La Cambogia è un paese del Sud-est asiatico con una superficie di 181.000 km2 . Confina con il Laos, la Thailandia e il Vietnam. Nel 1975, la forza rivoluzionaria kmer rossa diretta da Pol Pot prese il potere.
Per costruire una società nuova khmer pura , libera da influenze occidentali, i khmer rossi cominciarono con l’eliminare gli intellettuali khmer. Dopo aver fucilato i notabili, i capiservizio, tutti coloro che avevano responsabilità nell’amministrazione del paese, i khmer vuotarono le città: i cittadini furono mandati senza nessuna struttura di accoglienza nella risaia per una rieducazione attraverso i lavori forzati e la carestia. Io facevo parte di quei cittadini.
Mio marito, mio padre e i miei due fratelli furono fucilati con trecento notabili della mia città natale. In un universo del tutto ignoto, mi sforzai di sopravvivere con i miei figli. L’aggressione psicologica era fortissima: non si sapeva più a quale identità aggrapparsi. Feci l’esperienza di una angoscia esistenziale assoluta. Un solo grido esisteva ancora in me: un grido di collera e di odio senza fine. Sperimentai la forza dell’odio, capace di tenermi in piedi nel turbine della violenza. L’odio che mi invadeva era così travolgente che provavo il bisogno di avere “uno” di fronte a me. La solitudine di fronte a se stessi è vertiginosa, rischia di condurti alla follia. Per non perdere l’equilibrio, avevo bisogno di un”garde-fou”, un parapetto. La buddista che ero nel 1975, avrebbe vissuto una totale destrutturazione della sua coerenza spirituale. La destrutturazione era mia personale, non metteva in dubbio l’insegnamento del Bouddha Sâkyamoni, ma la mia identità personale: chi sono? Come scrive Paul Ricoeur in Soi même comme un autre, stavo per attraversare “la prova del nulla dell’identità”.
Secondo l’insegnamento del Bouddha, l’io è di fatto un’illusione, l’essere vivente è un assemblaggio effimero dei cinque aggregati: corpo, sensazione, percezione,volizione e coscienza. Ma la mia sofferenza era così presente che non avevo più la forza morale di relativizzarla per arrivare all’equanimità del saggio buddista che attraversa “le turbolenze” della realtà senza attaccarvisi. Consapevole della mia grande debolezza morale nel vivere le “virtù buddiste” fino in fondo, sentii il bisogno di avere un capro espiatorio sul quale trasferire tutti i miei sentimenti negativi.
Ho scritto in Revenue de l’enfer”(p. 68, éd. de l’Atelier): “Per ingaggiare la lotta di sopravvivenza spinta da un odio feroce, sento la necessità di un testimone. Mi viene allora in mente di prendere come testimone “il Dio degli Occidentali”, e ”il Dio della loro Bibbia”. Non so se questo Essere Supremo esista davvero o no, ma non ha importanza. Ho deciso che sarà mio testimone, lo sarà fino a nuovo ordine.”
La persona del “Dio degli Occidentali” divenne il mio interlocutore per eccellenza. Non c’è nulla di straordinario per la psicologia attuale: un essere umano in difficoltà è capace di inventare qualunque cosa per sopravvivere … “L’uno di fronte a me” ha permesso un equilibrio nell’annientamento della mia identità. In quanto esperta buddista, ho acutissima consapevolezza della grandezza dell’uomo, il che non mi permette di abbassarmi ad implorare i geni della terra o le altre divinità subalterne. Sono persuasa che il “Dio degli Occidentali” è solo un’astuzia da parte mia per poter sopravvivere in condizioni estreme. Un’astuzia di cui ogni essere umano in difficoltà necessita: una persona che lo ascolti, una persona che si addossi un poco di responsabilità di tutto quello che gli accade.
Un passaggio del salmo 22 dice bene ciò che sentivo nell’inferno di Pol Pot: “Come acqua sono versato, sono slogate tutte le mie ossa. Il mio cuore è come cera, si fonde in mezzo alle mie viscere. È arido come un coccio il mio palato, la mia lingua si è incollata alla gola, su polvere di morte mi ha deposto.”
Quando tutto è naufragio, il “Tu” è una boa di salvataggio nell’oceano scatenato. Il “Dio degli Occidentali” fu per me la boa di salvataggio per due anni. Fu il frutto intelligente della mia mente. I buddisti parlano del fatto di trasferire l’energia delle passioni su oggetti creati mentalmente. All’inizio di quell’avventura spirituale, il “Dio degli Occidentali” esisteva solo per permettermi di trasferire l’energia negativa dell’odio sulla sua persona.
Ma un giorno, vissi la certezza spirituale profonda di un dono venuto da una persona altra da me. Come se il personaggio che credevo fosse un puro prodotto di fantasia di donna rivendicasse la sua identità. Fu una rivendicazione molto timida lontanissima dalle apparizioni rumorose e spettacolari. Come se un innamorato mi offrisse un mazzo di fiori senza nessuna dichiarazione. Il suo bouquet fu la pace nel cuore nel silenzio di un tramonto in mezzo alle risaie di Pol Pot. “Il silenzio è totale, rotto solo dal rumore dei miei passi. Ma si sprigiona da quel silenzio una quiete profonda. Accade qualcosa, come se il mio cuore si fosse infine riconciliato con se stesso, dopo tanti tradimenti, tanto odio, tante vendette.” (Revenue del’enfer, p.103).
Quella quiete mi permise di rifarmi un’identità; una pace del cuore che mi aprì gli altri, una serenità di spirito che mi ridette il gusto della bellezza della natura. Fu come se il dono del Dio degli Occidentali consistesse nel ridarmi un posto nell’intera creazione e mi aiutasse così a ricomporre una identità nell’inferno genocidario. Vissi quell’esperienza in modo certo, spiritualmente, ma molto confuso intellettualmente. Non ho parole per parlare dell’esperienza forte ma incomunicabile. Non riuscivo a identificare l’innamorato dietro il mazzo di fiori….
Fu l’incontro con il Vangelo di Gesù Cristo che mi dette le parole per parlare dell’irruzione inaspettata di Dio nella mia vita. Accadde in Francia nel 1980. Grazie al Vangelo, riuscii a raccontare il mio vissuto: il racconto per me stessa, essenziale perché mi permise di diventare soggetto della mia propria storia. È il narrare che costruisce l’identità: si racconta ad un altro e il racconto all’altro diventa racconto a se stessi. Affrontai il Vangelo come qualcosa di nuovo. Sono davvero “novità” nel primo significato della parola. Molte cose mi interrogavano: l’annunciazione, la resurrezione…ma Gesù Cristo mi sedusse per la sua umanità. È un maestro che ha una parola per me. Un maestro che non si lascia rinchiudere. Un maestro che dice va, neppure io ti condanno… Uno sguardo oltre gli usi sociali….Un maestro che libera…
Per un anno intero, il Vangelo divenne il mio libro prediletto. Nel 1981, in un santuario mariano nelle Alpi del Sud, feci l’esperienza di un terzo incontro. Durante la celebrazione eucaristica, fui consapevole che il più umano è il luogo di Dio….Accettai il paradosso di Gesù Cristo pienamente Dio pienamente Uomo…. Non è solo un vuoto discorso teologico ma l’esperienza che Dio è là nel vuoto di ogni vita…. Il Vaticano II parla dell’Eucarestia come cima e sorgente della vita cristiana. Vissi l’esperienza durante la celebrazione dell’Eucarestia nel santuario mariano delle Alpi del Sud, a Notre Dame du Laus, come una chiamata: una chiamata ad unirmi alla stirpe di quelli che sono di Gesù Cristo. Domandai quindi il battesimo. Ricevetti il sacramento del battesimo il 24 Aprile 1983 nella diocesi di Nîmes, dipartimento del Gard (Francia).
(Testimonianza di Claire Ly, da : L'eclissi della bellezza, Genocidi e diritti umani, Fede & Cultura, http://fedecultura.com/eclissidellabellezza.aspx, )