DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Volgarità e violenza, i programmi dell'eccesso

di Marco Deriu

Tratto da La Bussola Quotidiana il 26 maggio 2011

Volgarità e violenza sono ingredienti di largo consumo nella produzione televisiva attuale.

La moltiplicazione dei canali favorita dalla tecnologia digitale ha ampliato consistentemente la possibilità di scegliere cosa vedere e ha aperto la strada alla diffusione generalista di emittenti che fino a poco tempo fa erano “di nicchia”. In questo mare magnum, trova quotidiana conferma la tendenza a proporre contenuti forti, nella convinzione – tutta da dimostrare – che chi alza di più i toni sia ascoltato (e guardato) di più. Appartiene a questo filone “I soliti idioti”, la sketch-comedy a episodi in onda tutti i giorni su Mtv, che secondo i suoi autori vuole proporre “un ritratto agrodolce dell’Italia e degli italiani, visti attraverso la lente di ingrandimento di archetipi e stereotipi”, con uno spirito “più politicamente scorretto possibile”. Nei panni di esperti di marketing, donne o preti (padre Boi e padre Giorgio) i due protagonisti passano dalla satira di costume alla rappresentazione grottesca dell’uomo medio e tengono fede alla promessa a modo loro.

Ma non sempre l’intento caricaturale è così esplicito. E, soprattutto, si pone un problema relativo all’età del possibile pubblico non tanto nella messa in onda delle 22. 00 quanto nelle repliche del primo pomeriggio: in quella fascia oraria molti bambini e ragazzi possono essere davanti alla tv e a dissuaderne la visione non basta l’avvertimento che “Questo programma per contenuti e linguaggio non è adatto a un pubblico di minori”.

Su Mtv va in onda anche “South Park”, cartone animato di semplice fattura, i cui protagonisti si insultano, si fanno dispetti, ricorrono puntualmente al turpiloquio, occupano il tempo con passatempi non proprio raccomandabili. E sono bambini di 8-9 anni, che frequentano la scuola elementare... Quando la serie andò in onda per la prima volta sulla tv nostrana, Italia 1 invitò esplicitamente alla visione i bambini che si riconoscevano un po’ pestiferi e dispettosi, proprio come i personaggi di questa produzione d’Oltreoceano. Fu un azzardo incosciente. L’attuale collocazione nel palinsesto di Mtv in seconda serata sfavorisce la visione infantile, ma anche in questo caso l’intento satirico nei confronti della società americana non giustifica gli eccessi della rappresentazione, né tantomeno i frequenti accenti dissacratori che spesso sono stati rivolti alla Chiesa e ai suoi rappresentanti.

Non mancano esempi in cui una violenza meno evidente ma altrettanto perniciosa si nasconde sotto mentite spoglie. Sempre tra i cartoni animati, produzioni come “I Simpson” o “I Griffin”, in onda su Italia 1 in piena fascia pomeridiana, veicolano messaggi controproducenti a livello educativo. Gli adulti protagonisti sono abitualmente sbeffeggiati e trattati come buoni a nulla dai figli, anche attraverso un linguaggio all’insegna dell’aggressività e della sopraffazione verbale. Le regole servono soltanto per essere trasgredite, persone e istituzioni più sono in vista e più sono esposte allo sberleffo degli insolenti protagonisti.

È lo stesso registro linguistico che, peraltro, si ritrova spesso non soltanto nella fiction ma anche nei reality show e nei talk show di prima serata, oltre che in molti spazi dei contenitori mattutini o pomeridiani della tv generalista e nelle trasmissioni salottiere di commento (se così si può chiamare) dedicate al mondo del calcio.

L’aggressione fisica è sempre e comunque da condannare, ma molto del suo possibile effetto negativo o deviante sugli spettatori dipende dal modo in cui la violenza è messa in scena. Braccio di Ferro, come molti altri eroi dei cartoni animati, non risparmia in alcun modo sulla dose di pugni, percosse e schiaffi che puntualmente elargisce a Bruto, con l’aiutino dei suoi amati spinaci. Terence Hill, oggi protagonista televisivo nei panni del sacerdote o della guardia forestale con spiccate doti investigative, è diventato famoso con Bud Spencer a suon di sganassoni, che andavano sempre a colpire i cattivi ma che abbondavano oltre misura. In questi casi, però, si tratta di una violenza talmente iperbolica e caricaturale da essere facilmente proiettabile su un piano che è decisamente altro rispetto a quello della realtà e che, quindi, consente il dovuto distacco allo spettatore anche di giovane età.

Più subdole dal punto di vista della rappresentazione televisiva, e quindi più difficili da evitare da parte del pubblico, sono altre forme di violenza: la violenza e la violazione del corpo nei programmi dedicati alla chirurgia estetica, la violenza psicologica nei reality show, la violenza delle relazioni sociali nei talent show, la violenza dell’interazione comunicativa nei talk show, la violenza contro la privacy nelle trasmissioni che guardano dal buco della serratura le vite degli altri.

È lo stesso mezzo televisivo a diventare violento quando approfitta della debolezza emotiva dei protagonisti e della voglia di sensazionalismo degli spettatori per mandare in onda programmi che degenerano facilmente verso una vera e propria pornografia dei sentimenti. Il fatto che molte di queste trasmissioni siano condotte da personaggi inizialmente conosciuti come giornalisti suona come una aggravante.