DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Card. Bertone. DEMOCRAZIA E CHIESA Mai per potere

Polonia: laurea "honoris causa" al card. Tarcisio Bertone

"I diritti umani sono universali non perché approvati e riconosciuti da maggioranze parlamentari o della pubblica opinione, bensì perché poggiano sulla natura dell'essere umano, che resta inalterata pur nel mutare delle condizioni sociali e storiche". A ribadirlo è stato il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, nella "lectio magistralis" tenuta l'11 febbraio in Polonia, in occasione del Conferimento della laurea "honoris causa" da parte della Pontificia Facoltà Teologica presso l'Università di Wroclaw. "Oggi - la denuncia del porporato - si parla spesso più che di diritti umani di diritti individuali, trasformando desideri da soddisfare in diritti". Al contrario, come disse il Papa nel suo storico discorso all'Onu del 2008, "questi diritti trovano il loro fondamento nella legge naturale", e separarli da essa "significherebbe e cedere a una concezione relativista". Di qui la necessità di "leggi che non siano frutto dell'adesione ad un mero proceduralismo, ma che discendano dalla volontà di tendere all'autentico bene della persona e della società e per questo facciano riferimento alla legge naturale". "Instaurare un ordine politico-giuridico nel quale siano meglio tutelati i diritti della persona e il suo adeguato sviluppo sociale": è questo, per il card. Bertone, il compito fondamentale delle "moderne democrazie elettive".

Nella Chiesa non c'è "ripartizione di potere".

"La democrazia, come ogni sistema costituzionale, è una struttura di potere, che si pone perciò, al pari di ogni sistema di governo, essenzialmente in termini di ripartizione di potere". Questa "dinamica di potere", ha puntualizzato però il card. Bertone, "se trasportata nell'ambito ecclesiale, non può non diventare radicalmente equivoca, perché nella Chiesa il rapporto strutturale, anche al livello decisionale-operativo, tra la gerarchia e il resto del popolo di Dio, non può mai ultimamente essere posto in termini di ripartizione di potere". "All'interno della Chiesa - ha spiegato il cardinale - il problema di una necessaria e ordinata ripartizione delle competenze non può mai coincidere, come ultimamente avviene all'interno dell'ambito statale, con il problema del possesso di una porzione più o meno grande del potere, perché il potere - se per potere si intende la responsabilità ultima e perciò il servizio specifico dei Vescovi di fronte alla vita della Chiesa - non è divisibile". Se in una democrazia politica, inoltre, si procede "con il sistema della rappresentanza", in base al quale "la minoranza deve inchinarsi alla maggioranza", una Chiesa "che riposi solamente sulle decisioni di una maggioranza diventa una Chiesa puramente umana, dove l'opinione sostituisce la fede".

I laici e lo "stile sinodale".

Nella Chiesa, serve "uno stile nuovo e nuovi spazi" per i laici. Ne è convinto il card. Bertone, che nella "lectio" polacca si è soffermato, all'interno del tema più generale, anche sullo "specifico ruolo dei laici" nella comunità ecclesiale. Per il cardinale, sono ancora attuali oggi la "teoria" sul laicato espressa dal Concilio e le indicazioni della "Christifideles laici" di Giovanni Paolo II. Tra i problemi emergenti, il card. Bertone ha citato "i ministeri e i servizi ecclesiali da affidare ai laici; la diffusione dei nuovi movimenti, il posto e il ruolo della donna". Lo stile nuovo" di presenza dei laici della Chiesa, ha affermato il segretario di Stato vaticano, "non può essere che quello sinodale, valido non soltanto per la celebrazione del Sinodo, ma anche come metodo per l'approccio ai problemi". "Quello sinodale - ha spiegato il relatore - è uno stile che ha il pregio di coinvolgere tutte le comunità, chiamandole alla partecipazione attiva e responsabile; uno stile che esige ricerca e dialogo, elaborazione di proposte con risposte non prefabbricate; uno stile che domanda l'ascolto di tutti, o quanto meno delle rappresentanze delle comunità", perché "il pluralismo ecclesiale non può esser concepito come pluralismo di individui, ma come pluralismo di chiese particolari o di comunità".

Nella Chiesa "testimonianza invece di rappresentatività".

Se l'idea fondamentale del parlamentarismo è quella della rappresentatività, "la traduzione più corretta del concetto di rappresentanza è in sede ecclesiale quello di testimonianza". Ecco perché, ha spiegato il cardinale, "il rapporto tra il vescovo e i fedeli non può essere risolto ultimamente in termini di controllo di potere, ma solo in termini di esperienza di comunione. Le forme di controllo introdotte nel corso della storia per contenere gli abusi di potere da parte della gerarchia, raramente hanno generato un'autentica esperienza di comunione cristiana". Il rapporto tra laicato e gerarchia, ha puntualizzato il segretario di Stato vaticano, "è un rapporto di comunione, non di sottomissione né di potere". I cristiani, infatti, "non si riuniscono mai solo per decidere qualcosa assieme, per dare una prestazione, ma per vivere la comunione facendo e decidendo insieme. La comunione non è in funzione dell'attività, ma l'attività in funzione della vita di comunione". No, dunque, ad ogni forma di "attivismo associazionistico", sì invece al compito di "costruire la Chiesa", primo compito del cristiano, attraverso il quale "il cristiano costruisce il mondo, lo anima, lo trasforma e lo redime perché la Chiesa è nel mondo".

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