DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

I Saints trionfano nel Super Bowl ma Tim Tebow vince la battaglia per la vita


Washington, DC (LifeNews.com) - Il Focus on the Family spot Super Bowl con Tim Tebow e sua madre Pam sono stati oggetto di attenzione nazionale per settimane. Qui di seguito, LifeNews.com ha ottenuto il video e il testo dei due spot di 30 secondi spot Super Bowl con Pam Tebow che condivide la sua storia.


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Pam: Io lo chiamo il mio bambino prodigio. Lui quasi non sarebbe venuto in questo mondo. Mi ricordo tante volte di quando l'ho quasi perso. E 'stato così difficile. Beh, ormai è cresciuto, e ho ancora paura per la sua salute. Sai, con tutta la nostra famiglia ha vissuto, devi essere forte ...

Tim affronta la sua mamma.

Pam: Timmy! Sto cercando di raccontare la nostra storia qui.

Tim: Mi dispiace, mamma ... Ma ti preoccupi ancora per me, mamma?

Pam: Beh, sì, non sei altrettanto forte come lo sono io.

Lo spot si chiude invitando gli osservatori Super Bowl a visitare il Focus sul sito web della Famiglia presso http://FocusOnTheFamily.com per la storia di Tebow




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Pre-Game


PAM TEBOW: io lo chiamo il mio bambino prodigio. Lui quasi non sarebbe venuto in questo mondo. Mi ricordo tante volte di quando l'avevo quasi perso. E 'stato così difficile. Beh, è ormai cresciuto, e ho ancora paura per la sua salute. Tutti lo trattano come se fosse diverso, ma per me, lui è solo il mio bambino. Lui è il mio Timmy, e io lo amo.

TIM TEBOW: Grazie mamma. Love you too.

Lo spot si chiude invitando osservatori Super Bowl a visitare il Focus sul sito web della Famiglia presso http://FocusOnTheFamily.com per la storia di Tebow.




I Saints trionfano nel Super Bowl ma Tim Tebow vince la battaglia per la vita

di Marco Respinti
8 Febbraio 2010

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Gli Stati Uniti di America? Something else, come dicono proprio da quelle parti. Accade infatti solo lì che un fuoriclasse del football, Tim Tebow dei Florida Gators, accenda gli animi e divida il Paese perché, dopo essere sceso più volte sul campo di gioco con il riferimento a versetti del Vangelo tatuati sul suo grugno da lottatore lanciato nell’arena sportiva, è apparso stanotte, 7 febbraio, in uno spot pubblicitario antiabortista che è stato trasmesso nelle pause del XLIV Super Bowl in programma al Sun Life Stadium di Miami Gardens. Nel “corto” c’erano sia Tim sia la sua mamma, e questo per raccontare una storia semplice e bella che parla finalmente di scelta della vita invece che della solita mesta, ritrita cultura di morte spacciata per “io sono mio”.

Quando Tim stava ancora nella pancia di sua mamma, questa si buscò una intossicazione da cibo di quelle pesanti e quindi il piccolo Tim rischiava di uscirne malconcio. Ovvio che tutti i soloni sempre prodighi, in casi così, di consigli non richiesti abbiano immediatamente sentenziato “aborto”, che tradotto, ricordiamolo, vuol sempre dire condanna a morte senz’appello di un esserino indifeso, e a stento visibile, e sicuramente innocente, e se non altro non colpevole degli sbagli, delle scelte e delle opinioni degli altri che lo circondano, persone tutte già nate, e cresciute, e forti, e sane, e tranquille.
La mamma di Tim, però, protestante evangelicale di quelle serie e convinte che si giocano tutto per la propria fede laica e impegnata, la quale in quel mentre stava in missione nelle Filippine, ha tirato diritto per la propria strada e così Tim è nato, semplicemente nato. Sano. Oggi è un armadio di quelli che è meglio essere suoi amici invece che no, gode di perfetta salute, la sana e la robusta costituzione gliela constatano tutti quando la sua falcata attraversa sicura lo stadio, sbugiarda nei fatti quegli antichi pareri mortiferi che lo avrebbero voluto stroncare preventivamente e a prescindere solo per non doverci sopra pensare, ma soprattutto ringrazia Dio, la patria e la mamma.

Ecco, madre e figlio hanno deciso di raccontare questa storia così, uguale forse a migliaia di altre delle quali però non sappiamo alcunché, storie di autentico eroismo quotidiano lontane dai riflettori, giacché negli States il “piccolo Tim” è una vera personalità. E allora, mamma e figlio si sono chiesti e subito risposti, perché no, perché non sfruttare questo gratuito dono del Cielo che permette una tantum di attirare l’attenzione di quei milioni e milioni di persone del mondo per i quali il Super Bowl di quest’anno potrebbe essere l’unica occasione capitata alle loro vite per vedere le cose in modo diverso, per sentire l’altra campana, per apprezzare anche il rovescio della medaglia?

Focus on the Family, diretta a Colorado Srpings dall’infaticabile e indomito James C. Dobson, classe 1936, lo ha capito al volo e ha pagato fior di dollaroni per realizzare questa grande, grandiosa campagna pubblicitaria. Ecco, i molti che si strappano ora le vesti per dire che cose così non si fanno, che disturbano e che sono “estremiste” ci pensino su. Siamo in America, il Paese dei liberi, la terra delle opportunità, il mondo dove tutto è lecito finché non viene espressamente vietato e in cui tutti sono innocenti fino a prova contraria, non nati compresi. Siamo in America, e Tim e sua mamma vogliono avere la chance di raccontare un fatto, e per farlo si pagano lo spazio e il tempo necessari, o trovano chi ci mette i soldi per loro. Un perfetto contratto di affitto.

Siamo in America, il luogo dove si può fare il bello e il cattivo tempo, e allora perché mai chi la pensa in un determinato modo, anzi, che dico, altro che “pensiero”, “parole” “opinioni” e “secondo me”, chi ha un fatto vero, realmente accaduto e scelto, ogni riferimento a persone, fatti e cose reali è puramente voluto, non potrebbe, dopo avere allentato i cordoni della borsa, scendere in piazza e proporsi? Focus on the Family, Tim Tebow e sua madre Pam hanno scelto di entrare nel mondo della concorrenza dalla porta principale, nel mercato libero dell’imprenditoria insomma, portandoci dentro i loro princìpi non negoziabili, fatti mica bla bla. Dove’è lo sbaglio?

Se qualcuno pensa che raccontino bugie, registri subito uno spot più bello del loro, più vero e più reale, e poi vinca il migliore. Immaginatevi un Super Bowl che trasmettesse un cortometraggio in cui si vuol convincere la gente che fare a pezzettini minuscoli grazie a una pompa per biciclette un bimbo ancora dentro il ventre della propria madre è cosa da fighi dello sport.

Per la cronaca, i New Orleans Saints hanno sconfitto i favoriti Indianapolis Colts per 31 a 17, in una partita decisamente combattuta. I Colts si sono subito portati inlargo vantaggio, poi i Saints hanno recuperato fino al 17 a 16 ma nel terzo quarto New Orleans è tornata in vantaggio, stavolta definitivo. “La Louisiana è tornata, dopo Katrina New Orleans è tornata, lo abbiamo dimostrato stasera a tutto il mondo”, ha dichiarato il presidente dei Saints Tom Benson.

www.marcorespinti.org


L’implaccabile Tim Tebow

Il quarterback che si scrive sulla faccia il Vangelo, la lettera agli Ebrei e quella agli Efesini fa (assieme a sua mamma Pam) lo spot pro life al Super Bowl. Intanto “si conserva per il matrimonio” e fa imbestialire gli abortisti

Gallerie immagini:


Se il quarterback che sta nella squadra avversaria è il più forte in circolazione, il problema è grosso; ma se il quarterback da placcare porta sotto gli occhi il riferimento al capitolo 16 di Giovanni, versetto 33, il problema non si può risolvere: “Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo”. Con una certezza del genere, non c’è placcaggio che tenga. In quelle scritte bianche su fondo nero è condensato tutto lo spirito di Tim Tebow, il giocatore di football americano che sta dividendo l’America. Piazzarsi in faccia una volta la lettera agli Ebrei (“Corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù”) e un’altra quella agli Efesini (“Per questa grazia infatti siete salvi mediante la fede; e ciò non viene da voi, ma è dono di Dio”) non è garanzia di alcunché, anche Adriano fra una sbronza e l’altra sfoggiava magliette con riferimenti biblici, ma il caso di Tim Tebow è diverso. E in quel metro e novantatré per centosei chilogrammi non c’è nemmeno il tic culturale di mostrare ossessivamente i muscoli dello spirito. Non è una baccante di Gesù né un falangista della fede. E’ un cristiano evangelico, figlio di missionari che hanno fatto della compassione per l’altro il marchio indelebile di una fede sperimentata nella pubblica arena. Una famiglia più sorrisi che cartelli, più azione che mistica; per questa strana normalità americana, il gesto di Tim Tebow è scandalosamente affascinante e totalmente dirompente.

Del presunto peccato di Tim e della mamma Pam l’America discute da settimane: nel tardo pomeriggio del 7 febbraio durante quella che è di fatto la pietra angolare del calendario americano, il Super Bowl, madre e figlio saranno i protagonisti di uno spot pubblicitario a favore della vita. In pratica Pam racconterà come è nato l’ultimo dei suoi figli, quello che con i suoi Florida Gators sta infiammando il mondo del football per college. All’epoca del suo concepimento, la famiglia era in missione nelle Filippine, una delle tante opere di carità cui i coniugi Tebow, originari della Florida, si sono dedicati in 37 anni di matrimonio. Un’intossicazione causata dal cibo rischiava di trasmettere al figlio una grave malattia tropicale, forse di compromettere addirittura la gravidanza.

La soluzione più ovvia per i medici che l’hanno presa in cura si chiamava aborto. Ma Pam, esponendo quel sorriso non sintetico che mostra in foto, ha detto semplicemente di no. E ha avuto Tim, ragazzo sorridente con i capelli a spazzola che al terzo anno di università fa venti touchdown correndo e passando nella stessa azione. Quello che ha la media del 28 all’Università della Florida. Lo stesso che ogni estate va nelle Filippine a prestare le braccia toniche a scopi nobili, come accudire gli orfani, portare conforto alla comunità cristiana, dare il proprio tempo per qualcosa di grande. Proprio quello che alla conferenza stampa della South East Conference ha detto che sì, lui si sta “conservando per il matrimonio”. Tutti i giornalisti si sono messi a ridere e anche lui rideva, ma la natura delle due risate era diversa. Certo, gli accenti retorici della faccenda non sfuggono a nessuno; ma è proprio sul terreno delle cose apparentemente note che la storia di Tim sta infiammando l’America.

Quello che verrà trasmesso dalla Cbs non è soltanto uno spot, ma un inno alla vita pagato a suon di milioni dal colosso pro life Focus on the Family; una scelta che ha scatenato ire e proteste del mondo liberal, con Naral e Planned Parenthood (pro choice) da settimane sono sull’orlo di una crisi di nervi, messe in scacco da una madre che, a quanto si sa, si limiterà a raccontare soltanto come sono andate le cose, senza slogan da propaganda. Proprio questo sta convincendo alcuni osservatori scettici che il messaggio dei Tebow non è l’ingerenza baciapile del gruppo armato contro l’aborto, ma una storia di ragione e cuore, semplice e ordinaria. L’editorialista pro choice Sally Jenkins ha scritto sul Washington Post un’appassionata difesa di Tebow, scardinando i luoghi comuni che girano attorno al mondo pro life, senza per questo retrocedere di un passo rispetto alle proprie convinzioni. E Jenkins arriva al punto subito: “Lo spot ha già costretto ‘l’associazione nazionale per le donne che la pensano soltanto come noi’ a rivelare una cosa importante di sé: sono più a favore dell’aborto che della libertà di scelta. Quella di Pam Tebow è una genuina storia pro choice”.

di Mattia Ferraresi




The Rest of the Tebow Story




VIDEO CON PROBLEMI

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VIDEO CON PROBLEMI

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Spot anti-aborto durante il Super Bowl. Protestano le femministe americane


In onda durante la finale la storia del campione Tim: non sarebbe mai nato se la madre avesse ascoltato i medici

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Corriere della Sera


MILANO - Non trasmettete quello spot anti-aborto. È questa la richiesta che un’organizzazione femminista di New York ha avanzato alla Cbs. Il network ha infatti intenzione di mandare in onda il 7 febbraio, durante la diretta televisiva del Super Bowl che vedrà impegnati gli Indianapolis Colts contro i New Orleans Saints, un filmato contro l'interruzione di gravidanza pagato dal gruppo cristiano conservatore Focus on the Family.

IL CAMPIONE - Il Women’s Media Center, sostenuto da gruppi quali l’Organizzazione Nazionale delle Donne e la Feminist Majority, ha preso di mira lo spot suggellato dallo slogan «Celebriamo la famiglia, celebriamo la vita»: il video ripercorre, in trenta secondi, la gravidanza della madre di Tim Tebow, superstar della squadra di football del college di Florida. Tebow, che negli Stati Uniti gode di enorme popolarità, nacque nel 1987 al termine di una gravidanza a rischio. La madre dell’ex quarterback dei Gators si ammalò durante una missione nelle Filippine e rifiutò l’aborto consigliato dai medici che la visitarono. Tebow, che ha quattro fratelli maggiori, ha vinto due titoli nazionali Ncaa alla guida di Florida conquistando anche l’Heisman Trophy, l’ambitissimo premio riservato al miglior giocatore del campionato universitario statunitense.

IL COSTO DELLO SPOT - «Uno spot che usa lo sport per dividere anziché unire non può trovare posto nell’evento sportivo più importante dell’anno», hanno protestato dal Women’s Media Center, «un evento fatto per unire gli americani». Proteste inutile perché il network Cbs, che trasmetterà la finale ad un pubblico di circa cento milioni di telespettatori nei soli Stati Uniti, ha fatto sapere di avere approvato il testo dello spot sotto accusa, che avrà un costo compreso tra 1,8 e 2 milioni di euro.

«MIA MADRE UNA DONNA CORAGGIOSA» -Tebow, che tra tre mesi dovrebbe fare il salto tra i professionisti della Nfl difende da parte sua lo spot che lo vede protagonista insieme alla madre: «So che qualcuno non sarà d’accordo ma io credo che queste persone debbano almeno rispettare il fatto che io difenda le mie convinzioni», ha spiegato il giocatore, che si è detto «convinto da sempre» delle sue ragioni anti-abortiste. «È per queste ragioni che io sono qui, perché mia madre è stata una donna molto coraggiosa» ha detto.

29 gennaio 2010


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