ROMA, martedì, 2 marzo 2010 (ZENIT.org).- La Corte europea dei diritti dell'uomo ha accolto il ricorso presentato dall'Italia contro la sentenza che, il 3 novembre 2009, aveva sostanzialmente bocciato la presenza del crocifisso nelle aule delle scuole pubbliche.
Il Governo italiano aveva presentato il 29 gennaio un ricorso ribadendo che “il crocifisso è uno dei simboli della nostra storia e della nostra identità” e che “la cristianità rappresenta le radici della nostra cultura, quello che oggi siamo”.
La Corte europea dei diritti dell’uomo aveva sostenuto che l’esposizione del crocifisso nelle aule della scuola pubblica costituisce violazione dell’articolo 2, del Protocollo 1, della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (diritto all’istruzione), valutato congiuntamente con l’articolo 9, che tutela la libertà di pensiero, coscienza e religione.
Secondo la Corte di Strasburgo, l’obbligo all’esposizione del simbolo della confessione cristiana limita non solo il diritto dei genitori a educare secondo le loro convinzioni i figli, ma anche il diritto degli alunni di credere in altre confessioni o di non credere affatto.
Spetterà ora alla Grande Camera pronunciarsi nei prossimi mesi con un verdetto definitivo ma non obbligatorio sulla sentenza espressa dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.
Nel commentare la notizia il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, il Cardinale Angelo Bagnasco, ha detto: “Un atto di buon senso da tutti auspicato perché rispetta quello che è la tradizione viva del nostro Paese e riconosce un dato storico oggettivo, secondo cui alla radice della cultura e della storia europea c'è il Vangelo, che è riassunto in Gesù Crocifisso".
“La presenza del crocefisso - ha aggiunto il porporato a Genova, a margine di un incontro pubblico sulla scuola, secondo quanto riferito da “Avvenire” - è importante, l'importanza dei segni fa parte dell'antropologia, perché l'uomo è anima e corpo non puro spirito o un'idea astratta: attraverso la corporeità tutti noi esprimiamo i nostri sentimenti e i nostri valori, che sono nel cuore e resterebbero invisibili se non fossero espressi attraverso segni visibili”.
“Il crocifisso - ha concluso il Presidente della CEI - esprime il centro della nostra fede cristiana e la sintesi dei valori che hanno ispirato la cultura di libertà rispetto della persona la dignità dell'uomo che sta alla base dell'Occidente”.
“L'accoglienza da parte della Corte di Strasburgo del ricorso presentato dal governo italiano è un segnale interessante, che dimostra come attorno al crocifisso si sia creato un consenso ben più ampio di quello che ci si sarebbe immaginati”, ha spiegato dal canto suo il portavoce e Sottosegretario dell'episcopato italiano, mons. Domenico Pompili.
Tale consenso, ha aggiunto , “conferma la non adeguatezza di alcune posizioni volte a strumentalizzare segni che hanno innegabilmente a che fare con le radici culturali dell'Europa e con la fede di milioni di persone, che in tale segno si riconoscono”.
In una nota diffusa nel pomeriggio il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Ezstergom-Budapest e Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopale d’Europa, ha sottolineato la necessità “che le questioni religiose vengano affrontate a livello nazionale, secondo il principio di sussidiarietà, in quanto la sensibilità religiosa e la stessa percezione del principio di laicità varia da Paese a Paese”.
“Ritengo – ha aggiunto – che sarebbe un atto di grande saggezza se la Grande Camera, nel suo riesame, accettasse questo fatto, che sono certo ridarà fiducia nelle istituzioni europee ai numerosi cittadini europei, cristiani credenti e laici, che si erano sentiti profondamente lesi da questa sentenza”.
Il buon senso della Corte Europea dietro la vittoria italiana sul crocefisso
Il governo italiano ha ottenuto un
successo in un procedimento giudiziario,
e questa è già una notizia. La
Corte europea dei diritti dell’uomo ha
riconosciuto la fondatezza dell’appello
presentato da Roma contro la sentenza
del novembre scorso che sosteneva,
testualmente che “l’esposizione
del crocefisso nelle scuole lede la libertà
di aderire a una religione diversa
dalla cattolica, ma anche quello di
non aderire ad alcuna religione, specie
se collegata a personalità in formazione,
quali quelle dei discenti”.
Si tratta, com’è evidente a chiunque
abbia un po’ di senso comune, di una
inversione del principio di libertà,
che viene trasformato in un diritto a
vietare ad altri di esercitare la loro.
Giudici oltretutto assai approssimativi,
che dimenticano che il crocefisso
oltre che simbolo religioso cristiano (e
non solo cattolico, peraltro) rappresenta
le radici culturali e spirituali comuni
all’Europa e all’occidente e comunque
senza dubbio quelle dell’Italia.
Ora la questione sarà discussa dalla
Grande camera della Corte, la cui
costituzione non è ancora stata definita.
Sarà un dibattimento importante,
nel quale l’Europa delle istituzioni,
troppo spesso tecnocratiche e autolegittimate,
si confronterà con l’Europa
reale, che si è formata in una storia
millenaria che informa di sé la coscienza
popolare. La libertà, espressione
dell’unicità della persona, nasce
da quella concezione giudeo-cristiana
su cui l’Europa si è costruita. Negare
di esporne il simbolo in nome di una
libertà tutta astratta e negativa è peggio
di un paradosso, è un assurdo.
Il Foglio 3 marzo 2010