i contenuti delle catechesi; nel 2008 è venuta l’approvazione definitiva degli Statuti e poi, l’anno scorso, delle celebrazioni dei Passaggi del Cammino. Quindi, è stato un Papa molto importante per il Cammino, in quanto ha segnato alcune tappe strutturali …
R. – Importantissimo! Dice Cristo: “Amatevi, amatevi come io vi ho amato!”. Allora, una comunità dev’essere una comunità nella quale possiamo conoscerci e dare segni concreti di amore: amore in una dimensione sorprendente, la dimensione della Croce. “Amatevi come io vi ho amato”, vuol dire: amatevi al di là della morte. Il “nemico” a volte è la moglie, il marito, i figli, tutti siamo un po’ nemici quando siamo diversi: sapere amare il nemico lasciandosi crocifiggere dai suoi difetti, questo è essere cristiano!
D. – Centrale nel Magistero di Benedetto XVI è anche la difesa della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Ecco, questo della famiglia per il Cammino è un punto molto importante, tant’è vero che sono state inviate centinaia di famiglie in tutto il mondo per la nuova evangelizzazione …
R. – La famiglia cristiana salva la Chiesa e salva la società. L’Istituto Giovanni Paolo II dell’Università Lateranense ci ha conferito il dottorato honoris causa, con tre motivazioni. La prima, perché, hanno sottolineato, avete obbedito all’Humanae Vitae. Paolo VI ha detto, nella Humanae Vitae, che ogni atto coniugale dev’essere aperto alla vita. I fratelli che sono entrati nel Cammino hanno visto che era vero, che il matrimonio acquistava una luce enorme! E da queste famiglie numerose con 10, con 12 figli nascono tantissime vocazioni. E dopo, abbiamo visto che la comunità salva la famiglia. Se c’è una famiglia, ad esempio, che entra un po’ in crisi, immediatamente tutta la comunità li aiuta: la famiglia non è sola. E l’aver tanti figli ci ha portato ad avere tanti giovani, però abbiamo visto che questi giovani erano a rischio, perché tutto l’ambiente è un ambiente contrario alla Rivelazione. Allora abbiamo pensato che fosse urgente compiere in ogni famiglia una sorta di celebrazione domestica, nella quale passare la fede ai figli. Così la domenica tutta la famiglia si riunisce e si pregano i salmi, e tutti cantano. E poi si apre una Parola della Bibbia e i genitori domandano ai figli come quella parola illumini la loro realtà. Insegnare ai figli che la Parola (come dice il salmo) è "lampada ai nostri passi", questa è una cosa assolutamente importante per la Chiesa: che ogni famiglia cristiana abbia un momento di incontro nel quale i genitori dialoghino con i figli e i figli parlino dei problemi che riscontrano nella scuola, all’università.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/03/01/Kiko%20Arg%C3%BCello:%20per%20noi%20Benedetto%20XVI%20%C3%A8%20stato%20pi%C3%B9%20che%20un%20padre.%20Siamo/it1-669190
del sito Radio Vaticana


R. – Il Papa ha compiuto questo atto di amore per la Chiesa, veramente un atto eroico, e Dio gli darà il cento per uno: a lui, come persona, in questo tempo in cui va a pregare per la Chiesa. Diceva Santa Teresa d’Avila: "quando un cristiano prega trema il mondo"… perché tutto è possibile. Questo per noi è una garanzia, che il Papa adesso vada a pregare. Speriamo che venga un Papa, un Apostolo come lui. Giovanni Paolo II ha detto che nel Terzo millennio si sarebbe dovuta evangelizzare l’Asia: pensiamo a milioni e milioni e milioni di cinesi che non conoscono Gesù Cristo, sotto l’ateismo; il Vietnam, pensiamo al Laos, alla Cambogia.
D. – In un comunicato, il Cammino neocatecumenale ha espresso gratitudine a Benedetto XVI per il suo magistero e per quanto ha fatto per il Cammino. Cosa ha rappresentato Benedetto XVI per lei e per questa esperienza di iniziazione cristiana?
R. – In questo comunicato abbiamo espresso quello che sentiamo, cioè una costernazione ed una sofferenza per questa rinuncia, perché per noi è stato più che un padre, è stato buonissimo … E’ stata una cosa sorprendente, come è stato buono con noi. Quando era ancora professore a Tubinga, io sono andato a trovarlo, perché molti suoi allievi erano italiani. Quindi, sono andato lì, mi ha presentato sua sorella, abbiamo cenato insieme. Poi ci ha dato una lettera bellissima per due parroci, suoi amici, di Monaco, che hanno aperto il Cammino. Dopo ha fatto una cosa meravigliosa. Vedendo l’importanza, oggi, di aprire un’iniziazione cristiana per aiutare i cristiani ad avere una fede più adulta, perché sappiano rispondere all’attuale momento di secolarizzazione, a tutto un ambiente tremendo – pensiamo all’Europa che è come se stesse vomitando il cristianesimo, non solo per i matrimoni omosessuali, c’è il divorzio express che in Spagna ha portato ai divorzi ovunque! Ogni quattro minuti in Spagna una persona divorzia - allora, il Papa ha capito che bisognava studiare teologicamente quello che noi diciamo. Ha istituito una Commissione teologica e noi abbiamo consegnato tutti i nostri scritti, cioè tutto quello che noi utilizziamo per fare catechesi nelle parrocchie, i contenuti delle diverse tappe per il rinnovamento del Battesimo: parola per parola, 3.100 pagine, sono stati studiati 13 volumi. E se qualche frase poteva essere fraintesa, l’abbiamo cambiata. Ci hanno detto anche di aggiungere tutti i riferimenti al Catechismo della Chiesa cattolica. Ci ha aiutato molto. Noi siamo una realtà sorta dopo il Concilio Vaticano II per attuare il Concilio e anche per la Nuova evangelizzazione. Abbiamo quasi 100 seminari missionari, più di 800 famiglie in missione. Siamo sorpresi di quello che Dio sta facendo con noi! E siamo pieni di gratitudine a questo Papa, non sappiamo come ringraziarlo.
D. – Benedetto XVI, come lei ha ricordato, ha conosciuto il Cammino neocatecumenale già nel 1974, a Tubinga; poi, quando era prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha esaminato i contenuti delle catechesi; nel 2008 è venuta l’approvazione definitiva degli Statuti e poi, l’anno scorso, delle celebrazioni dei Passaggi del Cammino. Quindi, è stato un Papa molto importante per il Cammino, in quanto ha segnato alcune tappe strutturali …
R. – Importantissimo! Dice Cristo: “Amatevi, amatevi come io vi ho amato!”. Allora, una comunità dev’essere una comunità nella quale possiamo conoscerci e dare segni concreti di amore: amore in una dimensione sorprendente, la dimensione della Croce. “Amatevi come io vi ho amato”, vuol dire: amatevi al di là della morte. Il “nemico” a volte è la moglie, il marito, i figli, tutti siamo un po’ nemici quando siamo diversi: sapere amare il nemico lasciandosi crocifiggere dai suoi difetti, questo è essere cristiano!
D. – Centrale nel Magistero di Benedetto XVI è anche la difesa della famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna. Ecco, questo della famiglia per il Cammino è un punto molto importante, tant’è vero che sono state inviate centinaia di famiglie in tutto il mondo per la nuova evangelizzazione …
R. – La famiglia cristiana salva la Chiesa e salva la società. L’Istituto Giovanni Paolo II dell’Università Lateranense ci ha conferito il dottorato honoris causa, con tre motivazioni. La prima, perché, hanno sottolineato, avete obbedito all’Humanae Vitae. Paolo VI ha detto, nella Humanae Vitae, che ogni atto coniugale dev’essere aperto alla vita. I fratelli che sono entrati nel Cammino hanno visto che era vero, che il matrimonio acquistava una luce enorme! E da queste famiglie numerose con 10, con 12 figli nascono tantissime vocazioni. E dopo, abbiamo visto che la comunità salva la famiglia. Se c’è una famiglia, ad esempio, che entra un po’ in crisi, immediatamente tutta la comunità li aiuta: la famiglia non è sola. E l’aver tanti figli ci ha portato ad avere tanti giovani, però abbiamo visto che questi giovani erano a rischio, perché tutto l’ambiente è un ambiente contrario alla Rivelazione. Allora abbiamo pensato che fosse urgente compiere in ogni famiglia una sorta di celebrazione domestica, nella quale passare la fede ai figli. Così la domenica tutta la famiglia si riunisce e si pregano i salmi, e tutti cantano. E poi si apre una Parola della Bibbia e i genitori domandano ai figli come quella parola illumini la loro realtà. Insegnare ai figli che la Parola (come dice il salmo) è "lampada ai nostri passi", questa è una cosa assolutamente importante per la Chiesa: che ogni famiglia cristiana abbia un momento di incontro nel quale i genitori dialoghino con i figli e i figli parlino dei problemi che riscontrano nella scuola, all’università.
Testo proveniente dalla pagina http://it.radiovaticana.va/news/2013/03/01/Kiko%20Arg%C3%BCello:%20per%20noi%20Benedetto%20XVI%20%C3%A8%20stato%20pi%C3%B9%20che%20un%20padre.%20Siamo/it1-669190
del sito Radio Vaticana
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