DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

È vero: la Chiesa è capace di «ingerenza». Cile-Argentina, 25 anni dopo

di Luigi Geninazzi
Tratto da Avvenire del 29 novembre 2009

Fu un chiaro intervento 'politico', vo­luto decisamente da Papa Wojtyla e portato avanti con puntiglio dalla diplo­mazia vaticana.

Venticinque anni fa l’o­pera di mediazione della Santa Sede riu­scì a scongiurare un conflitto incomben­te tra Cile ed Argentina che si contende­vano il possesso del canale di Beagle, al­l’estremità meridionale del continente la­tino- americano. Una vertenza secolare, riesplosa tra l’ultimo scorcio degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta sul­l’onda del virulento nazionalismo fomen­tato dalle dittature militari dei due Paesi. C’era un clima esagitato nel Cono Sud do­ve nel 1982 sarebbe scoppiata la guerra delle Falkland-Malvinas tra la Gran Bre­tagna della signora Thatcher e l’Argenti­na del generale Videla, mentre il Cile di Pinochet tifava apertamente per gli in­glesi. A Buenos Aires e a Santiago si mo­bilitavano gli eserciti. Lo scontro armato sembrava inevitabile. Fu evitato grazie al coraggio di Giovanni Paolo II che volle in­tromettersi nella faccenda e inviò nelle due capitali un suo emissario, nonostan­te il rischio di un clamoroso fallimento. Dopo cinque anni di serrate trattative la difficile media­zione della Santa Sede fu coronata da successo ed il 29 novembre del 1984 l’Argentina, nel frattempo tornata alla democrazia, ed il Cile, con Pino­chet ancora al po­tere, firmavano u­no storico accordo di pace.

L’anniversario è stato celebrato ieri in Vaticano dalle due presidentesse Bachelet e Kirchner alla pre­senza di Benedetto XVI che ha ricordato «l’instancabile lavoro» a favore della pace condotto da Giovanni Paolo II. E certa­mente, se il suo intervento non cadde nel vuoto fu perché seppe risvegliare quella comune vocazione di fraternità e di ami­cizia tra due popoli di tradizione cattoli­ca. Fu un grande esempio di come il dia­logo paziente e la volontà sincera di pace possono averla vinta sulla tentazione di ricorrere alla forza. Da quel giorno i rap­porti tra Cile ed Argentina sono costante­mente migliorati e oggi sono sfociati in u­na collaborazione strategica di grande va­lore per tutta l’America Latina.

È un fatto che riempie di legittimo orgo­glio quei Paesi. E dovrebbe far riflettere noi europei. L’intervento di Papa Wojty­la nella contesa per il canale di Beagle s’i­spirava allo stesso principio enunciato da Pio XII nel 1939: «Nulla si perde con la pace, tutto può andare perduto con la guerra». Ma, come sappiamo, non venne ascoltato. Anzi fu deriso e minacciato in nome di ideologie follemente totalitarie e radicalmente anti-cristiane. La vecchia Europa tradiva le propri origini e s’avvia­va alla catastrofe. È risalita dall’abisso do­ve giacciono decine di milioni di morti ed è rinata nella pace e nella prosperità. Si è data perfino una bandiera con 12 stel­le che richiamano la simbologia maria­na. Ma ancora oggi l’Unione Europea non intende riconoscere le proprie radici cri­stiane, mentre una recente sentenza di una Corte che fa capo al Consiglio d’Eu­ropa vorrebbe bandire il crocifisso dai luoghi pubblici. E da più parti non si per­de occasione d’accusare la Chiesa di vo­lersi intromettere nella vita dei popoli e degli Stati.

Già, nella nostra vecchia Europa una 'in­gerenza' così sfacciata come quella com­piuta da Papa Wojtyla in America Latina a­vrebbe fatto gridare allo scandalo. Ma, va­le la pena ripeterlo: la Santa Sede riuscì a evitare una guerra. Fu la prima concreta affermazione di quella «ingerenza uma­nitaria» che Giovanni Paolo II avrebbe poi rivendicato apertamente in tante altre si­tuazioni di conflitto. È per questo che «il Papa della libertà» è stato anche il Papa che si è battuto instancabilmente per la giustizia e per la pace, sfidando piccoli dit­tatori e grandi leader mondiali.