DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

LA LEZIONE DI BENEDETTO XVI NEL CUORE DELL’UOMO LA BUSSOLA DI CIÒ CHE DAVVERO VALE

FRANCESCO D’AGOSTINO
L
a decisione della Pontificia Accademia per la Vita, in occasione della sua as­semblea annuale, di chiamare a riflettere i suoi membri sul tema del rapporto tra bioetica e legge morale naturale non ha soltanto una valenza dottrinale (peraltro di notevole spessore), ma in senso lato an­tropologica, o, se si vuole, 'biopolitica'. Infatti, solo nei limiti in cui si riconosce l’e­sistenza di una legge morale naturale, pre­sente nel cuore di tutti gli uomini, e tale da donare loro la possibilità di discerne­re oggettivamente il bene dal male, è pos­sibile difendere uno dei pilastri della ri­flessione bioetica, cioè il suo fondamen­tale carattere transculturale. Se la dignità dell’uomo è inviolabile, è perché la vita u­mana è bene oggettivo, condiviso da tut­ti gli uomini, a qualunque cultura appar­tengano e in qualunque epoca siano chia­mati a vivere e per questo le umiliazioni della dignità di ogni essere umano – e in particolare dei più semplici e indifesi – so­no sempre e comunque un male, che va denunciato e combattuto. Quando si ri­nuncia a postulare una legge morale na­turale, viene inevitabilmente meno la pos­sibilità di dare un fondamento all’egua­glianza morale di tutte le persone e si a­pre la via ai mille tentativi, più o meno so­fistici (e infinite volte riproposti nella sto­ria) per legittimare indebite discrimina­zioni, distinzioni, gerarchie, ranghi, gra­duatorie, priorità tra gli esseri umani: ten­tativi che, quando sono stati coronati da successo, si sono inevitabilmente trasfor­mati nell’oppressione sui più deboli da parte dei più forti.
Ricevendo i membri dell’Accademia, Be­nedetto XVI si è mostrato pienamente consapevole della rilevanza di questo te­ma, al punto da auspicare la promozio­ne di un 'progetto pedagogico integra­le', per affrontarlo 'in una visione posi­tiva, equilibrata e costruttiva, soprattut­to nel rapporto tra la fede e la ragione', perché 'Dio ama ciascun essere umano in modo unico e profondo'. Ed ha insi­stito nel rilevare come, quando si toglie al tema della dignità il fondamento della legge morale naturale, si corrono rischi gravissimi: si incrina il rispetto che si de­ve alla persona in ogni fase della sua esi­stenza, si mette a rischio la possibilità di costruire un coerente sistema dei diritti umani fondamentali, si indebolisce la lo­ro difesa, come diritti assoluti e inaliena­bili, e si favorisce un uso strumentale del­la scienza, indotta a operare sul vivente umano, come se fosse riducibile a mate­ria inanimata e manipolabile.
A questi esiti inaccettabili, il Papa ne ha aggiunto un altro, con forza particolare. Quando si nega la legge morale naturale e non si riconoscono principi universali che consentono di verificare un denomi­natore comune per l’intera umanità, 'il rischio di una deriva relativistica a livello legislativo non è affatto da sottovalutare': la storia, ha aggiunto il pontefice, 'ha mo­strato quanto possa essere pericoloso e deleterio uno Stato che proceda a legife­rare su questioni che toccano la persona e la società, pretendendo di essere esso stesso fonte e principio dell’etica'. C’è un ammonimento implicito nel discorso del Papa, di cui dobbiamo prendere adegua­ta consapevolezza: anche se apparente­mente oggi siamo lontani dal rischio che si ripresentino sul palcoscenico della sto­ria Stati 'etici', secondo gli infausti para­digmi del Novecento, molto concreto è il rischio che si attivino nuove minacce al­la vita e alla dignità umana, attraverso il riferimento a legislazioni formalmente democratiche, a convenzioni e accordi in­ternazionali dotati di vasti consensi, ma giustificati spesso esclusivamente da spe­cifici interessi politici, e sotto ogni altro profilo carenti di legittimazione. La bio­politica, che si sta facendo strada nel mon­do di oggi, sta frequentemente assumen­do un profilo 'positivistico' e troppo spes­so la legalizzazione di prassi bioetica­mente ingiustificabili attiva nell’opinio­ne pubblica una pericolosa acquiescen­za. La questione 'antropologica', su cui il Papa ci invita costantemente a riflettere sempre più appare coincidere con le que­stioni
bioetiche più estreme.

Avvenire 14 febbraio 2010