Il falsario della Sindone? Doveva essere Superman
di Andrea Tornielli
Un’indagine di Tornielli sul «sacro lino»: se è un manufatto medioevale chi l’ha realizzato aveva incredibili conoscenze mediche e scientifiche
Ipotizziamo per un momento che davvero la Sindone sia un manufatto di epoca medioevale – come riscontrato dalla datazione al radiocarbonio – e dunque un clamoroso quanto sacrilego falso. Ipotizziamo pure che il suo sconosciuto autore, questo abilissimo falsario, abbia cosparso il telo con pollini di sicura provenienza mediorientale, con fiori che sbocciano a Gerusalemme in primavera, perfettamente congruenti con quelli che saranno ritrovati nei sedimenti fossili del lago di Genesareth. Ipotizziamo che vi abbia aggiunto tracce di aloe e mirra, nonché lo abbia «impolverato» con un tipo di carbonato di calcio (aragonite) del tutto simile a quello ritrovato nelle grotte di Gerusalemme, e sia riuscito anche a procurarsi due piccole monete coniate nel 29 dopo Cristo sotto Ponzio Pilato da mettere sugli occhi del cadavere. Ammettiamo ancora che lo straordinario truffatore abbia esplicitamente richiesto, a chi lo aiutava nell’impresa, di realizzare sul telo una cucitura laterale identica a quelle esistenti su stoffe ebraiche del primo secolo rinvenute a Masada, un’altura vicino al Mar Morto.
Anche ammettendo tutto questo, però, il nostro ipotetico truffatore rimane una figura piuttosto evanescente. \ Nel Medio Evo nessuno poteva avere le nostre conoscenze archeologiche e storiche sulle modalità della flagellazione romana e della crocifissione. La memoria delle circostanze e delle tecniche utilizzate nel I secolo per castigare i condannati alla morte in croce era del tutto perduta mille anni dopo. L’eventuale falsario medievale non avrebbe potuto raffigurare Cristo con particolari in aperto contrasto con l’iconografia della sua epoca. Ad esempio la corona di spine, che sul lenzuolo è del tipo «a casco», mentre la tradizionale iconografia ce la presenta come una corona aperta sopra. O il fatto che nella Sindone vi siano i segni del trasporto sulle spalle della sola trave orizzontale, il patibulum, mentre la tradizionale Via Crucis rappresenta sempre il Nazareno mentre porta la croce tutta intera. O ancora il particolare dei chiodi infissi sui polsi e non sul palmo delle mani come si vedono invece in tutta l’iconografia.
L’autore dell’eclatante «falso» avrebbe poi dovuto immaginare o prevedere con notevole anticipo l’invenzione del microscopio, avvenuta alla fine del XVI secolo, per poter aggiungere elementi invisibili ad occhio nudo, i quali sarebbero stati scoperti soltanto diversi secoli dopo: i più volte citati pollini mediorientali, terriccio, il siero, gli aromi per la sepoltura, l’aragonite con lo stesso tasso di impurità che si riscontra nelle grotte di Gerusalemme. Tutti elementi invisibili all’occhio del pellegrino medioevale, destinatario del presunto inganno. Lo stesso falsario, la cui esistenza stiamo ora ipotizzando, avrebbe dovuto anche conoscere in anticipo la fotografia, inventata com’è noto solo nel XIX secolo, e pure l’olografia realizzata negli anni Quaranta del XX secolo. Avrebbe dovuto saper inoltre distinguere tra circolazione sanguigna venosa e arteriosa, studiata per la prima volta nel 1593, vale a dire molti anni dopo la comparsa del telo sindonico, nonché essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita e in altri con sangue fuoriuscito post-mortem. Avrebbe inoltre dovuto sapere rispettare, nella realizzazione delle colature ematiche, la legge della gravità, che è stata scoperta soltanto nel 1666.
Che dire, dunque? Come minimo, questo nostro ipotetico falsario medioevale doveva essere dotato di poteri paranormali. Un vero «superman», in possesso di conoscenze scientifiche, mediche, anatomiche, storiche e archeologiche che sarebbe riduttivo definire al di fuori del comune. Avrebbe dovuto avere capacità e mezzi davvero eccezionali per produrre l’immagine sul telo. Com’è concepibile che un uomo di tale sovrumana intelligenza, di ingegno così elevato, inventore con così largo anticipo del microscopio, della fotografia, dell’olografia nonché scopritore della legge di gravità, sia rimasto completamente sconosciuto ai suoi contemporanei come pure ai posteri, dato che non ne conosciamo il nome? \ E perché mai una persona così straordinariamente intelligente, che si era spinta persino a «spolverare» la Sindone con minerali simili a quelli presenti nelle grotte di Gerusalemme, così raffinata da saper riprodurre, fin nei particolari più piccoli, gli usi e i costumi della Palestina del I secolo, avrebbe commesso un errore madornale e grossolano: quello di servirsi per la sua falsa reliquia di un telo tessuto fresco fresco in epoca medioevale?
Come si concilia la diabolica intelligenza del nostro falsario superuomo, capace di procurarsi i pollini tipici della primavera palestinese, capace di riprodurre le macchie di sangue dimostrando conoscenze di un anatomopatologo moderno, con una «svista» di tali dimensioni? Un perfezionista con qualità sovrumane sarebbe dunque caduto su di un’ovvietà, dimostrandosi all’improvviso non più un mostro di bravura, ma di sbadataggine: invece di procurarsi del tessuto antico, coevo all’epoca di Gesù, invece di cercare stoffe del I secolo sulle quali sbizzarrirsi per riprodurre l’immagine del corpo crocifisso, si sarebbe accontentato di servirsi di una Sindone appena tessuta. Ma c’è di più. Siccome è indubbio che quel lenzuolo abbia avvolto per un numero determinato di ore un cadavere, sarebbe stato impossibile per lo spregiudicato falsario omicida – sì omicida, perché doveva ammazzare il povero Cristo usato come modello allo stesso modo in cui era stato ammazzato Gesù – riuscire a trovare una vittima il cui volto fosse congruente in diverse decine di punti con le icone di Cristo diffuse nell’arte bizantina \.
Egli avrebbe soprattutto dovuto pestare a sangue il suo malcapitato modello in maniera adeguata, in modo da ottenere determinati gonfiori del viso riprodotti nelle icone. Ne avrebbe probabilmente dovuti uccidere parecchi prima di raggiungere il suo scopo. Non dunque un falsario assassino, ma un falsario serial-killer. Non soltanto un mostro di bravura, ma un mostro e basta, capace di riprodurre sul cadavere della sua vittima, colpevole soltanto di assomigliare a Gesù, particolari difficilmente ottenibili, come i pollici ripiegati all’interno del palmo e la posizione più flessa di una gamba rispetto all’altra. Anche procurare alla vittima, ormai deceduta, una ferita del costato con una lancia romana, facendone uscire sangue e siero separati, non è assolutamente un esperimento facile da compiere. Altrettanto arduo sarebbe stato mantenere il cadavere avvolto nel lenzuolo per una trentina di ore impedendo il verificarsi del fenomeno della putrefazione. Infine, sarebbe stato impossibile togliere il corpo dal lenzuolo senza il minimo strappo o il più lieve spostamento che avrebbero alterato i contorni delle tracce di sangue. Possiamo dunque concludere che la realizzazione artificiale della Sindone ci appare impossibile ancora oggi, o meglio ancor di più oggi, come onestamente riconosceva al termine della sua vita il professor Luigi Gonella, affermando «la Sindone è un oggetto che non dovrebbe esistere», e nessuno di coloro che hanno creduto di smascherare il presunto «falso» è mai riuscito a ottenere un’immagine davvero simile per ricchezza di particolari.
Anche ammettendo tutto questo, però, il nostro ipotetico truffatore rimane una figura piuttosto evanescente. \ Nel Medio Evo nessuno poteva avere le nostre conoscenze archeologiche e storiche sulle modalità della flagellazione romana e della crocifissione. La memoria delle circostanze e delle tecniche utilizzate nel I secolo per castigare i condannati alla morte in croce era del tutto perduta mille anni dopo. L’eventuale falsario medievale non avrebbe potuto raffigurare Cristo con particolari in aperto contrasto con l’iconografia della sua epoca. Ad esempio la corona di spine, che sul lenzuolo è del tipo «a casco», mentre la tradizionale iconografia ce la presenta come una corona aperta sopra. O il fatto che nella Sindone vi siano i segni del trasporto sulle spalle della sola trave orizzontale, il patibulum, mentre la tradizionale Via Crucis rappresenta sempre il Nazareno mentre porta la croce tutta intera. O ancora il particolare dei chiodi infissi sui polsi e non sul palmo delle mani come si vedono invece in tutta l’iconografia.
L’autore dell’eclatante «falso» avrebbe poi dovuto immaginare o prevedere con notevole anticipo l’invenzione del microscopio, avvenuta alla fine del XVI secolo, per poter aggiungere elementi invisibili ad occhio nudo, i quali sarebbero stati scoperti soltanto diversi secoli dopo: i più volte citati pollini mediorientali, terriccio, il siero, gli aromi per la sepoltura, l’aragonite con lo stesso tasso di impurità che si riscontra nelle grotte di Gerusalemme. Tutti elementi invisibili all’occhio del pellegrino medioevale, destinatario del presunto inganno. Lo stesso falsario, la cui esistenza stiamo ora ipotizzando, avrebbe dovuto anche conoscere in anticipo la fotografia, inventata com’è noto solo nel XIX secolo, e pure l’olografia realizzata negli anni Quaranta del XX secolo. Avrebbe dovuto saper inoltre distinguere tra circolazione sanguigna venosa e arteriosa, studiata per la prima volta nel 1593, vale a dire molti anni dopo la comparsa del telo sindonico, nonché essere in grado di macchiare il lenzuolo in alcuni punti con sangue uscito durante la vita e in altri con sangue fuoriuscito post-mortem. Avrebbe inoltre dovuto sapere rispettare, nella realizzazione delle colature ematiche, la legge della gravità, che è stata scoperta soltanto nel 1666.
Che dire, dunque? Come minimo, questo nostro ipotetico falsario medioevale doveva essere dotato di poteri paranormali. Un vero «superman», in possesso di conoscenze scientifiche, mediche, anatomiche, storiche e archeologiche che sarebbe riduttivo definire al di fuori del comune. Avrebbe dovuto avere capacità e mezzi davvero eccezionali per produrre l’immagine sul telo. Com’è concepibile che un uomo di tale sovrumana intelligenza, di ingegno così elevato, inventore con così largo anticipo del microscopio, della fotografia, dell’olografia nonché scopritore della legge di gravità, sia rimasto completamente sconosciuto ai suoi contemporanei come pure ai posteri, dato che non ne conosciamo il nome? \ E perché mai una persona così straordinariamente intelligente, che si era spinta persino a «spolverare» la Sindone con minerali simili a quelli presenti nelle grotte di Gerusalemme, così raffinata da saper riprodurre, fin nei particolari più piccoli, gli usi e i costumi della Palestina del I secolo, avrebbe commesso un errore madornale e grossolano: quello di servirsi per la sua falsa reliquia di un telo tessuto fresco fresco in epoca medioevale?
Come si concilia la diabolica intelligenza del nostro falsario superuomo, capace di procurarsi i pollini tipici della primavera palestinese, capace di riprodurre le macchie di sangue dimostrando conoscenze di un anatomopatologo moderno, con una «svista» di tali dimensioni? Un perfezionista con qualità sovrumane sarebbe dunque caduto su di un’ovvietà, dimostrandosi all’improvviso non più un mostro di bravura, ma di sbadataggine: invece di procurarsi del tessuto antico, coevo all’epoca di Gesù, invece di cercare stoffe del I secolo sulle quali sbizzarrirsi per riprodurre l’immagine del corpo crocifisso, si sarebbe accontentato di servirsi di una Sindone appena tessuta. Ma c’è di più. Siccome è indubbio che quel lenzuolo abbia avvolto per un numero determinato di ore un cadavere, sarebbe stato impossibile per lo spregiudicato falsario omicida – sì omicida, perché doveva ammazzare il povero Cristo usato come modello allo stesso modo in cui era stato ammazzato Gesù – riuscire a trovare una vittima il cui volto fosse congruente in diverse decine di punti con le icone di Cristo diffuse nell’arte bizantina \.
Egli avrebbe soprattutto dovuto pestare a sangue il suo malcapitato modello in maniera adeguata, in modo da ottenere determinati gonfiori del viso riprodotti nelle icone. Ne avrebbe probabilmente dovuti uccidere parecchi prima di raggiungere il suo scopo. Non dunque un falsario assassino, ma un falsario serial-killer. Non soltanto un mostro di bravura, ma un mostro e basta, capace di riprodurre sul cadavere della sua vittima, colpevole soltanto di assomigliare a Gesù, particolari difficilmente ottenibili, come i pollici ripiegati all’interno del palmo e la posizione più flessa di una gamba rispetto all’altra. Anche procurare alla vittima, ormai deceduta, una ferita del costato con una lancia romana, facendone uscire sangue e siero separati, non è assolutamente un esperimento facile da compiere. Altrettanto arduo sarebbe stato mantenere il cadavere avvolto nel lenzuolo per una trentina di ore impedendo il verificarsi del fenomeno della putrefazione. Infine, sarebbe stato impossibile togliere il corpo dal lenzuolo senza il minimo strappo o il più lieve spostamento che avrebbero alterato i contorni delle tracce di sangue. Possiamo dunque concludere che la realizzazione artificiale della Sindone ci appare impossibile ancora oggi, o meglio ancor di più oggi, come onestamente riconosceva al termine della sua vita il professor Luigi Gonella, affermando «la Sindone è un oggetto che non dovrebbe esistere», e nessuno di coloro che hanno creduto di smascherare il presunto «falso» è mai riuscito a ottenere un’immagine davvero simile per ricchezza di particolari.
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