CITTA' DEL VATICANO, giovedì, 17 dicembre 2009 (ZENIT.org).- In assenza di prove dello “sperato pentimento” che gli avrebbe permesso di tornare alla piena comunione con il Papa, Emmanuel Milingo è stato dimesso dallo stato clericale.
Lo rivela un comunicato diffuso questo giovedì dalla Sala Stampa della Santa Sede relativo alla situazione di Milingo, Arcivescovo emerito di Lusaka (Zambia).
Il testo vaticano spiega che “da diversi anni la Chiesa segue con particolare sofferenza gli sviluppi legati agli incresciosi comportamenti” dell'ex presule, e che “numerosi sono stati i tentativi intrapresi” per riportarlo alla comunione con la Chiesa Cattolica, “cercando anche forme adeguate per consentirgli di esercitare il ministero episcopale”.
In questi sforzi, c'è stato “un coinvolgimento diretto da parte dei Sommi Pontefici Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che personalmente e con spirito di paterna sollecitudine seguivano il Sig. Milingo”.
La “triste vicenda” di quest'ultimo si era già compromessa nel 2001, quando “si era trovato nella condizione di irregolarità a seguito dell'attentato matrimonio con la Signora Maria Sung, incorrendo nella pena medicinale di sospensione”.
“Successivamente si era posto a capo di alcune correnti per l'abolizione del celibato sacerdotale e non mancava di moltiplicare i suoi interventi nei mezzi di comunicazione sociale, in aperta ribellione ai ripetuti interventi della Santa Sede e creando grave sconcerto e scandalo nei fedeli”.
In particolare, il 24 settembre 2006 ha ordinato a Washington quattro Vescovi senza mandato pontificio. Il 26 settembre dello stesso anno è dunque incorso nella pena della scomunica latae sententiae, che rimane in vigore.
“Purtroppo il predetto Sig. Milingo non ha dato prove dello sperato pentimento in vista del ritorno alla piena comunione con il Sommo Pontefice e con i membri del Collegio episcopale, ma ha continuato nell'esercizio illegittimo degli atti dell'ufficio episcopale, attentando nuovi delitti contro l'unità della santa Chiesa”, soprattutto procedendo nei mesi scorsi ad “alcune nuove ordinazioni episcopali”.
Questi “gravi delitti”, spiega la nota, “hanno costretto la Sede Apostolica ad aggiungergli l'ulteriore pena della dimissione dallo stato clericale”.
Le conseguenze di questa decisione sono “la perdita dei diritti e dei doveri connessi allo stato clericale, eccetto l'obbligo del celibato; la proibizione dell'esercizio del ministero, salvo il disposto del can. 976 del Codice di Diritto Canonico per i casi di pericolo di morte; la privazione di tutti gli uffici, di tutti gli incarichi e di qualsiasi potestà delegata, nonché il divieto di utilizzare l'abito ecclesiastico”.
Risulta quindi illegittima la partecipazione dei fedeli ad eventuali nuove celebrazioni promosse da Milingo.
La nota vaticana sottolinea che “la dimissione dallo stato clericale di un Vescovo è un fatto del tutto eccezionale, a cui la Santa Sede si è vista costretta per la gravità delle conseguenze che derivavano per la comunione ecclesiale dal susseguirsi di ordinazioni episcopali senza mandato pontificio”.
“La Chiesa conserva tuttavia la speranza nel suo ravvedimento”, rivela il testo.
Allo stesso modo, si spera nella “conversione” di quanti hanno ricevuto la consacrazione episcopale senza mandato pontificio da Milingo, che sono incorsi nella pena della scomunica latae sententiae.
La Chiesa “non riconosce e non intende riconoscere nel futuro tali ordinazioni e tutte le ordinazioni da esse derivate e pertanto lo stato canonico dei presunti Vescovi resta quello in cui si trovavano prima dell'ordinazione conferita”, dichiara il comunicato.
“In quest'ora segnata da un profondo dolore della Comunità ecclesiale per i gravi gesti compiuti dal Sig. Milingo – termina –, si affida alla forza della preghiera il ravvedimento del colpevole e quello di quanti - Sacerdoti o fedeli laici - hanno in qualche modo collaborato con lui nel porre atti contro l'unità della Chiesa di Cristo”.