DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

LA RIFLESSIONE DEI VESCOVI ITALIANI QUESTIONI VERE E URGENTI PAROLE CHIARE. MARCO TARQUINIO

C i sono perplessità che lasciano profonda­mente perplessi, soprattutto quando a e­sprimerle sono persone di mente limpida e di mai banale attenzione ai fatti dell’Italia e della Chiesa che è in Italia. È il caso della perplessità – chiamiamola così – sviluppata da Pier Luigi Battista e messa in prima pagina ieri dal Cor­riere della Sera. La premessa del ragionamen­to è ineccepibile: «la facoltà e anzi il dovere» di affermare e difendere « valori » che la Chiesa considera « irrinunciabili » . La conclusione è spiazzante: difendere il valore della vita uma­na e affermare il suo essere «fondamento» di o­gni altro valore forte – come ha fatto lunedì il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagna­sco – significherebbe, visto che siamo alla vigi­lia di elezioni regionali, mandare gli elettori al­le urne «con il senso di colpa». E questo non sa­rebbe democraticamente salutare.
Per arrivare a tale conclusione, si compiono due passaggi. Il primo è teso a escludere che la piaga dell’aborto, sino a lunedì scorso, fosse «in cima alle preoccupazioni» della Chiesa ita­liana. Solo che per affermare questo bisogna 'dimenticare' – e questo è un esercizio davve­ro sorprendente, perché non certo tipico di Bat­tista – che il mondo cattolico italiano, assieme a una parte niente affatto trascurabile del mon­do laico, è da mesi in campo a causa del lanci­nante problema aperto dall’introduzione an­che nel nostro Paese dell’aborto chimico. Un e­vento di fortissimo impatto che minaccia di a­prire – per scelte politico-amministrative già sperimentate o prefigurate proprio a livello re­gionale – la prospettiva devastante di una ba­nalizzazione e 'privatizzazione' di quel dram­ma, forzando e slabbrando la stessa legge 194. Nessuno ha apertamente posto la questione nei programmi per le elezioni regionali, ma la questione esiste ed è importantissima. E chi governerà le regioni (tra l’altro, qualche candi­dato presidente ha fatto capire di volersi riser­vare la delega di settore...) avrà un ruolo che non può essere ignorato o minimizzato.
Il secondo passaggio è invece incentrato sulla presunta «successiva» aggiunta
riequilibratri­ce
del tema del «lavoro» a quello della «vita» nella lista delle priorità valoriali. E anche que­sto è un passaggio ardito e sorprendente. È ve­ro che martedì la tesi era incredibilmente cir­colata per ore e in modo incontrollato nel cir­cuito massmediatico, ma è ancora più vero che bastava (e basta) rileggere la prolusione del car­dinal Bagnasco per verificare che, in quel testo, il «diritto al lavoro» è uno dei valori forti espli­citamente richiamati e definiti «complesso in­divisibile di beni». Quei valori alla base dei qua­li c’è la concezione cristiana della «incompri­mibile » dignità della persona assieme ai tre grandi princìpi «non negoziabili» tra cui pri­meggia proprio da quello del pieno rispetto per la vita umana. Che è, oggettivamente, un valo­re fondativo. Per quel che vale, martedì, que­sto giornale aveva messo in rilievo tutto que­sto anche nel suo editoriale di prima pagina.
Ma il problema di fondo è forse un altro. E at­tiene al dibattito sulla possibilità e addirittura sulla legittimità del libero spiegarsi della voce della Chiesa in frangenti significativi della vita nazionale. Beh, su questo ogni intelligenza se­rena e aperta – e quella di Battista certamente lo è – non dovrebbe nutrire dubbi, soprattutto in un tempo in cui si tenta – in molti modi – di screditare e affievolire e persino ridurre al si­lenzio questa voce che non serve i padroni di questo mondo e non si piega alle logiche di vecchi e nuovi poteri. I vescovi parlano alle co­scienze, con tutta la delicatezza e la chiarezza necessarie. Parlano di quel che davvero vale, anche se è scomodo, anche se ci scomoda. E se ci sarà sempre qualcuno che troverà « inop­portuno » ciò che dicono, chi ha orecchie per in­tendere ne sarà interrogato e motivato. E, ma­gari,
spronato.

© Copyright Avvenire 25 marzo 2010