L’Inghilterra s’interroga adesso sulla possibilità che i familiari assistano i loro cari malati terminali verso il trapasso. Nella circostanza gli intellettuali eutanasici – da Martin Amis a Terry Pratchett – oltre che battistrada narcisisti sembrano i terminali avanzati di una maggioranza consolidata che vorrebbe la buona morte per legge. E’ lo stesso moto intercettato, in Olanda, da chi ha appena proposto in Parlamento una legge in base alla quale chi abbia toccato i settant’anni e sia stufo di sentirseli addosso, sia pure vivendo in eccellenti condizioni di salute, dovrebbe avere diritto al suicidio di Stato.
Ma siamo sempre lì: uno Stato può, ovvio, ma non dovrebbe mai “comminare” ai propri cittadini il diritto di suicidarsi; non può legalizzare l’eutanasia o l’omicidio pietoso senza al contempo cessare di essere un garante neutro e aideologico. Ma è altrettanto chiaro che il signor Gosling, pietoso uccisore del proprio innamorato terminale, gode di un diritto non scritto, il diritto di non mettere neppure a tema la questione di ordine etico, la facoltà di sdegnare il pensiero collettivo del legislatore (e del repressore) per rimanere invece lì dov’è, nel buio della sofferenza che prelude a un atto di carità illegale ma non necessariamente innaturale (certo questo buio, per essere credibile, non contempla la ribalta mediatica). E’ un gesto mostruoso il suo? Lo sarebbe senz’altro se godesse dell’indifferenza pubblica eletta a diritto positivo. Diversamente non è altro che Antigone.
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