di Andrea Tornielli
Benedetto XVI minimizza la spinta e la caduta in San Pietro. E subito dopo la funzione si è intrattenuto a benedire i bambini
Roma «Il Papa o si difende da solo, o non lo può difendere nessuno». Se le sono ricordate in molti le parole che era solito dire lo scomparso cardinale Dino Monduzzi, Prefetto della Casa Pontificia durante il regno di Wojtyla, dopo che giovedì sera, mentre entrava in San Pietro, Benedetto XVI è stato fatto cadere da una giovane donna che voleva abbracciarlo.
C’erano milioni di persone collegate in mondovisione per la messa della notte di Natale che quest’anno, per la prima volta, veniva celebrata alle 22 invece che a mezzanotte, per non affaticare troppo il Pontefice. Il coro della Cappella Sistina stava intonando il canto d’ingresso, Ratzinger rivestito dei paramenti bianchi e dorati aveva appena imboccato il corridoio della navata centrale, preceduto dai cardinali concelebranti, quando Susanna Maiolo, 25 anni, residente in Svizzera ma con cittadinanza anche italiana, una giovane mingherlina che indossava una giacca rossa, con un balzo ha oltrepassato la transenna e si è avvicinata al Papa. Il capo dei gendarmi vaticani, Domenico Giani, si è prontamente gettato su di lei, placcandola, ma la donna nel cadere si è aggrappata – o impigliata – nel pallio papale, la piccola stola ornata di croci rosse che cinge le spalle del Pontefice, e l’ha trascinato giù. Benedetto XVI, che stava avanzando appoggiandosi alla croce pastorale, si è accasciato in avanti ed è andato a terra. Ma non si è fatto nulla. Nel parapiglia che ne è seguito, forse sfiorato inavvertitamente da qualcuno di coloro che sono accorsi per aiutare il Papa, ha perso l’equilibrio ed è caduto anche il porporato francese Roger Etchegaray, 87 anni, vice-decano del collegio cardinalizio, che precedeva di poco il Pontefice. Etchegaray si è fratturato il femore, è ricoverato al Gemelli e oggi sarà sottoposto a un intervento chirurgico per la ricomposizione della frattura.
Il Papa, rialzatosi, dopo un attimo di comprensibile smarrimento, non ha voluto interrompere la celebrazione. Non ha voluto sedersi per riprendersi dallo spavento, dipinto più nel volto dei collaboratori che nel suo. Ha minimizzato l’accaduto, si è fatto sistemare nuovamente sul capo la mitra episcopale, e ha ripreso sorridente la processione, celebrando per quasi due ore la liturgia della notte natalizia. Nell’omelia ha invitato i fedeli ad essere svegli, «vigilanti» come i pastori accorsi alla grotta di Betlemme, per uscire dal «minuscolo mondo» dei «propri interessi e desideri» avviandosi verso Dio «per lasciarlo entrare nella nostra vita e nel nostro tempo». E al termine della messa, ripercorrendo la navata centrale, ha voluto come al solito accostarsi alle transenne per benedire i bambini, prima di recarsi per una breve preghiera dinnanzi al presepe allestito dentro la basilica.
Il servizio di vigilanza ha funzionato, ma il Papa è un pastore, un vescovo, prima che un capo di Stato, e non sarà mai possibile evitare il contatto con la gente né controllare tutti coloro che gli si avvicinano. Non è possibile blindarlo, non avrebbe senso per un Papa e nessun Papa lo accetterebbe.
Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha rassicurato sulle condizioni di Ratzinger, che non ha riportato conseguenze e la mattina dopo si è affacciato per il messaggio Urbi et orbi. Susanna Maiolo è stata invece fermata: chi l’ha vista poco dopo il suo gesto inconsulto, la descrive come una ragazza impaurita: «Non volevo fare male al Papa, volevo solo salutarlo...», ha ripetuto. Ora, dopo un iniziale ricovero all’ospedale Santo Spirito di Roma, si trova presso un centro di salute mentale a Subiaco, dove è sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio. Non è la prima volta che la donna tenta di avvicinare il Pontefice. Fece lo stesso un anno fa, proprio alla stessa messa natalizia, ed era vestita in modo identico, ma in quella occasione il capo dei gendarmi la bloccò prima che raggiungesse Benedetto XVI. Sull’episodio indaga la magistratura d’Oltretevere. Già un anno fa, la Maiolo era stata interrogata in Vaticano e si era presentata accompagnata dalla sorella.
C’erano milioni di persone collegate in mondovisione per la messa della notte di Natale che quest’anno, per la prima volta, veniva celebrata alle 22 invece che a mezzanotte, per non affaticare troppo il Pontefice. Il coro della Cappella Sistina stava intonando il canto d’ingresso, Ratzinger rivestito dei paramenti bianchi e dorati aveva appena imboccato il corridoio della navata centrale, preceduto dai cardinali concelebranti, quando Susanna Maiolo, 25 anni, residente in Svizzera ma con cittadinanza anche italiana, una giovane mingherlina che indossava una giacca rossa, con un balzo ha oltrepassato la transenna e si è avvicinata al Papa. Il capo dei gendarmi vaticani, Domenico Giani, si è prontamente gettato su di lei, placcandola, ma la donna nel cadere si è aggrappata – o impigliata – nel pallio papale, la piccola stola ornata di croci rosse che cinge le spalle del Pontefice, e l’ha trascinato giù. Benedetto XVI, che stava avanzando appoggiandosi alla croce pastorale, si è accasciato in avanti ed è andato a terra. Ma non si è fatto nulla. Nel parapiglia che ne è seguito, forse sfiorato inavvertitamente da qualcuno di coloro che sono accorsi per aiutare il Papa, ha perso l’equilibrio ed è caduto anche il porporato francese Roger Etchegaray, 87 anni, vice-decano del collegio cardinalizio, che precedeva di poco il Pontefice. Etchegaray si è fratturato il femore, è ricoverato al Gemelli e oggi sarà sottoposto a un intervento chirurgico per la ricomposizione della frattura.
Il Papa, rialzatosi, dopo un attimo di comprensibile smarrimento, non ha voluto interrompere la celebrazione. Non ha voluto sedersi per riprendersi dallo spavento, dipinto più nel volto dei collaboratori che nel suo. Ha minimizzato l’accaduto, si è fatto sistemare nuovamente sul capo la mitra episcopale, e ha ripreso sorridente la processione, celebrando per quasi due ore la liturgia della notte natalizia. Nell’omelia ha invitato i fedeli ad essere svegli, «vigilanti» come i pastori accorsi alla grotta di Betlemme, per uscire dal «minuscolo mondo» dei «propri interessi e desideri» avviandosi verso Dio «per lasciarlo entrare nella nostra vita e nel nostro tempo». E al termine della messa, ripercorrendo la navata centrale, ha voluto come al solito accostarsi alle transenne per benedire i bambini, prima di recarsi per una breve preghiera dinnanzi al presepe allestito dentro la basilica.
Il servizio di vigilanza ha funzionato, ma il Papa è un pastore, un vescovo, prima che un capo di Stato, e non sarà mai possibile evitare il contatto con la gente né controllare tutti coloro che gli si avvicinano. Non è possibile blindarlo, non avrebbe senso per un Papa e nessun Papa lo accetterebbe.
Il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha rassicurato sulle condizioni di Ratzinger, che non ha riportato conseguenze e la mattina dopo si è affacciato per il messaggio Urbi et orbi. Susanna Maiolo è stata invece fermata: chi l’ha vista poco dopo il suo gesto inconsulto, la descrive come una ragazza impaurita: «Non volevo fare male al Papa, volevo solo salutarlo...», ha ripetuto. Ora, dopo un iniziale ricovero all’ospedale Santo Spirito di Roma, si trova presso un centro di salute mentale a Subiaco, dove è sottoposta a trattamento sanitario obbligatorio. Non è la prima volta che la donna tenta di avvicinare il Pontefice. Fece lo stesso un anno fa, proprio alla stessa messa natalizia, ed era vestita in modo identico, ma in quella occasione il capo dei gendarmi la bloccò prima che raggiungesse Benedetto XVI. Sull’episodio indaga la magistratura d’Oltretevere. Già un anno fa, la Maiolo era stata interrogata in Vaticano e si era presentata accompagnata dalla sorella.
Paura in Vaticano, un’auto sfondò i blocchi
di Andrea Tornielli
Un mese fa un giovane squilibrato ha superato a tutta velocità due sbarramenti appena terminati i vespri papali rischiando di investire un prete. Pochi giorni dopo a Roma spari su una vettura della Santa Sede
RomaUn mese fa un’automobile guidata da un giovane squilibrato è entrata a tutta velocità in Vaticano e dopo aver superato due sbarramenti ha rischiato di travolgere un prete che usciva da San Pietro al termine di una cerimonia papale. Alcuni giorni dopo, una macchina con la targa vaticana, parcheggiata in una via di Roma, è stata raggiunta da alcuni colpi di arma da fuoco. Due episodi slegati tra di loro – nel primo caso si è trattato del raptus inconsulto di un giovane, nel secondo caso, probabilmente, del gesto dimostrativo di qualche balordo – che non hanno neanche lontanamente sfiorato la persona del Pontefice, ma che vengono rievocati in queste ore dopo lo scampato pericolo per Benedetto XVI, trascinato a terra dalla giovane donna svizzera la notte di Natale.
Il primo dei due episodi, confermano al Giornale ambienti investigativi italiani, è avvenuto nel tardo pomeriggio del 28 novembre, vigilia della prima domenica di Avvento. Quel pomeriggio, alle 17, Papa Ratzinger presiedeva nella basilica di San Pietro i primi vespri solenni. La cerimonia si è svolta regolarmente, senza alcun imprevisto. Verso le 18, una Volkswagen Lupo di colore nero si è avvicinata al cancello d’ingresso in Vaticano che si apre in piazza del Sant’Uffizio, alla sinistra del colonnato berniniano guardando la basilica. Lì staziona solitamente anche un’auto civetta della polizia, ma la competenza nel regolare gli accessi è delle due guardie svizzere, che svolgono una prima azione di filtro, e poi della postazione dei gendarmi vaticani, che si trova più avanti, all’interno. Alla guida della Lupo c’era un giovane disadattato. L’auto è entrata a tutta velocità e ha continuato a correre rischiando di travolgere alcune persone che uscivano dalla celebrazione: un sacerdote si è prontamente gettato a terra per evitare di essere investito. Quindi ha superato anche lo sbarramento dei gendarmi per finire poco dopo la sua corsa in Largo Braschi, accanto all’uscita del percorso che porta sulla tomba di Giovanni Paolo II. La Volkswagen si è trovata di fronte un furgone del Centro televisivo vaticano, che l’ha bloccata, mentre un giovane dipendente della floreria vaticana, a bordo di un Apecar, si è affiancato alla Lupo bloccando le portiere e impedendo al conducente di uscire. I gendarmi sono prontamente intervenuti per immobilizzarlo. Si trattava del figlio di un professionista romano, in cura per problemi psichici. I genitori sono venuti a riprenderlo e a porgere le loro scuse alle autorità vaticane per quanto accaduto.
Il secondo episodio, di minore gravità, ma comunque inquietante, si è verificato la sera di mercoledì 9 dicembre, nei pressi di un famoso ristorante romano di via Aurelia antica, dove si stava svolgendo una cena alla quale partecipavano alcuni dirigenti della gendarmeria vaticana. La macchina con cui erano giunti al luogo del ritrovo, una Passat targata Scv (Stato della Città del Vaticano), mentre si trovava parcheggiata nei pressi del ristorante, è stata raggiunta da alcuni colpi di arma da fuoco, senza che nessuno, nel locale, avvertisse nulla. I colpi hanno sfondato il parabrezza posteriore. Sul posto sono intervenuti i carabinieri. L’autore degli spari non è ancora stato individuato: secondo l’ipotesi più accreditata si sarebbe trattato dell’atto dimostrativo di un balordo.
Dopo l’attentato a Giovanni Paolo II del 1981, e soprattutto dopo gli attentati all’America dell’11 settembre 2001, la sicurezza attorno al Pontefice e in Vaticano è stata rafforzata. Chi entra in basilica per le cerimonie papali deve passare attraverso il metal detector, chi si reca nella Città del Vaticano deve lasciare in consegna un documento e i gendarmi vaticani, grazie a consistenti investimenti autorizzati dal Governatorato, sono stati dotati di tecnologie all’avanguardia. Ma per quanti sforzi si facciano, il Papa non potrà mai essere protetto come un presidente Usa, perché il contatto con la gente fa parte della sua missione.
Il primo dei due episodi, confermano al Giornale ambienti investigativi italiani, è avvenuto nel tardo pomeriggio del 28 novembre, vigilia della prima domenica di Avvento. Quel pomeriggio, alle 17, Papa Ratzinger presiedeva nella basilica di San Pietro i primi vespri solenni. La cerimonia si è svolta regolarmente, senza alcun imprevisto. Verso le 18, una Volkswagen Lupo di colore nero si è avvicinata al cancello d’ingresso in Vaticano che si apre in piazza del Sant’Uffizio, alla sinistra del colonnato berniniano guardando la basilica. Lì staziona solitamente anche un’auto civetta della polizia, ma la competenza nel regolare gli accessi è delle due guardie svizzere, che svolgono una prima azione di filtro, e poi della postazione dei gendarmi vaticani, che si trova più avanti, all’interno. Alla guida della Lupo c’era un giovane disadattato. L’auto è entrata a tutta velocità e ha continuato a correre rischiando di travolgere alcune persone che uscivano dalla celebrazione: un sacerdote si è prontamente gettato a terra per evitare di essere investito. Quindi ha superato anche lo sbarramento dei gendarmi per finire poco dopo la sua corsa in Largo Braschi, accanto all’uscita del percorso che porta sulla tomba di Giovanni Paolo II. La Volkswagen si è trovata di fronte un furgone del Centro televisivo vaticano, che l’ha bloccata, mentre un giovane dipendente della floreria vaticana, a bordo di un Apecar, si è affiancato alla Lupo bloccando le portiere e impedendo al conducente di uscire. I gendarmi sono prontamente intervenuti per immobilizzarlo. Si trattava del figlio di un professionista romano, in cura per problemi psichici. I genitori sono venuti a riprenderlo e a porgere le loro scuse alle autorità vaticane per quanto accaduto.
Il secondo episodio, di minore gravità, ma comunque inquietante, si è verificato la sera di mercoledì 9 dicembre, nei pressi di un famoso ristorante romano di via Aurelia antica, dove si stava svolgendo una cena alla quale partecipavano alcuni dirigenti della gendarmeria vaticana. La macchina con cui erano giunti al luogo del ritrovo, una Passat targata Scv (Stato della Città del Vaticano), mentre si trovava parcheggiata nei pressi del ristorante, è stata raggiunta da alcuni colpi di arma da fuoco, senza che nessuno, nel locale, avvertisse nulla. I colpi hanno sfondato il parabrezza posteriore. Sul posto sono intervenuti i carabinieri. L’autore degli spari non è ancora stato individuato: secondo l’ipotesi più accreditata si sarebbe trattato dell’atto dimostrativo di un balordo.
Dopo l’attentato a Giovanni Paolo II del 1981, e soprattutto dopo gli attentati all’America dell’11 settembre 2001, la sicurezza attorno al Pontefice e in Vaticano è stata rafforzata. Chi entra in basilica per le cerimonie papali deve passare attraverso il metal detector, chi si reca nella Città del Vaticano deve lasciare in consegna un documento e i gendarmi vaticani, grazie a consistenti investimenti autorizzati dal Governatorato, sono stati dotati di tecnologie all’avanguardia. Ma per quanti sforzi si facciano, il Papa non potrà mai essere protetto come un presidente Usa, perché il contatto con la gente fa parte della sua missione.
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