Il comunismo, si dice spesso, è morto e
sepolto. In verità, oltre che in Cina,
Corea del nord, Cuba e altre realtà più
piccole, esso è ben vivo, come mentalità,
anche in Europa. Cercherò di
argomentare a favore di questa tesi una
serie di articoli successivi. Per
cominciare partirei dalla visione della
religione propria del “comunismo”. E’
risaputo che nell’ottica marxista-leninista
la religione è “l’oppio dei popoli”, una
protesta fasulla contro la “miseria reale”,
che ha come unico fine quello di alienare
ulteriormente l’uomo e di mantenerlo
nella condizione di minorità in cui esso è
a causa della struttura economica.
Quando la società diventerà
economicamente giusta, la religione
morirà d’inedia, perché essa è un
narcotico, è illusoria, fallace, astratta,
mancando di aderenza alla realtà e alla
storia. Al paradiso nell’aldilà, Marx e
Lenin contrappongono il paradiso
nell’aldiqua, e lo ritengono, quello sì,
realizzabile, concreto, tangibile. Nella
società comunista del futuro,
profetizzano, scompariranno egoismo,
stato, esercito, polizia, guerre, e tutti
vivranno felici e contenti, come nelle
migliori favole. Nella società comunista,
si poteva leggere alcuni decenni fa sulla
rivista Kommunist, “saranno
inconcepibili la cupidigia, la bramosia
del proprio tornaconto, il tentativo di
danneggiare la proprietà sociale, la
tendenza a sottrarsi all’adempimento dei
propri obblighi… Lo scomparire dalla
faccia della terra dei sostenitori dello
sfruttamento spazzerà via dall’animo
dell’uomo i rimasugli del sentimento
dell’odio, condurrà al rafforzamento
dell’amore fraterno ecc.”. Nel 2010, si
leggeva sulla Komsomolskaja Pravda del
31 dicembre 1959, il comunismo sarà
trionfante nel mondo, tutti staranno
economicamente bene, vi saranno
macchine e case per tutti, ma senza
lucchetti, senza chiavi, perché sarà
sparito ogni egoismo e la criminalità
debellata per sempre. Il progresso
scientifico porterà a scoperte sempre più
strabilianti e nelle case, accanto ai
rubinetti per l’acqua, vi saranno quelli
per il latte! La fede comunista, che nasce
dall’ottimismo antropologico illuminista
e dalla negazione del peccato originale, è
ciò di più anticristiano si possa
concepire, in quanto è l’affermazione che
l’uomo basta a se stesso, è unico
redentore, infallibile, della sua esistenza.
Ma oggi è piuttosto difficile aspettare la
felicità dalla ricetta economica di Marx,
che appare, essa sì, utopica, illusoria,
oppiacea, astratta. Ma l’idea che l’uomo
possa crearsi il paradiso da solo, rimane
quella dei bolscevichi di un tempo. Non è
un caso che siano comunisti o ex
comunisti come Veronesi, Dawkins,
Desmond Morris, Hack, Odifreddi,
Flamigni e tanti altri, ad accusare di
continuo la religione di essere l’oppio dei
popoli, il freno alla felicità, garantita, in
futuro, dalla scienza e dalla tecnica.
Quando andai in Russia nel 1960,
ricordava tempo fa padre Romano Scalfi,
mi veniva sempre proposta la stessa
tiritera: “La scienza ha dimostrato che
Dio non esiste”. Contemporaneamente il
Partito comunista prometteva ai cittadini
che “in futuro noi vivremo cent’anni
senza ammalarci mai, e per i nostri
posteri sarà ancora meglio”. In effetti,
all’epoca di Kruscev, “scienza” divenne
più che mai la parola magica per
attaccare la fede: non più persecuzione
diretta dei credenti, e internamento in
lager, con scarsi risultati, ma propaganda
massiccia, corsi di ateismo condotti da
varie associazioni, quali ad esempio la
“Società per la diffusione delle
conoscenze scientifiche”. Un libretto
pubblicato nel 1962, “Fondamenti di
ateismo scientifico” incominciava così:
“La scienza storica dimostra che tanto
Gesù Cristo quanto l’apostolo Paolo sono
personalità mitiche, cioè che non
esistettero mai… Il cattolicesimo attuale,
come quello medievale, è nemico della
scienza progressiva…” (citato in P.
Colognesi, “Russia Cristiana”, San Paolo).
Analogamente, Nikolai Bucharin, pupillo
di Lenin, direttore della Pravda fino al
1929, a lungo capo del settore
programmazione della ricerca scientifica
e membro della Accademia sovietica
delle scienze, insegnava: la religione e il
comunismo sono incompatibili perché
l’idea di Dio “si è formata ad un certo
stadio della storia umana” e “questa idea
puerile e non confermata
dall’esperienza… comincia a venire
meno” proprio grazie alle “scienze
naturali che sono in netta antitesi con
tutte le favole religiose”. Sarà la scienza,
insomma, dicevano i bolscevichi, insieme
al nuovo assetto economico, a realizzare
la morte per fame della religione e la sua
immancabile scomparsa. Conclusione:
del comunismo, che fu anche sogno di un
completo benessere materiale,
rimangono oggi il consumismo, con i suoi
rubinetti che versano latte, e lo
scientismo, la fede cieca nelle
“magnifiche sorti e progressive”
dell’uomo che ha eliminato Dio. Dalla
scienza in molti si aspettano longevità
indefinita, fertilità senza limiti, bambini
su misura e la fine delle malattie e del
dolore: la salvezza. Tutta roba
concretissima, dicono, “scientifica”, non
come l’aldilà, illusorio, dei credenti.
Tutta roba che accadrà a breve, come i
trilioni di malati che guariranno con le
staminali embrionali, come prometteva
l’Unità nei giorni precedenti al
referendum sulla legge 40 del 2005.
Il Foglio 18 febbraio 2010