Roma. “Tremano e tramano”, dice al
Foglio un eminente prelato di curia infastidito
dalle polemiche attorno al “caso
Boffo”. “Cercano risposte adeguate ma
non mi pare le stiano trovando”. Tremano
e tramano perché l’intervista di Vittorio
Feltri (sabato scorso) al Foglio, nella quale
disse di aver ricevuto il documento falso
su Dino Boffo da “una personalità della
chiesa della quale ci si deve fidare istituzionalmente”,
pesa. Manca tuttora una
smentita ufficiale dal Vaticano. Come nessuno
in Vaticano ha smentito quanto il Foglio
ha scritto nei giorni scorsi: “Risulta da
buona fonte che alcune telefonate fatte
con lo scopo di avvalorare il documento
falso sono arrivate a Feltri dal direttore
dell’Osservatore Romano Gian Maria
Vian”. Una smentita in extremis si può
sempre comandare, ma non è un po’ tardi?
Il silenzio vaticano dice molto. E molto
fa pensare. Perché non è semplicemente
un “no comment”. Sembra di più: sembra
un “no comment” motivato dal fatto che
sono in corso accertamenti. Per molto meno,
anche nel recente passato, la Santa Sede
è intervenuta tramite il portavoce e gesuita
padre Federico Lombardi. Può darsi
che in queste ore il tramestio d’oltre Tevere
arrivi alla decisione di offrire all’opinione
pubblica una dichiarazione forte e
ufficiale. Ma resta il fatto che i dodici giorni
trascorsi in silenzio senza replicare – il
23 gennaio uscì il primo retroscena del Foglio
– fanno pensare, e comunque dicono
che non tutti nei sacri palazzi hanno le
idee chiare: il vescovo Domenico Mogavero,
ad esempio, che lo scorso settembre
per primo aveva ipotizzato le dimissioni di
Boffo, ieri sul Corriere della Sera sembrava
al contrario parecchio rammaricato
della sua fretta e preoccupato all’idea che
la nostra ricostruzione possa rivelarsi
quella esatta. Generico il cardinale Giovanni
Battista Re, prefetto dei vescovi, che
sempre ieri su Repubblica ha detto che l’ipotesi
della congiura interna gli sembra
“impensabile”. Già, ma anche le piste
esterne lo sono: l’altro ieri c’era chi provava
a intorbidire le acque chiamando in
causa la “pista ciellina”, ovvero il vescovo
di San Marino-Montefeltro Luigi Negri.
Un’ipotesi tuttavia subito smentita dallo
stesso vescovo con tanto di querela.
C’è una data che fa molta paura in Vaticano:
22 febbraio. E’ in quel giorno che
Feltri sarà ascoltato dopo che l’ordine
dei giornalisti della Lombardia ha aperto
un procedimento disciplinare nei suoi
confronti proprio per gli articoli scritti la
scorsa estate su Boffo. Feltri cercherà di
dimostrare la sua innocenza e non è detto
– e la cosa si sa in Vaticano – che per
farlo non decida di vuotare il sacco: ovvero
di dire chi la scorsa estate gli passò il
documento falso su Boffo, chi glielo portò
materialmente (“il postino” insomma) e
chi in quei giorni si spese per avvalorarlo.
Certo, potrebbe fare i nomi chiedendo
di tenerli segreti. Del resto, se lunedì
scorso a pranzo in un ristorante milanese
Feltri è riuscito in qualche modo a rivalutare
la sua immagine agli occhi di
Boffo, non è da escludere che non cerchi
di mettere in campo la stessa operazione
anche una volta davanti al “gran giurì”
dell’ordine dei giornalisti. Difendersi nell’unico
modo possibile: riavvalorando,
stavolta con i nomi, la legittimazione dell’anonimo
documento, e falso, dall’interno
del Vaticano.
Il giornalista e scrittore Vittorio Messori,
anche se vede un Vaticano “imbarazzato
perché sembra che tutto sia nato dal suo
interno”, dice al Foglio di non essere scandalizzato.
Ma aggiunge: “Il Vaticano è sempre
stata una corte d’intrighi e complotti,
di pugnali e vendette. Ai tempi di Papa
Borgia le cose si risolvevano con i pugnali,
oggi in altro modo. E’ la storia che si ripete.
La chiesa, del resto, ha sempre avuto
due facce: c’è un’istituzione umana che
però racchiude al suo interno un mistero,
il mistero della fede. La chiesa è casta et
meretrix, e questa sua realtà non deve
spaventare. Papa Borgia, ad esempio, fu
un grande Papa: nonostante le riconosciute
malefatte non deviò mai dalla retta dottrina.
Ciò che conta, infatti, è che il Papa –
come è il grande Benedetto XVI – sia un
maestro della fede e non sia eretico. E’
questo che deve eccitare il credente, che
deve suscitare il suo interesse. Tutto il resto
fa parte della vita e a chi ha fede interessa
molto poco. Fino a che Dio continuerà
a servirsi di uomini avremo una
chiesa peccatrice e piena di lotte interne.
Certo, in questo momento la curia sembra
in difficoltà: ma credo che paghi la gestione
di Wojtyla: beninteso, era un grande Papa,
ma ha lasciato la curia un po’ troppo in
mano a se stessa”.
Il Foglio 4 febbraio 2010