DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Metropoli contro provincia Ecco la frattura del futuro




Il Giornale 4 febbraio 2015

Da quando il premier Manuel Valls, in seguito al massacro di Parigi, ha dichiarato che in Francia esiste un «apartheid territoriale, sociale, etnico» tutti i giornali transalpini hanno cominciato a intervistare Christophe Guilluy, professione geografo.
Un tipo di geografo che mescola la cartografia alla antropologia. Guilluy è autore di due libri molto discussi. Il primo, Fracture françaises (Champs), uscito nel 2013. Il secondo, La France périphérique (Flammarion), approdato in libreria alla fine del 2014. Guilluy è studioso difficile da etichettare: qualcuno ha azzardato «neo-con di sinistra». L'analisi delle fratture in seno alla società francese, che forse prefigurano il destino dell'intera Europa, potrebbe infatti essere definita «di destra» (oppure semplicemente realistica). L'analisi delle motivazioni di tali fratture, e le possibili soluzioni, potrebbero invece essere definite «di sinistra» per la forte critica al libero mercato globale e l'accento posto sempre sul termine «uguaglianza».
Nell'ultimo saggio, Guilluy, mappe alla mano, mostra l'esistenza di due Paesi in via di separazione. Da una parte ci sono le aree metropolitane, dall'altra l'immensa provincia. Le aree metropolitane sono integrate nel mercato internazionale e sono abitate in prevalenza da chi ricopre un ruolo dirigenziale (di livello più o meno alto) e da lavoratori precari, intercambiabili, non qualificati. La mobilità degli uomini e delle merci in questo contesto è la regola. I numeri dicono che tali aree producono due terzi della ricchezza francese. Nelle grandi città vivono dunque i francesi danarosi e gli immigrati. In teoria il modello d'integrazione è quello multiculturale propugnato sia dai socialisti sia dai conservatori dell'Ump. In pratica ci pensano i soldi a erigere barriere invisibili ma insuperabili tra quartieri ricchi e quartieri poveri. La rivolta delle banlieues? Non è un problema urgente come pare. I guai veri infatti sono altrove: in provincia.
La provincia è popolata dalla famosa classe media: tutti ne parlano ma è stata spazzata via. La provincia ha pagato il conto della globalizzazione. La grande industria ha chiuso i battenti, o si è trasferita altrove, lasciando a spasso gli operai specializzati. L'agricoltura è in difficoltà. I piccoli imprenditori anche. Impiegati e burocrati vari dipendono dallo Stato, sempre meno disposto a investire. Poi ci sono i pensionati e i giovani alla eterna ricerca di un lavoro. Nelle piccole città la disoccupazione picchia duro e l'incontro con gli immigrati è scontro quotidiano. Anche qui, come nelle aree metropolitane, si opta per la separazione: i francesi, appena possono, abbandonano i quartieri ad alta immigrazione. Non lo fanno per razzismo ma per evitare il peggio, cioè la violenza. Nella Francia periferica, stanziale, protezionista, fuori dalle rotte della globalizzazione, è avvertita come una necessità la trasmissione ai giovani della propria eredità culturale. Forte è infatti la sensazione, non sempre corrispondente ai numeri reali, di essere diventati minoranza sul proprio territorio.
I due partiti tradizionali, socialisti e Ump, si rivolgono agli elettori delle grandi città. I socialisti pescano nei quartieri periferici, l'Ump dai quartieri residenziali ma in definitiva si contendono lo stesso pubblico e fanno riferimento allo stesso modello di sviluppo economico (e di società). Previsione: si scomporranno e ri-comporranno diventando una cosa sola. L'alleanza di destra e sinistra contro il Fronte Nazionale, immaginata da Houellebecq in Sottomissione , potrebbe diventare realtà, e in alcune città lo è già.
A proposito di Marine Le Pen. Il Fronte Nazionale trova spazio proprio nella Francia periferica e risponde, almeno in parte, all'esigenza della (ex) classe media di riprendere voce in politica. A lungo, infatti, il popolo è stato trascurato, reso invisibile. Da tempo, la sinistra e i sindacati hanno smesso di rappresentare i suoi interessi: non fanno parte del progetto economico delle classi dirigenti. Il mondo intellettuale dà un giudizio quasi sempre sprezzante della classe media. Di fatto le masse che non si omologano al modello metropolitano sono tacciate di volta in volta di populismo, razzismo, xenofobia. Accuse infondate ma perfette per chiudere la discussione come «inammissibile». In realtà, l'assenza di un serio dibattito sui flussi migratori, e su come regolarli, alimenta la diffidenza verso la comunità dall'identità più forte, quella musulmana.
«Apartheid» è certamente una esagerazione. Ma Valls, spiega Guilluy in un'intervista con Le Figaro , in fondo ha voluto tirare uno schiaffo alla sinistra che si rifiuta di vedere la realtà.