Il cedimento ad una cultura estranea ai valori fondativi del Pd. È questa la ragione che ha spinto Paola Binetti ad abbandonare il partito guidato da Pier Luigi Bersani per aderire all’Udc. «Le radici di quel partito - spiega la prima presidente di Scienza & Vita – sono due: l’esperienza dei Ds e quella cattolico democratica. È veramente inspiegabile, quindi, come si sia finiti ad appaltare il Pd ai radicali. Purtroppo non potevo far altro che prenderne atto». Il riferimento è alla scelta di candidare per il Lazio Emma Bonino. E alla leader radicale che l’accusa di applicare la logica del 'o lei o me', la ex diellina risponde: «Non sono motivata da un giudizio su una persona ma su una linea politica più che confermata. È stato Marco Pannella a impedire che fosse Stefano Ceccanti a scrivere il programma per il Lazio». Ma si obietta che la Bonino è candidata ad una carica amministrativa. «È a questo livello che i radicali, sui registri dei testamenti biologi- ci, i protocolli per la Ru486 e la famiglia, stanno cercando di cambiare gli stili di vita».
Che dire della tesi di Bersani secondo cui il partito non è «un condominio» e si richiede «un sforzo più generoso» per trovare un punto di incontro? «Giusto, ma dove sta la sintesi, se per il Pd decide un partito politico che da quarant’anni si è schierato su posizioni diametralmente opposte a quelle dei cattolici, dal divorzio alla Ru486, passando per il referendum sulla legge 40?». La storia attesta, però, che a sostenere l’aborto ci fu in prima linea anche il Pci. «Già – ribatte la Binetti – ma i radicali avrebbero voluto liberalizzare del tutto l’interruzione della gravidanza e per questo promossero un referendum contro la legge 194, mentre il quesito dei cattolici era decisamente contro l’aborto». Ma non è solo questione di brutti ricordi, è anche il presente ad attestare una completa incompatibilità. «I radicali – aggiunge – propongono il diritto di eutanasia e hanno sponsorizzato per primi l’introduzione in Italia dell’aborto farmacologico». Dunque è aperta la strada al sostegno di Renata Polverini nel Lazio? «L’orientamento è quello, ma prima di prendere una decisione definitiva voglio incontrarla e verificare attentamente il suo programma».
Non perde la calma la new entry dell’Udc, salvo smentire decisamente una ricostruzione giornalistica secondo cui la sua scelta di abbandonare il Pd sarebbe stata eterodiretta. «Decido sempre in prima persona – osserva – come dimostra la mia militanza nel Pd. Certo il mio punto di riferimento è la dottrina sociale cristiana, come per ogni cattolico impegnato in politica. E i documenti del magistero non possono essere considerati un supermercato dove si prende o si lascia quello che si vuole».
Alle accuse di «disonestà intellettuale», la promotrice storica dei teodem risponde con le numerose attestazioni di solidarietà e comprensione giunte non solo dall’area dei cattolici democratici. Franco Monaco polemicamente chiede perché mai sia entrata nel Pd. «Io provengo dalla Margherita – rammenta la Binetti – e quando quel partito si è fuso nella nuova formazione ho sperato in una sintesi alta tra le culture fondative, ma questo non è avvenuto. E che ci siano problemi lo riconoscono anche Arturo Parisi e Rosy Bindi». Ora, però, non è solo Nicola Zingaretti ma anche il leghista Roberto Calderoli a sostenere che per coerenza dovrebbe dimettersi da deputato. «Giustamente Rocco Buttiglione ha risposto che i parlamentari sono rappresentati del popolo e non dei partiti, comunque sorprende che Calderoli si sia posto il problema solo per me».
Ma anche nell’Udc qualche problema sembra esserci, ad esempio per l’alleanza con Mercedes Bresso in Piemonte. «Mi sembra, comunque, che si sia riusciti in qualche modo a condizionarne il programma. Certo è troppo poco, la prospettiva, però, è che con altri apporti, a cominciare dall’Api e dai deputati usciti dal Pd, si possa creare una formazione politica dove i valori siano realmente incisivi».