DI LUCIA BELLASPIGA E PINO CIOCIOLA
O spedale di Sondrio, Divisione di Lungodegenza, ore 4 del mattino del 15 ottobre 1993. Eluana è in stato vegetativo 'permanente' – come si diceva allora – da quasi due anni. Nella sua stanza succede qualcosa: «La paziente ha cominciato a lamentarsi facendo versi...», si legge nella 'Documentazione clinica' che la riguarda (e racconta i 17 anni dall’incidente alla morte). Non è un’eccezione che Eluana emetta suoni, sospiri, gemiti, le accade da due anni e lo farà per altri 15, fino al giorno prima della morte a 'La Quiete' di Udine. Ma quella notte non si placa, forse appare più agitata del solito, forse ha accanto un’infermiera più attenta, forse lì con lei è rimasta sua madre, non lo sappiamo. Fatto sta che Eluana continua a 'lamentarsi', come volesse dire qualcosa, e chi è lì la incoraggia, porge l’orecchio a quei 'versi', finché – è scritto nella cartella clinica – «stimolata a dire la parola 'mamma' è riuscita a dirla due volte, in modo comprensibile ». Sono passati quasi due anni dall’incidente d’auto che prima l’ha condotta in fin di vita e poi sprofondata nello stato vegetativo, ma Eluana chiama mamma Saturna, evoca l’immagine cui ci si rivolge nel bisogno.
Nei due anni di ricovero a Sondrio mamma Saturna la raggiunge quotidianamente da Lecco, pur di restarle accanto e continuare a spiare in lei quei segnali che solo un genitore può cogliere, il movimento di un dito, un sospiro più lungo... Messaggi spediti dal profondo di una coscienza nascosta, da sottolineare con trepidazione al medico di turno: «La madre riferisce, nel pomeriggio, la comparsa di movimenti spontanei di estensione del gomito sinistro», era scritto qualche pagina prima. Ogni genitore resta sempre in attesa, scruta ed ascolta, aspetta una risposta che magari arriverà tra vent’anni, stimola, chiama, accarezza, spera. Così Eluana «saltuariamente esegue ordini semplici su comando della madre », ad esempio «flessione dorsale dei piedi, flessione esterna delle ginocchia». Poi quell’invocazione due volte ripetuta, e chissà come avrà rimbalzato sul cuore di Saturna dopo anni di silenzi: «Mamma, mamma».
Ha viaggiato molto, Eluana, nei 17 anni di 'sonno', di ospedale in ospedale, per brevi ricoveri, esami, riabilitazioni, e ogni volta – si legge – «nessun problema durante il trasferimento ». È tranquilla, non necessiterebbe nemmeno di farmaci antiepilettici, nessuna crisi, mai. Il penultimo viaggio importante è quello che la porta a Lecco, dalle suore Misericordine, dove la famiglia chiede che sia ospitata perché è là che Saturna l’aveva partorita il 25 novembre del 1970, e là ora avrebbe potuto continuare ad assisterla, a due passi da casa. La speranza non muore, specie se i medici a Sondrio hanno scritto che «a tratti fissa e sembra contattabile», o che «se adeguatamente stimolata esegue ordini semplici», non un mignolo mosso, non un colpo di palpebra ma addirittura «la apertura e chiusura della mano sinistra»...
Fantasie di una madre che vede ciò che vuole vedere? No, osservazioni di medici e infermieri: «...Emetteva qualche vocalizzo, fissava e cercava di incrociare lo sguardo dell’interlocutore ». «Messa prona con appoggio sui gomiti accettava la posizione», anche se poi «non riusciva a raddrizzare il capo». « Sembra muovere le dita dei piedi su comando... ». Alla fine, «considerata la giovane età della paziente e la continua evoluzione anche se lenta, si consiglia il prosieguo del trattamento riabilitativo».
La speranza non muore, ma ce ne vuole davvero tanta, e Saturna si ammala di dolore, le loro strade si separano. Eluana è curata nella casa di cura delle Misericordine fino alla notte tra il 2 e il 3 febbraio di un anno fa, quando il padre la fa trasferire a 'La Quiete' di Udine, dove dovrà morire (un ricovero ufficialmente finalizzato al suo «recupero funzionale » e «alla promozione sociale dell’assistita»). E durante il viaggio questa volta Eluana si dibatte, fino a espellere il sondino.
Avvenirre 9 febbraio 2010