DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

«Permanente»? Solo l’ignoranza. Approssimazione terminologica, svarioni scientifici, omissioni decisive E una definizione di «stato vegetativo»

Giusto un anno fa, in questi stessi giorni, si discuteva su dove po­tesse essere attuato il decreto della Corte di Appello di Milano che consentiva a Beppino En­glaro di sospendere alimentazione e idratazione a sua figlia. Un posto disponibile fu trovato, per una tragica ironia della sorte si chiamava «La Quie­te ». Poco dopo Eluana vi è morta disidratata, in una delle settimane meno 'quiete' della storia del nostro Paese. È morta «improvvisamente», ci ha spiegato chi ha fatto l’autopsia. La sua agonia non è durata a lungo, come invece è accaduto a Terry Schiavo, ma è una ben magra consolazione per chi ha lottato fino all’ultimo perché Eluana continuasse a vivere.
A
quasi un anno di distanza, i cosiddetti 'gran­di giornali' ancora insistono nel dire che quel­la di Eluana non era una vita. Prima di Nata­le sul settimanale del
Corriere della Sera Umberto Veronesi, che pure è un dottore di prima qualità, ha elencato una imbarazzante serie di impreci­sioni. Ad esempio, il celebre medico spiega con sussiego che «dal coma permanente (come espri­me il termine stesso) non si torna indietro mai». Ma in medicina il «coma permanente» non esi­ste, mentre un’espressione simile – «stato vegeta­tivo permanente» – è stata abbandonata dalla co­munità scientifica nel 1996. Difficile attribuire lo svarione all’ignoranza. Veronesi, poi, definisce quella di Eluana una vita «artificiale». Ma sappia­mo bene che ad assisterla erano suore senza spe­cializzazione medica: semplicemente se ne pren­devano cura, con la pulizia personale, con la fi­sioterapia, e per nutrirla si servivano di un sondi­no nasogastrico, non c’erano macchinari: quale sa­rebbe stata l’artificialità?
S
appiamo piuttosto dagli studi degli ultimi an­ni che spesso c’è una vita nascosta nelle per­sone in stato vegetativo, un’attività cerebrale insospettata e misteriosa, che solo adesso, con le nuove tecnologie, ha iniziato a svelarsi. «Un cor­po senza vista, senza parola, senza udito, e so­prattutto senza coscienza, solo perché gli organi viscerali funzionano e il cuore continua a batte­re », spiega invece Veronesi. Tralasciando pure il fat­to che nessuno al mondo, fino a oggi, è mai riu­scito
a misurare la coscienza delle persone, com­prese quelle in stato vegetativo, poiché la coscienza non è un parametro misurabile come, per esem­pio, il colesterolo, bisogna dire che è veramente una perfidia parlare della vita di Eluana in termi­ni di «organi viscerali» funzionanti. Significa vo­ler ridurre una persona alle sue ultime necessità corporali, quelle meno nobili: evocare le viscere di una persona per far intendere che la sua vita vale poco, ci pare, in tutta onestà, un escamotage meschino.
V
eronesi cita poi il «coraggio e il senso civile» di Beppino Englaro, che però nel frattempo non è diventato un eroe nazionale. Nono­stante il grande spazio che i media gli hanno con­tinuamente e generosamente dedicato, Beppino non ha conquistato l’opinione pubblica, e nep­pure la politica, che non ha mai davvero cercato di coinvolgerlo. La morte solitaria di Eluana nel­la clinica di Udine, lontana dalle suore che l’han­no accudita tanti anni, e pure dalla sua famiglia, è qualcosa che la gente ricorda malvolentieri, e che ha lasciato l’amaro in bocca a tutti. C’è una legge intanto in Parlamento, che aspetta di essere ap­provata, perché come Eluana non muoia più nes­suno. Il Senato ha fatto la sua parte. Aspettiamo che la Camera confermi il testo, che speriamo ri­manga così com’è. Mai più un’altra Eluana.

Avvenire 14 gennaio 2010