Per poter apprezzare dal vivo questo uomo realmente libero e straordinariamente, pacificamente, evidentemente lieto, suggeriamo di prendere visione anche dell'intervista che Michele Fazioli gli ha fatto per Controluce, della RSI.
A lato un intenso ritrattto del cardinale Zen, che pure dobbiamo a Luca Fiore.
Allarga spesso le braccia quando parla, quasi ad indicare la grandezza e il peso degli argomenti sui cui lo stimoliamo. Il cardinale Jospeh Zen Ze-kiun, vescovo di Hong Kong da qualche mese in pensione, è considerato un leone. E stando alle risposte alle nostre domande la sua voglia di ruggire contro le ingiustizie e a favore dei diritti umani non sembra andata in quiescenza. Lo abbiamo incontrato all’Istituto Elvetico di Lugano, dove, questa sera parteciperà ad un incontro in occasione dei novant’anni della fondazione della scuola.
Eminenza, non ha paura che con il suo linguaggio diretto possa suscitare le rappresaglie di Pechino contro i cattolici cinesi?
Purtroppo il Governo cinese non è aperto a critiche, allora chiunque critica diventa un nemico. È un peccato perché questo impedisce ogni progresso. Noi, secondo la dottrina della Chiesa, dobbiamo sempre dire la verità. Quando si tratta di diritti umani, sia riguardo ad Hong Kong sia rispetto alla Cina, io penso che sia un dovere di noi pastori esprimere la posizione della Chiesa. Naturalmente io per questo devo evitare di avere troppi contatti diretti con gente in Cina e mi guardo bene di avere contatti diretti con i vescovi cinesi, perché so che potrebbero essere danneggiati. Il fatto di risiedere ad Hong Kong, una zona ad amministrazione speciale a cui Pechino ha promesso un alto grado di autonomia e libertà, mi permette di dire tutto quello che penso.
La Cina ha imboccato la strada del progresso e in pochi anni è diventata la seconda economia al mondo. Che bisogno ha ancora di limitare la libertà di religione?
Questa è la grande contraddizione. Si tratta di un progresso unilaterale. Secondo quello che insegna il Santo Padre questo non è il vero progresso. Il progresso deve essere di tutti gli uomini e di tutto l’uomo. Il vero progresso deve coinvolgere l’uomo nella sua integralità, specialmente la parte della spiritualità, della verità e dell’accoglienza di tutti.
Quanti sono, a sua conoscenza, i preti e i vescovi rinchiusi nelle carceri cinesi attualmente?
Io non sono molto forte con le statistiche, ma a quanto ne so i vescovi in carcere sono tre. E qualcuno di loro già da più di dieci anni. Per quanto riguarda i preti, non so dire precisamente, ma siamo nell’ordine delle decine. Arrestano senza processo, la gente scompare, i parenti a volte non hanno la possibilità di visitare i propri cari in carcere… È davvero intollerabile.
Quali sono le relazioni tra la Chiesa e l’Associazione patriottica imposta dal partito comunista?
Purtroppo le ordinazioni illegittime di vescovi si sono svolte tre volte nel 2006. Dopodiché non hanno più provato a farne. Però tutta la situazione rimane la stessa. L’Associazione Patriottica, soprattutto nella persona del suo vicepresidente Antonio Liu Bainian, comanda ancora tutto. I nostri vescovi sono schiavizzati. La Santa Sede è stata sempre molto generosa, aperta e comprensiva verso i vescovi che si sono riconciliati con Roma, senza pretendere che dichiarassero la loro opposizione al regime. Ritengo sia stata una buona tattica: il Governo ha capito e non ha castigato quei vescovi riconciliati con il Papa. È un segno che c’è un mutuo compromesso che potrebbe a questo punto sfociare in un accordo favorevole per entrambe le parti. Purtroppo, però, ci sono anche vescovi non molto coerenti: da una parte dicono che sono in comunione con la Santa Sede, dall’altra stanno ancora troppo dalla parte del Governo. Così il Governo non viene incoraggiato a cambiare. Io ritengo che giungere a una normalizzazione dei rapporti non andrebbe solo a vantaggio della Chiesa, ma sarebbe nell’interesse anche della nazione.
Perché?
Perché ci sarebbe la pace e l’armonia. L’armonia, quella che viene sempre auspicata dal presidente Hu Jintao. Non c’è nessun bisogno di alimentare questa lotta interna alla Cina, perché la Chiesa, quando funziona normalmente con la libertà religiosa, non danneggia la nazione, anzi la aiuta.
Qual è il danno più grave che provoca la richiesta di sottomissione dei sacerdoti?
Guardiamo alla situazione del Vietnam. Anche lì c’è un regime comunista che ha perseguitato la Chiesa. Ma lì non sono riusciti a creare un’Associazione Patriottica, per cui la Chiesa è sempre rimasta Chiesa e anche quando veniva perseguitata dal Governo restava unita. C’è stato il momento dello scontro, ma oggi la Chiesa dialoga con il Governo vietnamita e molte cose sono migliorate. Ma in Cina c’è l’Associazione Patriottica che è lo strumento del Governo per controllare la Chiesa, per schiavizzare i nostri vescovi che non hanno più nessuna autorità a livello nazionale. C’è qualche eccezione nel caso di vescovi molto capaci che a livello diocesano riescono a fare qualche cosa. Ma non a livello nazionale, perché i vescovi non possono riunirsi. La Conferenza episcopale cinese è un puro nome, non esiste nella realtà. A livello nazionale comanda l’Associazione Patriottica, attraverso Liu Bainian. Neanche il presidente dell’Associazione, che è sempre stato un vescovo, né il presidente della Conferenza episcopale hanno poteri effettivi. È quell’uomo che ha in mano tutto. La cosa peggiore è che non solo controlla la Chiesa a nome del Governo, ma pretende di essere il rappresentante della Chiesa presso il Governo. È una cosa ridicola! C’è da sperare che i nostri vescovi riescano finalmente ad avere la possibilità di dialogare in modo diretto con il Governo. Non possiamo più tollerare questa situazione.
Il giorno di Natale Liu Xiaobo, l’autore di Charta 08, è stato condannato a 11 anni di carcere. Che cosa aveva quel documento di tanto pericoloso per il Governo cinese?
Liu non ha promosso nessuna rivolta, ha solo chiesto più democrazia. Un ideale più che giustificato. Il problema è che costituisce una minaccia per l’attuale regime retto da un partito totalitario. Ha osato criticare il Governo, così l’hanno accusato di sedizione. Quale sedizione? Si voleva promuovere la democrazia, non si è chiamato nessuno alle armi.
Qualcuno ha definito Charta 08 il primo documento maturo del movimento per la democrazia in Cina. È d’accordo?
Ci sono diverse persone, anche in Cina, che hanno sempre avuto il coraggio di criticare diversi aspetti del regime. Ma nessuno aveva mai fatto un ragionamento sistematico sulla questione. Questo effettivamente è il primo caso. Per questo il Governo ha voluto castigare gli autori in modo esemplare, perché di democrazia non se ne parli più.
Come giudica l’atteggiamento di Google nei confronti di Pechino?
Penso che sia il minimo della decenza ribellarsi al modo in cui il Governo cinese pretende di gestire internet. È vergognoso. La dottrina della Chiesa dice che tutti abbiamo diritto alle informazioni, mentre la Cina è uno stato di polizia. Nessuna nazione al mondo nega la libertà d’informazione quanto la Cina. Tutti i siti internet cattolici di Hong Kong sono oscurati per gli utenti cinesi. Perché? Noi non promuoviamo mica la rivoluzione. Eppure è tutto oscurato. Sono cose che non si possono più sopportare nel XXI secolo. Ribellarsi come ha fatto Google non è che il minimo della decenza. Il Governo americano sembra stia cambiando atteggiamento su questo argomento, visto che durante la sua visita a Pechino il presidente Obama era apparso troppo ossequioso. Si capisce che in questo momento anche l’economia americana ha bisogno del sostegno della Cina, però fa piacere vedere come finalmente Hillary Clinton abbia appoggiato con forza la posizione di Google. Stiamo parlando di diritti umani, non di altro.
Come è possibile conciliare la rivendicazione dei diritti umani e gli interessi economici occidentali in Cina?
Bisogna ragionare su due piani. Secondo me fondamentale è il piano dei principi. Uno non può, a motivo degli interessi economici, tradire i diritti umani. Eppure questo accade troppo spesso. È chiaro che nessuna nazione vuole mettere a rischio i propri affari, anche perché se lo facesse da sola non ne avrebbe che da perderne. La Cina, viceversa, non ha niente da perdere perché troverà sempre qualcuno con cui fare affari. Per fare davvero pressioni sulla Cina, occorrerebbe che tutte le nazioni si unissero. Ma questo è impossibile, perché tutti cercano solo il proprio interesse. Tuttavia non è vero che la Cina non abbia nulla da perdere. Perché tanto ci sono in ballo interessi reciproci. In questo momento l’economia americana dipende molto dalla Cina, ma è vero anche il contrario. I cinesi sarebbero pazzi se rinunciassero da un momento all’altro alle proprie scorte in dollari americani con i quali finanziano il debito pubblico degli USA. Pechino ha molto interesse a mantenere quelle scorte.
Come si comporterebbe se fosse nei panni del Governo federale svizzero a cui Pechino ha fatto pressione perché non accolga i due uiguri ex detenuti di Guantanamo?
Io non so i particolari di questa vicenda. Non so se queste due persone abbiano davvero commesso delitti per la legge cinese. Ma mi sembra strano che Pechino impedisca a Berna di accogliere due persone che chiedono protezione: non può interferire in questo modo. Non mi risulta che esistano leggi internazionali che permettano questo tipo di pressioni. Se chiedono l’asilo non si capisce come mai non si possa darglielo, purché i due non compiano atti terroristici e si attengano alla legge svizzera. Questo è un caso classico di prepotenza in casa d’altri. È capitato in diversi Paesi che i Consolati cinesi impongano cose che non hanno il diritto in imporre. Comandano in casa degli altri. In Australia nel 2000 il Consolato cinese impedì i festeggiamenti per la canonizzazione dei martiri cinesi. A Vienna si sono opposti a una manifestazione a favore della libertà religiosa, solo perché tra i partecipanti c’erano membri di Falun Gong. Sono cose che non si possono tollerare in una nazione libera e democratica.