FRANCESCO BOTTURI S ono contento di aver collaborato all’evento «Dio oggi. Con Lui e senza di Lui cambia tutto» a cura del Comitato per il Progetto culturale della Cei, e ancor più di avervi partecipato a pari titolo delle molte centinaia di persone che hanno affollato l’Auditorium di via della Conciliazione, portando il contributo della loro aspettativa e della loro attenzione, segno di un impegno personale di interesse che non può non colpire. Mi è sembrato che l’intenzione di creare un 'evento' abbia avuto successo, non nel senso effimero quantitativo e spettacolare, ma in quello sostanziale di un incontro allargato in cui si condivide qualcosa di importante e di coinvolgente. Così è stato per una grande assemblea in cui si realizzava anche un incontro molto significativo di generazioni, di ceti culturali, di appartenenze non solo ecclesiali. La domanda su Dio non è affatto morta. I progressi economici e tecno-scientifici non cancellano la memoria del senso; anzi, le sempre maggiori incertezze che accompagnano le loro sicurezze fanno sentire che gli orizzonti della vita e del desiderio umano sono ben più ampi ed esigenti. Ciò che spinge di nuovo verso la questione di Dio non credo che sia oggi il riverbero della crisi delle ideologie o la stanchezza della secolarizzazione, che avendo ormai secolarizzato tutto non ha più nulla da aggiungere; bensì il riemergere della elementare percezione che non si può vivere la vita umana senza una qualche visione dell’esistenza come un tutto e della propria esperienza come qualcosa di unitario. Non per caso l’interesse estetico, nei suoi molti modi e livelli, è comunque e diffusamente presente oggi nel vissuto condiviso: l’esperienza del bello evoca di per sé un senso di unità vivente e di appartenenza complessiva. Certamente, tutto ciò è solo in modo anonimo pensiero di Dio e domanda di Dio, ma è tuttavia segno di un memoria e di una nostalgia che trapassano le mura fortificate del vivere nelle cose e delle cose, e premessa per una nuova sensibilità. L’idea della totalità, infatti, porta con sé l’inesorabile domanda se ciò di cui si vive sia a misura dell’esigenza di unità che l’esistere porta in sé e se la vita che si vive risponda al senso di perfezione che l’esperienza del bello attesta. Si comprende, all’opposto, come il nichilismo quotidiano in cui siamo immersi usi della strategia di far vivere nel particolare dello stato emotivo senza profondità, nella scomposizione dei tanti interessi, nell’autoreferenzialità narcisistica dell’immediato; insomma abbia bisogno di un’esistenza gestita nell’assenza di stupore e di interrogazione. «Dio oggi» è stato il contenuto di un evento, perché ha aperto uno spazio di attenzione e di domanda sull’orizzonte globale di senso entro cui l’esistenza umana fa il suo corso, mostrando con abbondanza di testimonianze e di esempi che tutto ciò non è solo oggetto di un sentire profondo, ma è anche oggetto possibile di un lavoro intellettuale e culturale ricco di tradizione, di argomenti, di prospettive. Che il cardinal Ruini abbia riproposto una riflessione sulle prove razionali dell’esistenza di Dio, che il professor Spaemann abbia argomentato sulla ragionevolezza della fede in Dio, che il cardinal Scola abbia discusso il senso antropologico della ritornante questione di Dio dopo il travaglio della secolarizzazione moderna ha testimoniato che esiste un livello del domandare umano che è una sorgente viva, feconda, dialettica, inesauribile di itinerari di pensiero e di forme di cultura. E che tutto ciò è allo stesso tempo proposta di esercizio personale di razionalità e via della fede nel Dio che, incarnandosi, ha dato nuovo senso alla totalità dell’esistenza. |
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