DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Caffarra merita un premio per aver ricordato (anche ai cattolici) che esistono leggi ingiuste. Gnocchi e Palmaro


Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna,
meriterebbe un premio per averci ricordato
– a tutti, cattolici e no, atei devoti
e laici arrabbiati – una cosa che sembrava
ormai ignota ai più: e cioè che le “leggi ingiuste”
esistono ancora. Nella sua lettera
sulla proposta di legge della regione Emilia
per l’equiparazione della famiglia alle
coppie di fatto, l’arcivescovo di Bologna
l’ha detta così cattolica, ma così cattolica,
che il succo del suo discorso è andato perso.
I commentatori si sono smarriti nei dettagli
e non hanno percepito il principio generale.
Volendo usare in modo un po’ sbilenco
un detto evangelico, hanno visto la
pagliuzza ma non la trave, che sta in coda
alla lettera: “Onorevoli signori, come cittadino,
cristiano e vescovo, rispetto la vostra
autorità […] ma con la stessa forza e convinzione
vi dico che vi possono essere leggi
gravemente ingiuste, come sarebbe questo
comma se venisse approvato, che non
meritano di essere rispettate […]. Vi chie-
Psicoanalizzando quelli del No B day, si scopre che l’accusa è spesso un’autoaccusa
rare di iniziative per i poveri e di eventi di
beneficenza. Eminenza, non è l’attenzione
agli ultimi e il senso della solidarietà che
mancano. Semmai ciò di cui si sente la
mancanza è una presenza piena di ragioni,
di metodo e di speranza cristiana. Sentiamo
il generico richiamo a Cristo, ma
non lo vediamo affermato in una proposta
puntuale, che irradi intelligenza, conoscenza,
fascino, e, perché no, potenza vitale.
Che ne è delle chiese e degli oratori ambrosiani
dove una volta la gioventù incontrava
il prete che lo trascinava in un’avventura
esistenziale, piena di ragioni e di
vita? Oggi gli oratori vengono dati in affitto
ai club calcistici e al posto dei biliardini
degli anni sessanta offrono party umanitari
e discoteche allo scopo di attirare
una certa “clientela”. Oggi i catechismi
vengono spalmati per anni e anni, e sacramenti
come la cresima vengono rinviati
perché, pensano i preti, così almeno si riuscirà
a tenere i ragazzini un po’ più impegnati
e a trattenere più giovani in chiesa.
Il risultato naturalmente contraddice i
programmi: ragazzini e giovani se ne vanno
anche a costo di perdere la confermaantemurali
di tutte le libertà?
La fortuna e l’originalità del cristianesimo
è che, a differenza dei musulmani, cristiani
non si nasce, cristiani si diventa. Si
diventa con il Battesimo e si sceglie di rimanere
cristiani con un atto di libertà e di
ragione. Da un certo punto di vista dovremmo
riconoscere che nella secolarizzazione
e nella globalizzazione c’è un processo
che aiuta il cristianesimo. Quando
tutte le identità e le tradizioni crollano
sotto il vento della morte di Dio e della società
liquida, il Cristo emerge con la sua
pretesa che “nemmeno un capello del tuo
capo andrà perduto”. Ma come è colta
questa opportunità? Quali pastorali sono
fondate non tanto sulla consolazione all’ombra
dei più “poverini” quanto piuttosto
sull’offensiva fondata su Colui che dice
di sé: “Non sono venuto a portare pace,
ma una spada”?
L’omelia di Natale
Di solidarietà e sobrietà, Eminenza carissima,
lei parlò all’omelia di Natale dello
scorso anno, ci tornò sopra in una prima
serata di primavera televisiva in cui fu
ospite di Fabio Fazio e infine ne ha parlazione
e tutti gli altri sacramenti.
Ma esiste una valutazione serena di tutto
ciò? Cosa ne è della fede, della speranza
e della carità vissuti dentro un orizzonte
non genericamente umanitario e moraleggiante?
Oggi si deve andare nei grandi
santuari per ritrovare quel popolino minuto
e semplice che è stato il cuore pulsante
del cristianesimo lumbard. Vai alla Madonna
di Caravaggio e ogni domenica troverai
come parte cospicua dei fedeli qualche
vecchio agricoltore benestante e una
marea di filippini che fanno pic nic e vi
trascorrono l’intera giornata. Il vecchio capo
della comunità cinese a Milano ha voluto
farsi tumulare nel cimitero Monumentale.
Ma quali presenze cattoliche si
stanno muovendo per portare la buona novella
a chinatown? Si parla dell’immigrazione
e, giustamente, si concentrano attenzioni
e ansie nella questione islamica. Ma
che senso pastorale c’è nell’affrontare il
problema islam con gli appelli al dialogo
interreligioso, gli incontri con imam che si
fanno competizione interna e sono sul libro
paga dei diversi stati mediorientali, la
ripetizione dell’ovvio principio che la libertà
di coscienza e di religione sono gli
to di nuovo nella sua predica di Sant’Ambrogio.
Lei ripete che “la comunità cristiana
può e deve diventare molto più sobria”.
Che “c’è uno stile di vita costruito sul consumismo
che tutti siamo invitati a cambiare
per tornare a una santa sobrietà”. Che
“con la sobrietà è in questione un ‘ritornare’”
perché “ci siamo lasciati andare a una
cultura dell’eccesso, dell’esagerazione” e
“soprattutto la sobrietà è questione di ‘giustizia’,
siamo in un mondo dove c’è chi ha
troppo e chi troppo poco e…”. Uffa. Ma
quanto ancora sentiremo la volgarizzazione
delle tesi di Erich Fromm, delle confetture
di Medici senza frontiere, delle denunce
antimafia contro i pericoli delle infiltrazioni
per qualunque cantiere aperto
per modernizzare la città e dare lavoro alla
gente?
Piuttosto, qualche anno fa, per iniziativa
della Curia di Milano venne promossa
in tutta la diocesi una ricerca sullo stato di
salute della fede praticante. Anche il sottoscritto,
come tutti i frequentatori delle
messe festive, fu chiamato a esprimersi su
una batteria di domande che indagavano
sulla pratica religiosa. Come mai a distanza
di oltre un lustro i risultati di quella inchiesta
non sono ancora stati noti? La sensazione
diffusa è che nella più grande diocesi
del mondo il tasso di disaffezione al
precetto festivo e a tutti gli altri sacramenti
abbia raggiunto percentuali da paesi del
nord Europa. Forse la diocesi di Milano
non sarà un “cimitero”, come dicono le
statistiche sul cristianesimo in Belgio o in
Olanda. Ma tutto lascia supporre che la
strada imboccata è quella di una pace senza
vita. Senza contare che in quel ramo del
lago di Como che volge a mezzogiorno, la
mezzaluna di Maometto ha preso stabile
dimora. Ma se Muhammad è il nome più
diffuso tra i neonati di Milano (notizia Apcom
del 31 maggio 2008), Eminenza, non
sarebbe forse anche l’ora di consigliare ai
milanesi di essere meno sobri nel controllo
delle nascite e più appassionatamente
sostenitori di persone come Paola Bonzi?
Forza, Eminenza carissima, non si faccia
rinchiudere nel capitolo della teologia
moralista, civilista e borrelliana. Lei sa,
meglio di noi pecorelle erranti e sghimbesce,
che il cristianesimo esige coraggio, testimonianza
e profezia, innanzitutto dai
suoi Pastori.
Luigi Amicone
(segue dalla prima pagina) Eminenza, lo sappiamo,
lo viviamo male, ma non possiamo
sfuggire alla verità che il cattolicesimo è,
per definizione, “annuncio a tutte le genti”,
ecumenico, universale, slegato da ogni
provenienza di razza, censo, cultura e religione.
Ma allora perché stiamo diventando
cattivi cattolici? Perché il popolo non
ha quasi più sentore dell’esistenza di una
chiesa locale? Perché le Sue parole suscitano
discussione quasi esclusivamente
politica e vengono largamente ignorate
dall’uomo della strada? Milano, la più
grande diocesi del mondo, sembra subire
silenziosamente il destino di un declino e
di una protestantizzazione del cristianesimo.
Quest’anno, dopo non so quanti anni,
Milano ospiterà un grande presepe in
piazza del Duomo. Ma l’iniziativa proviene
dalle istituzioni laiche, dal comune,
non dalla Curia. Grazie all’iniziativa delle
Ferrovie dello Stato la Caritas ritroverà
le sue sedi nelle stazioni e nuove risorse
arriveranno per accogliere e sfamare gli
ultimi, gli sbandati, i barboni. Grazie all’opera
di un’infinità di benemerite associazioni
(anche vip e consumistiche) il Natale
conoscerà ancora una volta un prolife-
Eminenza, perché il popolo non ha quasi più sentore dell’esistenza di una chiesa locale?
do di accogliere questo appello, di riflettere
seriamente prima di prendere una decisione
che potrebbe a lungo termine risultare
devastante per la nostra regione. Dio
vi giudicherà, anche chi non crede alla sua
esistenza, se date a Cesare ciò che è di Dio
stesso”.
Dunque le leggi ingiuste esistono, e in
quanto tali non hanno il requisito della
giuridicità: la legge ingiusta non è una vera
legge ed è per questo motivo che, come
scrive con lucidità e coraggio il cardinale,
“non merita di essere rispettata”. Lo insegna
Tommaso d’Aquino, ma prima di lui
lo intuiva una tradizione squisitamente
pagana, che va dall’Antigone di Sofocle,
passa per Socrate e arriva a Cicerone, a
Seneca, a Ulpiano: un comando dell’autorità
è una vera legge se e solo se è conforme
secondo ragione al diritto naturale,
cioè a verità e giustizia. Dunque la proposta
di legge regionale dell’Emilia Romagna
do di accogliere questo appello, di riflettere
seriamente prima di prendere una decisione
che potrebbe a lungo termine risultare
devastante per la nostra regione. Dio
vi giudicherà, anche chi non crede alla sua
esistenza, se date a Cesare ciò che è di Dio
stesso”.
Dunque le leggi ingiuste esistono, e in
quanto tali non hanno il requisito della
giuridicità: la legge ingiusta non è una vera
legge ed è per questo motivo che, come
scrive con lucidità e coraggio il cardinale,
“non merita di essere rispettata”. Lo insegna
Tommaso d’Aquino, ma prima di lui
lo intuiva una tradizione squisitamente
pagana, che va dall’Antigone di Sofocle,
passa per Socrate e arriva a Cicerone, a
Seneca, a Ulpiano: un comando dell’autorità
è una vera legge se e solo se è conforme
secondo ragione al diritto naturale,
cioè a verità e giustizia. Dunque la proposta
di legge regionale dell’Emilia Romagna
“sazia e disperatissima” (cardinale
perfezione” (le famose leggi imperfette, di
cui la legge 40 sulla Fivet e la legge 194
sull’aborto sarebbero due emblematici
esemplari) e del consenso. Lo smarrimento
di tanti cattolici nasce anche dal fatto
che, tolta di mezzo la legge naturale, l’unico
criterio per definire la “giustezza” delle
leggi diventa la volontà numerica della
maggioranza. Per avere una prova di questa
valenza definitiva e muscolare della
maggioranza basta leggere Pierluigi Battista
in una lettera al Foglio di venerdì 4.
Battista si difende dall’accusa di essere
un illuminato sovvertitore della volontà
popolare per il semplice e legittimo fatto
di criticare il risultato del referendum
svizzero sui minareti. E lo fa con buon gioco
dicendo: “Anche sull’aborto il Popolo
Sovrano deliberò a stragrande maggioranza
(68 per cento contro 32, un plebiscito),
per la sua depenalizzazione. L’apocalittica
batosta avrebbe dovuto in quanto tale
imbavagliare per sempre gli sconfitti al
Biffi dixit) è ingiusta non perché lo dica il
pur autorevole cardinale Caffarra; ma il
cardinale Caffarra è “costretto” a definirla
tale perché le cose stanno proprio così.
La legge ingiusta è un sopruso legalizzato,
è un arbitrio che trasforma fittiziamente
la voluntas del principe in decreto
obbligante. Ma per gli artefici di questo
sopruso ci sarà un redde rationem: Frate
Cristoforo lo fece capire a modo suo all’arrogante
Don Rodrigo: “Verrà un giorno…”
Il cardinale Caffarra ne rinnova il
gesto ammonitore rivolgendo ai politici
emiliani parole che ci commuovono: “Dio
vi giudicherà, anche chi non crede alla
sua esistenza, se date a Cesare ciò che è di
Dio stesso”. Il problema – diciamocelo – è
che la “lezione” di Caffarra irrompe in
uno scenario, anche interno al mondo cattolico,
ormai abituato a fare allegramente
a meno della categoria delle “leggi ingiuste”,
soppiantata dall’abitudine a misurare
le norme secondo il criterio della “imreferendum?”.
Come dargli torto? Gli
sconfitti al referendum hanno pieno titolo
di battagliare contro la legge sull’aborto
poiché il carisma della maggioranza
non corrisponde necessariamente a quello
della verità. E tralasciamo di scrivere
“Verità” con la “V” maiuscola perché
questo concetto non appartiene in esclusiva
al cattolicesimo, ma alla natura umana.
Antigone che si ribella in nome della
morale religiosa alla legge di Creonte che
impedisce di seppellire i morti è solo un
luminoso esempio.
Il legislatore bulimico
Non è la maggioranza a stabilire cosa
sia giusto e cosa sia sbagliato, ma l’ha stabilito,
una volta per tutte e secondo criteri
non arbitrari e di incontrovertibile ragionevolezza,
il Creatore dell’universo.
Evitando, tra l’altro, che il legislatore bulimico
in fatto di consenso popolare finisca
per trasformare il diritto in arbitrio, la
legge in dominio del più forte.
Questo, imitando il cardinale Caffarra,
dovrebbero dire i cattolici: come facevano
senza tanti problemi ieri. Invece, come ha
scritto Giuliano Ferrara in un editoriale a
proposito dell’evoluzionismo, gli stessi cattolici
finiscono per giocare al ribasso del
politicamente e teologicamente corretto.
Dimenticando che i criteri dell’agire umano
sono stabiliti da Dio; e non dal popolo,
da un governo, da un re o da un presidente
(ma questo Ferrara non l’ha scritto).
Guai a noi se – come cattolici o come uomini
di buona volontà – volessimo scendere
a compromessi con “la legge migliore
possibile”. Faremmo molta fatica a spiegarlo
ai martiri che, pur essendo cittadini
romani irreprensibili, venivano dati in pasto
ai leoni perché si rifiutavano di rispettare
la legge ingiusta che imponeva di bruciare
un granello di incenso davanti all’imperatore.

Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro

Il Foglio 8 dic. 2009