« A
bbiamo chiesto, con una lettera al presidente del parlamento scozzese, di esaminare se la nuova proposta di legge entri in conflitto con la convenzione europea sui diritti umani » . Gordon MacDonald, portavoce per la Scozia di Care not killing alliance, un’associazione pro vita, spiega così l’ultima iniziativa per fermare la legalizzazione del suicidio assistito. La legge è stata proposta da Margo MacDonald, una deputata indipendente che soffre del morbo di Parkinson. « Pensiamo che il parlamento discuterà e voterà sulla legge prima della fine di giugno. Quasi sicuramente la nuova legislazione verrà respinta perché la volonta politica è contraria al suicidio assistito » , spiega MacDonald Gordon, che aggiunge però come « questo non riflette necessariamente il pensiero della pubblica opinione. Due sondaggi hanno dato risultati opposti sull’argomento. Purtroppo la risposta degli intervistati spesso dipende da come viene formulata la domanda. È difficile sapere come la pensano gli scozzesi. Credo che ci sia molta ignoranza sull’argomento. Molti si fermano al sentimento iniziale di simpatia e partecipazione per il dolore del sofferente e non analizzano le conseguenze di una legalizzazione del suicidio assistito » .
Anche la Gran Bretagna attende per metà febbraio l’approvazione definitiva delle linee guida in materia di suicidio assistito preparate dal pubblico ministero Keir Starmer. Linee guida che sono state pensate, anche lì, in risposta alla richiesta di Debbie Purdy – una malata di sclerosi multipla che vorrebbe morire con l’aiuto del marito – rivolta ai Law Lords , la piu’ alta corte di appello del Regno Unito, di chiarire se un parente o un amico che assiste una persona che si suicida può essere incriminato.
« I
l suicidio assistito è illegale in questo momento in Gran Bretagna e chi lo favorisce dovrebbe finire sotto processo » , spiega Alastair Thompson, portavoce per Inghilterra e Galles sempre di Care not killing alliance, « eppure 118 persone sono andate nella clinica svizzera Dignitas e sono morte, con l’aiuto di un parente o di un amico, senza che questi ultimi venissero incriminati » .
« S
iamo molto preoccupati – continua Thompson – della direzione in cui si si sta muovendo. Se le linee guida verranno definitivamente approvate significa che un parente potrà aiutare un portatore di handicap o un malato terminale ad andare in Svizzera a morire. Ad essere incriminati saranno soltanto i parenti di persone sane. Una discriminazione aberrante.
Siamo preoccupati anche per la definizione di sanità mentale che viene data. Diverse associazioni di medici, non legate al movimento per la vita, hanno anche espresso preoccupazione perché le linee guida ritengono che chi ha tentato più volte di suicidarsi è ritenuto mentalmente in grado di decidere per se stesso. Mentre secondo la professione medica chi tenta il suicidio è da ritenersi malato e soprattutto bisognoso di aiuto » .
Avvenire 14 gennaio 2010