DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Haiti Nell’inferno dei disabili psichici

DI L UCIA C APUZZI
L
e crepe nei muri sono profonde. L’ospedale Mars&Line, il princi­pale centro psichiatrico di Port­au- Prince, però, è ancora in piedi. Ma potrebbe crollare presto, secondo gli in­gegneri che l’hanno esaminato, dopo il terremoto del 12 gennaio. Gli ottanta pazienti ricoverati nella struttura sono stati dimessi in fretta e furia. Hanno det­to loro di tornare a casa. La maggior par­te, però, non ha potuto farlo: le loro a­bitazioni sono state distrutte, i parenti di­spersi. Chi è riuscito a ricongiungersi ai fa­miliari, li ha seguiti in una delle 220 tendo­poli sparse per la ca­pitale. O dorme per strada. Gli altri sono rimasti nell’ospedale pericolante. Insieme a una frotta di profughi che si è accampata nel cortile. I disabi­li psichici non si mischiano, però, ai nuovi venuti. Vagano nudi per l’edifi­cio. E, la notte, si accucciano in brande di ferro, senza materasso. «Almeno ora ho un letto tutto per me», dice uno dei pazienti. Prima del terremoto, doveva­no dividerlo: perché i giacigli erano ap­pena quaranta. La situazione di Mars&Line è da sem­pre disperata. Il fatto non può stupire date le disastrose condizioni sanitarie dell’isola ben prima del 12 gennaio: un medico ogni diecimila abitanti, ospe­dali pubblici fatiscenti, in cui i malati dovevano portarsi perfino garze e sirin­ghe. Al Mars&Line non c’è luce elettri­ca, l’acqua corrente arriva a tratti. «Ci servono cibo, medicine, altro persona­le. Lo reclamiamo da sempre ma nes- suno ci ascolta. Speriamo che ora si ac­corgano di noi», dice Eseulson Elisee, re­sponsabile del centro. Non è migliore la situazione dell’altro grande ospedale psichiatrico dell’isola, situato a 25 chi­lometri da Port-au-Prince, nella frazio­ne di Baudet. Qui, il terremoto ha devastato due pa­diglioni. I malati si sono ammassati nel­le parti ancora in piedi. Dormono per terra. «Accadeva anche prima del sisma, le coperte erano poche», dice uno degli operatori. Malati, bambini, donne, so­no le categorie più a ri­schio nella crudele realtà del dopo-terre­moto. Gli episodi di violenza continuano. E ostacolano le operazio­ni di soccorso. Proprio ieri le Nazioni Unite hanno diffuso la noti­zia di un nuovo attacco a un convoglio alimen­tare da parte di venti uomini armati, nella zona di Jeremie. Gli esperti di diritti umani dell’Onu hanno, inoltre, ribadito la necessità di aumen­tare i controlli sui minori per impedir­ne un’eventuale tratta. Difficile, dato che – sempre secondo fonti Onu – ci sareb­bero almeno 7mila piccoli non accom­pagnati per strada. Mentre i senzatetto sono più di un milione. La costruzione di rifugi temporanei procede con len­tezza, come la distribuzione di cibo.
«È vero, ma nonostante tutto stiamo fa­cendo progressi», ha dichiarato il re­sponsabile dell’Emergenza Onu, John Holmes. Anche l’Italia sta partecipando alla ricostruzione. Il ponte aereo – per trasportare i soccorsi dalla nave Cavour, ormeggiata nel Sud dell’isola, alla capi­tale – è andato avanti per tutta la gior­nata di ieri. In serata, la portaerei delle
forze armate si è spostata a Puerto Cau­cedo, nella Repubblica Dominicana. Da qui, grazie all’arteria che conduce a Port­au- Prince, i mezzi pesanti, sbarcati al­l’alba, dovrebbero presto raggiungere Haiti. Molti abitanti, però, non hanno più la forza di aspettare. In 500mila han­no già abbandonato la capitale per rifu­giarsi nell’interno, dai parenti.
Lescahobas, Les Cayes sono alcune del­le mete dell’esodo. «I familiari li accol­gono ma si creano forti tensioni. Chi li ospita abita, in genere, in una stanza», spiega ad
Avvenire Paolo Ferrara, di Ter­res des Hommes. L’“invasione” ha fatto duplicare i prezzi. Una bottiglia d’acqua costa tre gourdes (pochi centesimi). Pri­ma del terremoto ne valeva uno.
Gli ospedali sono crollati I malati non hanno un posto dove tornare Vagano nudi per le strade della capitale o restano nella strutture pericolanti

Avvenire 3 febbraio 2010