DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Il Papa supera il nostro moralismo. Un tempo l’idea di peccato avrebbe fatto sorridere

Un tempo l’idea di peccato avrebbe fatto sorridere alcuni come di fronte a un retaggio del passato. Ma oggi è diverso. Nell’epoca del permissivismo privato che in pubblico si trasforma in caccia alle streghe assetata di processi – istituzionali, popolari o mediatici che siano – ci si accorge che la questione del male è una cosa seria. Se ne sono accorti anche i giornali, cogliendo le parole pronunciate da Benedetto XVI nel discorso dell’Immacolata dell’8 dicembre, al centro del quale il Papa ha posto la frase di san Paolo: «Dove abbondò il peccato, sovrabbondò la grazia». Secondo il concetto cristiano di peccato, il male non è solo la trasgressione di una regola, ma va inteso all’interno del rapporto con Dio: esso è una mancanza d’amore da parte dell’uomo. Il moralismo contemporaneo – muovendosi in un’ottica solo orizzontale – ha ridotto il male alla trasgressione di princìpi, facendo del rispetto delle regole l’ultimo di-
scrimine tra il bene e il male. Per i cristiani, invece, dall’altra parte non c’è un tribunale (più o meno pubblico) a giudicare, ma un Dio che ama ed è pronto a dare redenzione. È ciò che dà forza a papa Ratzinger per guardare sempre in faccia i problemi senza timore, come è successo anche nei giorni scorsi di fronte al Rapporto sugli abusi sessuali da parte di sacerdoti in Irlanda. Chiamare il male peccato è la strada che Benedetto XVI indica per uscire dalle insoddisfazioni del moralismo che si dimena tra puniti e condanne: intenderlo come mancanza d’amore, significa essere consapevoli di ciò che lo potrà sanare veramente.

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