DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

QUEL TUFFO AL CUORE E I SOMMESSI SEGNI DI DIO . L'incidente del Papa

MARINA CORRADI
Q
uel gesto che la notte di Natale ha fatto tre­mare, risvegliando la memoria di un’altra lon­tana indimenticata aggressione, si è sciolto in fretta in un sospiro di sollievo: mentre ai medici u­na ragazza psicolabile balbettava che voleva solo «salutare il Papa», Benedetto XVI si era già rialzato e, tranquillo, aveva celebrato la Messa. Mentre le se­quenze dell’accaduto arrivavano negli angoli più re­moti del pianeta, l’onda di angoscia aveva già la­sciato San Pietro. Una donna fragile nella ossessiva idea di abbrac­ciare il Papa ha valicato, insieme alle transenne, quel buon senso per cui tanti, che pure vorrebbe­ro sfiorare il Papa, si limitano a protendere le ma­ni al suo passaggio. Forse la sovrana calma con cui Benedetto XVI, rialzatosi, ha proseguito verso l’al­tare indica anche che istintivamente ha percepito la natura di quel gesto, sconsiderato ma non mi­naccioso.
Chiunque abbia provato a essere in mezzo alla fol­la mentre passa un pontefice sa quanta è la pres­sione, e la spinta di quelli che vorrebbero farsi più avanti, nel desiderio di raccogliere una carezza. Nell’istintivo bisogno degli uomini di toccare colui che rappresenta la propria speranza. Accade ai vi­cari di Cristo qualcosa di ciò che accadeva duemi­la anni fa in Palestina: una gran folla supplicante che segue, stringe, incalza. Un Papa questo lo sa e, come Benedetto, non si sottrae all’assedio. Anzi, per quanto può stringe mani, e accarezza bambi­ni. (E quei bambini non dimenticano. Quanti ro­mani, ai funerali di Giovanni Paolo II, raccontava­no: un giorno, quand’ero piccolo, mi ha fatto una carezza).
E dunque il Papa, mentre i servizi di sicurezza im­pazzivano, tranquillamente ha ripreso a incedere verso l’altare. Ha celebrato, ha pronunciato l’ome­lia, come se niente di così strano fosse poi succes­so. E a chi magari, in basilica o davanti alla tv, at­tendeva un cenno sull’accaduto, ha parlato di al­tro. Di Betlemme, e della Parola – ha detto – «che a Betlemme è accaduta». Del caso straordinario di una Parola che è diventata un bambino, così che an­che i pastori analfabeti potevano vederla e amar­la. (Mentre i Magi, che erano degli intellettuali, han­no dovuto camminare tanto, per arrivare a vedere). Alla folla di fedeli ancora scossa da quel tumulto Be­nedetto XVI ha parlato dunque di tutt’altro: di se­gni. Della necessità di «sviluppare una sensibilità per Dio; per i segnali silenziosi con cui egli vuole guidarci; per i molteplici indizi della sua presen­za ». In un tempo, ha aggiunto, in cui la mentalità e le esperienze tendono a ridurre questa sensibilità, a renderci «privi di orecchio musicale» per Dio.
Stare attenti, vegliare per riconoscere i segni. Più dif­ficile certo nel nostro rumore quotidiano che in u­na cultura contadina dove ogni germoglio, o l’on­da d’oro del grano maturo, era implicito segno di un patto fra creature e Creatore. Difficile per noi, invece, sommersi da voci, messaggi, bombardati da immagini, scorgere Dio: nella faccia dell’altro, nelle semplici cose quotidiane, e, vistosamente, in ciò che è bello, e che per la sua bellezza ci com­muove.
Che è poi la dinamica di quella notte in Palestina. I pastori non accorsero per un comando, o per es­sere buoni, o per una sperata convenienza. Anda­rono in fretta, tesi dietro a una luce splendente; dentro la quale riconobbero, come segno, un bam­bino. Umile segno, ha detto il Papa. Un segno che ha bisogno dell’attenzione del cuore per essere vi­sto. Come un’impronta sul terreno. Chi l’ha lascia­ta? La risposta è nella libertà degli uomini. (Perché è possibile, nelle stesse identiche tracce, non vedere niente).
E dunque in una notte di Natale in cui tutti si era rimasti attoniti a guardare quel salto, quella cadu­ta, quella mischia – nel tuffo al cuore della memo­ria, che andava a un giorno lontano – tranquilla­mente il Papa ha voluto spostare il nostro sguardo da quel fatto eclatante, che tutte le tv ormai ri­mandavano e rimoltiplicavano. Ha indicato i som­messi, minuti segni con cui nella quotidianità Dio si dice, a chi voglia vederlo. Nella antica certezza che «Unum omnia loquuntur», come si legge nella
I­mitazione di Cristo . Tutte le cose gridano, infine, u­na cosa sola.

Avvenire 27 dic. 2009