DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

HAITI, GRUPPI ABORTISTI CERCANO DI SFRUTTARE LA TRAGEDIA

di Susan Yoshihara

Subito dopo il terremoto che ha devastato Haiti la settimana scorsa, International Planned Parenthood Federation (IPPF, la più grande e potente organizzazione abortista al mondo) ha sfruttato la crisi umanitaria per chiedere finanziamenti alle proprie cliniche per l’aborto che ha nel Paese. Allo stesso tempo un gruppo di medici pro-life è arrivato a Port-au-Prince per mettere a disposizione servizi medici di emergenza e assistenza qualificata al parto.
La diversità di risposte alla crisi mettono in rilievo la crescente disputa sugli attuali programmi dell’ONU per ridurre la mortalità materna, che mettono al primo posto il controllo della fertilità. Tale programma ha Haiti come uno dei principali obiettivi, ma malgrado ciò il Paese mantiene uno dei più alti tassi di mortalità materna al mondo.

Carmen Barroso, direttore regionale dell’IPPF, ha giustificato la richiesta di fondi per la sua affiliata di Haiti, Profamil, affermando che “dal 1984 Profamil lavora per migliorare l’assistenza sanitaria sessuale e riproduttiva ad Haiti, spesso fornendo in alcune aree l’unica assistenza sanitaria disponibile”. Ad Haiti l’aborto è legale ma con molte restrizioni. Profamil si vanta di aver distribuito 600mila preservativi in un solo anno, il 2005, e l’IPPF ha premiato l’associazione per aver condotto un’aggressiva campagna contraccettiva nel triennio 2003-2005 durante un periodo di instabilità politica ed economica.
Secondo l’ultimo Rapporto annuale dell’IPPF, la vendita di contraccettivi porta nelle casse dell’organizzazione 25 milioni di dollari l’anno, la seconda maggiore fonte di incasso nell’emisfero occidentale dopo il ticket delle pazienti. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) e il Fondo ONU per la Popolazione (UNFPA) sono fra i maggiori donatori dell’IPPF, e le tre organizzazioni fanno parte di un gruppo costituito all’ONU denominato “Partnership for Maternal, Newborn, and Child Health” (Partenariato per la salute materna, neonatale e infantile), che promuove la pianificazione familiare come priorità per prevenire la mortalità materna.

Gli esperti pro-life alle Nazioni Unite sono fortemente preoccupati perché i funzionari dell’ONU hanno chiaramente affermato che l’approccio alla salute materna basato sul “Prima la pianificazione familiare” include l’aborto, e anche perché contrasta apertamente con un consenso di lunga data della comunità medica per cui il modo più efficace per ridurre la mortalità materna è nella presenza di personale qualificato per assistere il parto e per la cura ostetrica d’emergenza.
Un gruppo di ostetrici/che pro-life di Matercare International (MCI) è arrivato ad Haiti questa settimana per esplorare le necessità in loco in modo da poter garantire un programma sul lungo periodo per le donne haitiane. Il dottoro Robert Walley, direttore di MCI e a capo di questa delegazione, ha detto al Friday Fax che forniranno assistenza ostetrica di emergenza alle madri, molte delle quali in questa settimana hanno partorito in strada. “Sembra che in queste tragiche circostanze il mondo ritenga in qualche modo che la viota si fermi, così che l’assistenza ostetrica di emergenza per complicazioni che possono costare la vita, non sia una priorità immediata”, si legge in un comunicato di MCI per chiedere fondi. “La conseguenza – continua la nota – è un enorme aumento della mortalità materna”.

Haiti è l’unico paese nell’emisfero occidentale che è sulla lista ONU dei 25 paesi per cui sono prioritari i programmi di salute materna, e perciò ha ricevuto la massima distribuzione di servizi contraccettivi e di salute riproduttiva. Malgrado ciò Haiti ha uno dei più alti tassi di mortalità materna al mondo, e il più alto nell’emisfero occidentale. Mentre negli Stati Uniti muoiono 11 donne per ogni 100mila nati vivi, ad Haiti il rapporto è di 700 a 100mila, un tasso cinque volte più alto della media nella regione latino-americana e caraibica