di Jesús Colina
CITTA' DEL VATICANO, martedì, 9 febbraio 2010 (ZENIT.org).- La Santa Sede ha affermato questo martedì che né la Segreteria di Stato vaticana né il direttore de "L'Osservatore Romano" sono coinvolti in una sporca operazione terminata con le dimissioni del direttore del quotidiano "Avvenire" della Conferenza Episcopale Italiana.
La spiegazione è stata esposta con un comunicato della stessa Segreteria di Stato, che come specifica il quotidiano vaticano è stato approvato da Benedetto XVI, che ne ha ordinato la pubblicazione.
I fatti
La Santa Sede è intervenuta per la prima volta in modo ufficiale dopo gli articoli della stampa pubblicati dal 23 gennaio in cui si accusava il direttore de "L'Osservatore Romano", Giovanni Maria Vian, di aver filtrato al quotidiano "Il Giornale", di proprietà della famiglia di Silvio Berlusconi, un documento falso e diffamatorio contro Boffo.
Il 28 agosto 2009 "Il Giornale", in un articolo in prima pagina scritto dal direttore Vittorio Feltri (dal titolo "Il supermoralista condannato per molestie"), ha pubblicamente accusato Dino Boffo di ipocrisia relativamente alle critiche espresse da "Avvenire" sulla vita privata di Silvio Berlusconi.
Secondo l'articolo, il direttore di "Avvenire" sarebbe stato coinvolto in un procedimento penale che lo avrebbe visto imputato per molestie telefoniche contro una donna commesse tra il 2001 e il 2002. Le accuse del direttore de "Il Giornale" sarebbero state suffragate dal riscontro di un patteggiamento del 2004.
Feltri ha inoltre denunciato nello stesso articolo la presunta omosessualità del direttore di "Avvenire" presentando due documenti: un certificato rilasciato dal casellario giudiziale di Terni - la cui autenticità è oggetto di discussione - e una lettera anonima (comprendente lo stesso certificato allegato alla lettera) intitolata "Riscontro a richiesta di informativa di Sua Eccellenza".
Secondo il direttore de "Il Giornale", iniziatore della campagna accusatoria, Boffo avrebbe esercitato pressioni moleste su una donna al fine di indurla a lasciare il compagno (i due, all'epoca, non si erano ancora sposati), di cui il direttore di "Avvenire" sarebbe stato amante.
Il 30 agosto, due giorni dopo quello che era stato da lui definito come il "killeraggio giornalistico" messo in atto da Feltri, lo stesso Boffo (anche a seguito della smentita da parte del Ministro Roberto Maroni di qualsiasi "schedatura" da parte della polizia giudiziaria) ha parlato di "patacca" riferendosi alla documentazione addotta da "Il Giornale" che certificherebbe il suo passato di molestatore.
Il 2 settembre il quotidiano della CEI ha pubblicato un articolo per smentire che vi fosse mai stato un processo a carico di Dino Boffo, in quanto non vi sarebbe stata alcuna sentenza di condanna ma solo un decreto penale che aveva condannato il 9 agosto 2004 il direttore di "Avvenire" a una pena pecuniaria.
Lo stesso 2 settembre Feltri, nel corso della trasmissione radiofonica "Radio anch'io" su Radiouno, ha sostenuto che la "velina" da lui pubblicata sarebbe giunta dai "servizi segreti vaticani", informazione smentita categoricamente da padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, tra l'altro perché in Vaticano non ci sono servizi segreti.
Il 3 settembre 2009, "Avvenire" ha respinto in "10 punti" le accuse de "Il Giornale"; nella tarda mattinata, tuttavia, Boffo - per non coinvolgere ulteriormente la Chiesa, secondo quanto ha spiegato - ha rassegnato le dimissioni dagli incarichi di direttore rispettivamente di "Avvenire", Sat2000 e Radio inBlu, mediante lettera al Cardinale Angelo Bagnasco, il quale le ha accolte esprimendo "rammarico, profonda gratitudine e stima" nei suoi confronti.
Senza addurre prove, il 19 settembre il blog del vaticanista Sandro Magister ha coinvolto in questi fatti Giovanni Maria Vian, accusandolo con un articolo firmato con lo pseudonimo di Diana Alfieri sullo stesso "Il Giornale" di sostenere la campagna contro Dino Boffo.
La ritrattazione di Feltri
Il 4 dicembre 2009, Vittorio Feltri, in risposta a una lettera sulle pagine de "Il Giornale", ha scritto che "la ricostruzione dei fatti descritti nella nota, oggi posso dire, non corrisponde al contenuto degli atti processuali".
Sempre secondo la stessa risposta di Feltri, l'inaccessibilità degli atti giudiziari autentici non ha consentito di screditare il contenuto della nota e di "verificare attraverso le carte che si trattava di una bagattella e non di uno scandalo. Infatti, da quelle carte, Dino Boffo non risulta implicato in vicende omosessuali, tantomeno si parla di omosessuale attenzionato"; conclude aggiungendo che "Boffo ha saputo aspettare, nonostante tutto quello che è stato detto e scritto, tenendo un atteggiamento sobrio e dignitoso che non può che suscitare ammirazione".
In un articolo su "Il Foglio" del 30 gennaio, Vittorio Feltri ha fatto poi pubblica ammissione di aver ricevuto da una "personalità della Chiesa della quale ci si deve fidare istituzionalmente" il documento del casellario giudiziale che attestava la vicenda giudiziaria a carico del direttore di "Avvenire".
Questa informazione ha portato molti quotidiani ad assicurare che il Cardinal Bertone o Vian erano le persone alle quali si riferiva il direttore de "Il Giornale", soprattutto dopo le voci nate dopo un incontro chiarificatore tra Dino Boffo e Vittorio Feltri, in un ristorante di Milano, il 2 febbraio.
Lo stesso Feltri ha smentito queste interpretazioni in un articolo pubblicato su "Il Giornale" il 4 febbraio: "Non conosco né il direttore dell'Osservatore Romano né il Cardinale Bertone, mai incontrati. Li ho visti in fotografia e in televisione. Amen".
La smentita vaticana
Visto che questa affermazione non ha posto fine alle interpretazioni dei quotidiani sul ruolo di Vian o del Cardinal Bertone, la Santa Sede ha emesso questo martedì la sua categorica smentita.
"Queste notizie e ricostruzioni non hanno alcun fondamento", sottolinea.
"E' falso che responsabili della Gendarmeria vaticana", i presunti servizi segreti citati da Feltri, "o il direttore de 'L'Osservatore Romano' abbiano trasmesso documenti che sono alla base delle dimissioni" di Boffo, spiega la Santa Sede.
"E' falso che il direttore de 'L'Osservatore Romano' abbia dato - o comunque trasmesso o avallato in qualsiasi modo - informazioni su questi documenti, ed è falso che egli abbia scritto sotto pseudonimo, o ispirato, articoli su altre testate".
"Appare chiaro dal moltiplicarsi delle argomentazioni e delle ipotesi più incredibili - ripetute sui media con una consonanza davvero singolare - che tutto si basa su convinzioni non fondate, con l'intento di attribuire al direttore de 'L'Osservatore Romano', in modo gratuito e calunnioso, un'azione immotivata, irragionevole e malvagia. Ciò sta dando luogo a una campagna diffamatoria contro la Santa Sede, che coinvolge lo stesso Romano Pontefice", prosegue la nota.
"Il Santo Padre Benedetto XVI, che è sempre stato informato, deplora questi attacchi ingiusti e ingiuriosi, rinnova piena fiducia ai suoi collaboratori e prega perché chi ha veramente a cuore il bene della Chiesa operi con ogni mezzo perché si affermino la verità e la giustizia", conclude.