Dagli animali, agli uomini? “Salvare una vita si può - Agire ora per cancellare la povertà”, appena pubblicato in italiano dal Saggiatore (pp. 216, euro 17), è un libro che segna un’evoluzione imprevedibile per un pensatore che Time definisce “tra i cento più influenti del pianeta”. Australiano, filosofo docente a Princeton, classe 1946, Peter Singer a 29 anni era già passato alla storia per “Animal Liberation”: un bestseller che gli animalisti più arrabbiati considerano il loro manifesto fondativo. Quel libro, in particolare, lanciò il termine “specismo”: che sarebbe l’equivalente, in termine di discriminazione verso gli animali, di ciò che è il razzismo in termini di discriminazione verso altre razze e il sessismo in termini di discriminazione dell’uomo verso la donna.
Curiosamente, Singer afferma di aver sviluppato questa idea proprio dal femminismo. A colpirlo sarebbe stata infatti l’obiezione fatta nel XVIII secolo da Thomas Taylor alla pioniera della lotta per l’emancipazione femminile Mary Wollstonecraft: allora, anche gli animali dovrebbero avere dei diritti! Vegetariano convinto, Singer basa però la sua argomentazione su un’ideologia attempata quale l’utilitarismo, che Jeremy Bentham e James Mill elaborarono a inizio ’800 sulla base del principio “il massimo di felicità per il massimo di soggetti possibili”. E non c’è dubbio che le bestie sono più degli uomini… Proprio l’applicazione rigorosa di questa logica lo ha portato però a giustificare la vivisezione: tutte quelle volte in cui il beneficio apportato sarebbe maggiore del dolore provocato. E’ d’altronde la stessa giustificazione con la quale sostiene l’aborto, e perfino l’infanticidio dovrebbe avere un minimo di considerazione: “Uccidere un neonato non è mai lo stesso che uccidere una persona, cioè, un essere che vuole continuare a vivere”.
La considerazione del massimo di piacere lo ha anche portato nel 2001 a giustificare il sesso tra esseri umani e animali, “se non arreca agli animali sofferenze”. Singer lo definisce il “problema dell’etica applicata”. Il bello è che però quest’ultimo libro lo ha scritto per insegnare come si fa a “Salvare un bambino”. Eppure, malgrado certe asserzioni hard come quella secondo cui non sarebbe moralmente lecito privilegiare l’investimento a favore dei propri figli a quello per altri bambini, tutto sommato alla fine il testo funziona. L’analisi del modo in cui si potrebbe risolvere il problema della fame del mondo destinando una quota tutto sommato non grande delle risorse degli abitanti dei paesi sviluppati è di straordinario buon senso, e tiene conto della maggior parte delle obiezioni correnti. E’ vero: molti soldi destinati all’aiuto allo sviluppo vengono sprecati da burocrazie e dittatori. Per questi bisognerebbe creare organismi in grado di monitorare con efficacia gli esiti di questi interventi. Ma poiché far saltare certi interessi costituiti è impresa disperata, vediamo intanto cosa fare in alternativa… Il dubbio però resta: da dove salta fuori tanta filantropia dopo anni di predicazione utilitarista e animalista? Un apologo e un’indicazione buttati a mezzo del discorso aiutano forse a chiarire.
L’apologo: “Mentre passeggiava per le strade di Londra, Thomas Hobbes, il filosofo seicentesco famoso per aver affermato che dietro a ogni nostra azione si nasconde un interesse personale, diede una moneta a un mendicante. Il suo compagno gli disse che in tal modo aveva confutato la sua stessa teoria. Non è così, rispose Hobbes: aveva dato un’elemosina per il piacere di vedere il poveretto felice”. L’indicazione: “Solo una piccola percentuale del mais prodotto per uso alimentare è destinata all’uomo. La maggior parte serve a riempire le pance degli animali, ed è qui che sono da ricercare le principali cause dell’attuale crisi alimentare… Non è vero che il mondo è a corto di cibo. Il problema è che noi cittadini dei paesi sviluppati, abbiamo trovato il modo di consumare una quantità di alimenti quattro o cinque volte superiore a quella che consumeremmo se mangiassimo direttamente quanto coltiviamo”. Modesta proposta: “Il vegetarianismo di massa”. Diavolo di un Singer…
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