Siamo lì, al pelo, si perde o si vince per una manciata di voti, e ogni starnuto può degenerare in polmonite: per questo i giornali di sinistra hanno reagito malissimo alla prolusione del Cardinal Bagnasco che ieri ha praticamente messo fuori gioco l’asse anticattolico di cui avevo parlato all’inizio della campagna elettorale. Alla luce di quanto dichiarato dal portavoce dei vescovi italiani, Vendola Bonino e Bresso risultano invotabili!
Non che Bagnasco abbia detto nulla di nuovo, in realtà; la civitas dei sarebbe un posto dove tutti i valori evangelici vengono realizzati pienamente e concordemente; purtroppo però la città santa non è di questo mondo – o perlomeno, non si trova in Italia. Quindi, dovendo scegliere tra molti valori tutti buoni, è necessario stabilire una gerarchia: alcuni sono più importanti di altri, e questi andranno privilegiati nella scelta del voto. E’ il ragionamento che fa praticamente ogni cittadino: difficilmente il programma di un partito o di un candidato rispecchia al 100% la visione di ciascuno. Se però a fare lo stesso ragionamento è la Chiesa – e dunque i cattolici -, allora apriti cielo!
E’ da notare che la reazione che ci si aspetterebbe da persone di buon senso sarebbe la seguente: vogliamo il voto cattolico? Adeguiamoci ai loro valori non negoziabili; sul resto ce la vediamo con i nostri avversari, perché da lì in giù si entra nell’opinabile, nel regno delle valutazioni e preferenze soggettive, nelle alternative differenti ma tutte accettabili. Invece la sinistra vive questa riaffermazione dei cardini del pensiero politico cattolico come un’insulto, uno schiaffo, di più: un colpo basso, a pochi giorni dalle elezioni! E se la sparata del Manifesto è scontata – verrebbe quasi da dire banale, nel suo livore -, fa impressione invece l’editoriale della direttrice dell’Unità, che dovrebbe rappresentare il partito dei cattolici riformisti: è soprattutto dal suo intervento che si capisce qual’è il problema fondamentale. L’anticristianesimo è esattamente il substrato fondante della nuova sinistra – che per la verità non fa che tornare alle origni, vedi alla voce Don Camillo e Peppone. Vendola, Bonino e Bresso non sono incidenti di percorso, ma l’esito naturale di un processo di progressiva radicalizzazione dell’identità profonda di una sinistra ferocemente laicista.
Torna la solita domanda: fratelli cattosinistri, che ci state a fare con gente del genere?
La Cei boccia la Bonino. E ora chi voteranno i cattolici progressisti?
“La difesa della vita umana, prima di tutto dal «delitto incommensurabile» dell’aborto in tutte le sue forme, è uno dei valori «non negoziabili» in base al quale i cattolici devono votare nelle prossime regionali”. Le indicazioni del presidente della Cei, card. Angelo Bagnasco, che proprio ieri ha aperto i lavori del Consiglio episcopale permanente, il «parlamentino» dei vescovi italiani sono state chiare. Niente voto agli abortisti d’annata. Il monito sembrava lanciato soprattutto nei confronti di un candidato: Emma Bonino. E di certo deve aver almeno scosso la coscienza di tutti quei cattolici di fede progressista che non hanno problemi a dare le spalle al Pdl o all’Udc, preferendo rivolgersi, magari con discrezione, dall’altra parte.
Il lato buono della Bonino esiste? Pare di sì. Per trovarlo basta andare oltre le apparenze, parola di cattolici hanno più dimestichezza a strizzare l’occhio sinistro. Come l’Agesci, o l’Azione cattolica o i tanti cristiano popolari finiti nel Pd. Messi di fronte al fatto compiuto, ovvero la Bonino candidata per il Pd, sono apparsi all’inizio tutti perplessi. Oggi, ad una settimana dal voto, il vento pare essere cambiato e la Bonino non rappresentare più il demonio.
Nonostante la sua biografia politica in molti sono convinti che quello di anticlericale convinta sia solo uno degli aspetti della leader radicale, non l’unico. Certo è che ai vertici della Chiesa cattolica Emma non piace. E se non bastasse il monito di ieri del Cardinal Bagnasco di votare per la vita e contro l’aborto a ricordarlo, un paio di settimane fa, è stato un fondo del direttore dell’”Avvenire” che ha definito incompatibile la Bonino con il mondo cattolico. Interessante è invece capire quale sarà il comportamento dei credenti da qui fino alla chiamata alle urne. Seguiranno le indicazioni del cardinale Camillo Ruini, che in una intervista a “Il Foglio” ha di fatto sollecitato un impegno più netto della comunità ecclesiale, o quelle del suo successore alla guida del Vicariato di Roma, Agostino Vallini che è stato molto più prudente e cauto?
Ipotesi uno: prevale la posizione di Ruini. E allora ecco scatenarsi l’elettorato cattolico pronto a spendersi a favore della candidata del Pdl Renata Polverini. Ipotesi due: passa la linea di Vallini e i credenti faranno la loro parte ma in silenzio e con discrezione e soprattutto senza pressioni evidenti. “L’Azione Cattolica romana si ritrova più nelle posizioni di Vallini”, ha spiegato un prudentissimo Benedetto Coccia presidente dell’Ac romana. A sentire lui la Bonino preoccupa ma non troppo, “informalmente arrivano segnali di disorientamento da parte dei cattolici”. Cosa c’è dietro quell’informalmente? “La voglia di non esporsi soprattutto a pochi giorni da un appuntamento così delicato come è nello stile dell’Ac”, se poi chiedete a Coccia se i cattolici voteranno avendo ben chiare le competenze di un governatore regionale o guardando più i profili delle candidate risponde a mezza bocca, “dovreste chiederlo a loro, i cattolici sono tanti, ma in linea di massima non penso votino avendo in mano i regolamenti regionali”.
Ma torniamo al cardinale Vallini il quale, mentre Ruini parlava dalle colonne del quotidiano di Ferrara, ha diffuso una nota il cui sunto è questo, “nulla concederemo alla candidata radicale, ma non tagliamo certo i ponti con le forze cattoliche del centrosinistra”. Vallini è stato chiaro, una candidata di sinistra proveniente dalle file radicali è di certo una anomalia per i cattolici, ma al contempo ha sottoposto ai credenti un catalogo di diritti irrinunciabili. Si parte dai princìpi etici. “La libertà religiosa, la difesa della sacralità della vita dal concepimento fino alla morte naturale, la famiglia fondata sul matrimonio fra uomo e donna”. Ma, pari dignità, ha spiegato Vallini, è data alla questione sociale e quindi, “al lavoro retribuito secondo giustizia, la cura della salute”. Nella nota si è evidenziato come non si possono concedere deleghe a chi persegue un altro progetto ma neppure a chi si dice sostenitore della visione cattolica solo a parole.
“Attenzione la Bonino radicale leader del suo partito è un conto, diverso è la Bonino all’interno di una colazione con il Pd”, a parlare, e in parte a rassicurare l’elettorato cattolico è Mirko Coratti, votatissimo consigliere comunale romano, uno che dentro il Pd romano ha il sentore, e i voti, degli elettori cattolici del partito. “Con il Pd maggiore alleato la Bonino su certi temi avrebbe una naturale camera di compensazione”. Insomma nonostante la fuga dei vari Carra, Binetti e Lusetti, il Pd secondo Coratti, arginerebbe derive anticattoliche ponendosi a garanzia. Ma anche un cattolico come Coratti ha avuto qualche momento di esitazione, “soprattutto all’inizio, ma poi è prevalso un ragionamento più ampio. E poi bisogna ricordare come certe materie che potrebbero spaventare i cattolici sono di competenza del Parlamento”.
Il ragionamento di Coratti segue quello di Monsignor Arrigo Miglio, responsabile della Cei per i problemi del lavoro, il quale giorni addietro ha affermato che il metro di valutazione delle scelte dei cattolici per questa tornata elettorale dovrebbe essere quello legato alle tematiche sociali, perché di questo si occupano le Regioni. Poi ci sono i principi non negoziabili, come la difesa della vita e la bioetica. Ecco quindi spiegato, seppur in modo parziale, il motivo per il quale è oggettivamente difficile decifrare completamente le intenzioni di voto dei cattolici.
Anche l’Agesci, l’associazione nazionale degli scout cattolici non si sbilancia ma respinge le etichette, “oggi viviamo in una società liquida dove è anacronistico ragionare per compartimenti stagni e quindi secondo me dire, come ha fatto il direttore dell’Avvenire, che tra i cattolici e la Bonino c’è incompatibilità è come dare una accettata nell’acqua”, il punto di vista di Mauro Del Giudice che dell’Agesci qui nel Lazio è il responsabile della comunicazione. I tempi di Guareschi, dove si sapeva come votasse Don Camillo e il suo antagonista Peppone, sono finiti da un pezzo perché la politica, nell’anno domini 2010, “deve saper guardare oltre questi steccati”.
La sensazione, dopo questo viaggio tra i cattolici progressiti, è che pur di non sostenere il Pdl ci sia che sia persino in grado, argomentando anche con una certa efficacia, di far passare la Bonino come una innocua pecorella.
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Due regioni cruciali, Piemonte e Lazio, e l’appello dei vescovi
di Stefano Folli
Quanto peserà l’astensione nel voto regionale lo sapremo ormai solo lunedì sera. Può darsi che con la manifestazione di Roma Berlusconi sia riuscito, secondo le intenzioni, a rinsaldare il suo popolo, o meglio il segmento deluso e distratto, offrendogli una buona ragione per andare alle urne. Ma è anche possibile che la magia non riesca perché il ricorso alla piazza è una scappatoia fin troppo contraddittoria per chi governa da anni.
Vedremo. Quel che è certo, sono soprattutto due le regioni il cui risultato è in grado di determinare riflessi politici nazionali: Piemonte e Lazio, entrambe in bilico. Altrove il dato elettorale non sarà cruciale: in qualche caso perché l’esito appare scontato (Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana), in altri perché il rilievo del duello è minore (Basilicata, Umbria, Calabria). Ma a Torino e a Roma ogni voto peserà. E sarà valutato nei suoi effetti dirompenti.
In Piemonte l’eventuale vittoria di Roberto Cota su Mercedes Bresso sarebbe un successo della Lega assai più che del Pdl. Per Umberto Bossi equivarrebbe alla quadratura del cerchio: l’impronta del Carroccio sull’intero arco alpino, specie se anche in Lombardia, dove si affermerà Formigoni, il partito leghista dovesse raggiungere percentuali ragguardevoli. La vittoria di Cota darebbe al leader una carta decisiva da far valere al tavolo della maggioranza. Ed è chiaro che l’amicizia e la lealtà ostentate da Bossi verso Berlusconi non significano che la Lega vorrà tenere un basso profilo nei prossimi tre anni di legislatura. Proprio il contrario. La conquista del Piemonte modificherebbe i rapporti di forza nel centrodestra. Specie se il Pdl dovesse perdere il Lazio, altra regione chiave.
Qui l’ipotesi di una vittoria di Emma Bonino è più solida oggi di quanto non fosse all’inizio della campagna. E una sconfitta di Renata Polverini rischierebbe di innescare una sorta di corto circuito negli assetti di potere del Pdl. Certe debolezze già oggi evidenti non potrebbero più essere mascherate. Ma la Bonino presidente provocherebbe sussulti anche all’interno del Partito democratico. Sarebbe la dimostrazione (come Vendola in Puglia) che una classe politica innovativa, estranea al vecchio ceto ex Ds-Pds-Pci, si va imponendo al di fuori delle regioni «rosse» tradizionali.
Ecco perché la posizione espressa ieri dalla Conferenza episcopale, attraverso il presidente Bagnasco, ha un impatto politico considerevole. Chiedere ai cattolici di esprimere «un voto contro l’aborto e per la vita» significa di fatto reclamare una scelta contro Emma Bonino e Mercedes Bresso. È vero, i vescovi hanno toccato altri temi (dalla moralità nella vita pubblica all’immigrazione), nel quadro di una riflessione generale. Ma non si può negare che i due candidati del centrosinistra nelle due regioni decisive per gli equilibri nazionali sono i destinatari immediati dell’appello anti-aborto. Le idee della Bresso e della Bonino sono note e inequivocabili.
Ora è difficile dire quanto la Cei influenzerà il voto cattolico nel Lazio e in Piemonte, dove certo non mancano i cosiddetti «cattolici adulti», quelli cioè che non seguono i consigli delle gerarchie. Rispetto al passato l’influenza diretta è senza dubbio molto minore. Ma la Chiesa ha espresso una posizione forte ed esplicita, suscettibile come tale di incidere nel risultato finale. Per Cota e la Polverini è comunque un’ottima notizia.
Il Sole24Ore, 23 marzo 2010
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