DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

L'"amazzone di Dio" che cambiò la storia del Canada. due figure chiave della presenza cristiana in Québec: Marie Guyart e François de Laval



di Silvia Guidi

"La raffinata cronaca di un fallimento"; così uno spettatore definiva ieri il docufilm Folle de Dieu che il cineasta-filosofo Jean-Daniel Lafond ha dedicato due anni fa a Marie Guyart, la "Teresa d'Avila del Canada", come la definiva Bossuet. Un giudizio severo ma realista e argomentato: la proiezione del "film in progress" di Lafond al Centro culturale san Luigi di Francia ha concluso un'intensa giornata di studi dedicata a Marie Guyart e François de Laval, il primo vescovo del Québec, ricca di spunti e di contributi volti a smentire luoghi comuni, errori di prospettiva, proiezioni successive e generalizzazioni facili, destinati a far saltare le comode semplificazioni di una storiografia che troppo spesso asseconda acriticamente malintesi e schemi à la page. Il documentario di Lafond è davvero il compendio per immagini di una distanza incolmabile, per quanto sinceramente teso a capire quali fossero i pensieri, le paure e le reali motivazioni dell'amazone de Grand Dieu che ha cambiato la storia del Canada, attraverso la curiosità e l'empatia di un'attrice di provata esperienza come Marie Tifo. Ma niente potrebbe essere più lontano dalla sensibilità della nostra epoca dell'immaginifica e appassionata spiritualità barocca, e la biografia della fondatrice delle orsoline nel Nuovo Mondo sembra fatta apposta per disorientare lo studioso contemporaneo.
Maria Guyart nasce a Tours in Francia nell'ottobre del 1599; già da bambina si sente chiamata alla vocazione religiosa, a quindici anni chiede di entrare in convento ma il padre, considerandola inadatta alla vita claustrale in quanto "troppo vivace", le impone di sposare Claude Martin, piccolo proprietario di un setificio. Dopo la nascita del primo figlio, avvenuta nell'aprile del 1619, suo marito muore; Marie non ha ancora 20 anni e deve gestire da sola il laboratorio tessile, gravato di debiti e coinvolto in complesse dispute legali, nel difficile ambiente di un porto fluviale sulla Loira. La sua abilità nel risolvere le situazioni più complesse è tale che anche il cognato affida a lei l'amministrazione della sua azienda di trasporti.
Ma il desiderio di rispondere alla chiamata dello "Sposo celeste", come Marie chiama Gesù nelle sue lettere, si fa sempre più forte: il 21 gennaio 1631 entra nel convento delle orsoline di Tours, accompagnata alla porta del monastero dal figlio dodicenne, che viene affidato alle cure della sorella. Marie si sente chiamata alla missione: "Il mio corpo è nel monastero, ma il mio spirito vola lontano, in Giappone, in Cina, nelle Americhe" scrive nelle sue lettere al figlio.
Nel 1639 entra in contatto con madame de la Peltrie, una vedova di Alençon, che intende fondare nel Québec un convento per l'educazione delle bambine indiane; il 4 maggio 1639 parte da Dieppe, insieme a tre agostiniane ospedaliere, per l'America del Nord, dove sbarca il primo agosto 1639. Subito suor Maria dell'Incarnazione si stabilisce in Québec e costruisce un convento; ben presto è costretta a scrivere nuove regole e costituzioni, adatte alle nuove esperienze ed esigenze.
Senza mai uscire dal convento, impara i dialetti degli indiani algonchini, montagnesi e uroni e per loro compone canti e scrive catechismi, grammatiche e dizionari, occupandosi nel contempo della cura e dell'educazione dei bambini; educa a distanza anche suo figlio Claude attraverso lunghe, dettagliate e affettuose lettere in cui descrive le sue fatiche e le sue gioie. Nella certezza che neanche l'amore materno e l'abbraccio più tenero è capace di compiere le attese del cuore, invita suo figlio a non trascurare mai il suo rapporto personale con Gesù. Nel caso di Marie Guyart, i teoremi sociologici o psicologici non tengono: è una mistica che sa far quadrare benissimo i conti della missione, che alterna la preghiera a quello che oggi chiameremmo "economia aziendale", è un'educatrice che vuole comunicare la buona novella agli indigeni ma non ha la pretesa di cambiarli a sua immagine e somiglianza ("far diventare stanziali dei nomadi significa ucciderli") e teme l'avidità e il cinismo dei suoi connazionali più della sauvagerie dei popoli che incontra ("è più facile che un francese diventi selvaggio che il contrario" commenta con amara ironia) è consapevole della sua fragilità ma affronta ogni giorno i disagi e le fatiche della vita dei pionieri e i rischi della sanguinosa guerra in corso tra irochesi e uroni. In questo clima ci sono tutti i presupposti "sociologici" per uno scontro di civiltà con gli autoctoni ma questo, inspiegabilmente, non avviene. È sorprendente anche la storia del figlio, Claude Martin, che ci aspetteremmo segnato a vita dal trauma dell'abbandono; il bambino che bussava in lacrime alle porte del convento delle orsoline di Tours non solo, una volta cresciuto, non odia Chi gli ha portato via sua madre ma entra nei benedettini di Saint-Maur e sarà a sua volta un mistico e un riformatore. Nella storia di Marie Guyart niente è scontato, neanche il sodalizio con François de Laval; tra i due (che saranno beatificati insieme da Giovanni Paolo ii nel 1980) non c'è nessuna simpatia immediata: appena arrivato nella chiesa del convento, il sacerdote le chiede di non cantare, perché è infastidito dalla ricercatezza dei suoi "ornati" vocali. Se il disagio iniziale diventerà presto sincera stima sarà solo grazie alla consapevolezza di una costruzione comune; è il desiderio di servire un disegno più grande delle proprie idiosincrasie che permette di superare ogni diversità e "reattività" non giudicata, in ogni situazione, chiunque sia l'interlocutore.
L'opportunità di conoscere meglio il metodo delle due figure chiave della presenza cristiana in Québec, due mediatori culturali ante litteram, è arrivata in occasione del quarantennale delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e il Canada. "Questa non è la celebrazione di due figure perse in un lontano passato - ha detto il cardinale Giovanni Lajolo, presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano introducendo la giornata di studi, che si è svolta martedì scorso presso i Musei Vaticani - ma di un riconoscimento a due persone che hanno segnato la storia e la fede canadese. E, grazie alla fede cristiana, non hanno ceduto all'ostilità verso il diverso". Dopo gli interventi di Luca Codignola (università di Genova), Nicola Gasbarro (università di Udine), Dominique Deslandres (università di Montréal) e monsignor Hermann Giguère, rettore del Seminario di Québec, Anne Leahy, ambasciatore del Canada presso la Santa Sede ha chiuso i lavori con un ricordo personale: "Da ragazzina un po' discola, mi sono arrampicata anch'io sulle vecchie travi del convento. Il carisma educativo di Marie Guyart ha raggiunto anche me, a quattrocento anni di distanza".


(©L'Osservatore Romano - 18 marzo 2010)


SANTA MESSA PER LA PROCLAMAZIONE DI CINQUE NUOVI BEATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

San Pietro, 22 giugno 1980

“Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia!” (Sal 135 [136],1).

1. Questo esaltante invito del salmista ad unirci tutti nella glorificazione di Dio, per la sua infinita bontà e misericordia, oggi la Chiesa tutta lo accoglie, colma di traboccante letizia perché può inchinarsi a venerare cinque suoi figli innalzati agli onori degli altari mediante la beatificazione e, nello stesso tempo, può presentarli alla imitazione dei fedeli ed alla ammirazione del mondo: essi sono un gesuita, “apostolo del Brasile“, Giuseppe De Anchieta; una mistica missionaria, Maria Dell’Incarnazione (Guyart); un terziario francescano fondatore della congregazione betlemita, Pietro De Betancur; un Vescovo, Francesco De Montmorency-Laval; e una giovane vergine pellerossa, Caterina Tekakwitha.

In essi Dio ha profuso la sua bontà e la sua misericordia, arricchendoli della sua grazia; li ha amati con un amore paterno, ma esigente, che prometteva solo prove e sofferenze; li ha invitati e chiamati alla santità eroica; li ha strappati dalle loro patrie di origine e li ha inviati in altre terre ad annunciare, in mezzo ad indicibili fatiche e difficoltà, il messaggio del Vangelo. Due sono figli della Spagna, due della Francia, una è nata nella zona che oggi corrisponde allo Stato di New York e ha trascorso poi il resto della sua vita nel Canada. Come Abramo essi, ad un certo punto della loro vita, hanno sentito - suadente, misteriosa, imperiosa - la voce di Dio: “Vattene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre, verso il paese che io ti indicherò” (Gen 12,1). Hanno obbedito, con una disponibilità umanamente inspiegabile e sono andati in zone sconosciute, non per cercare ricchezze e glorie mondane, non per fare della propria vita un’avventura interessante, ma semplicemente per annunciare ai loro contemporanei che Dio è amore, che Gesù di Nazaret è il Messia e il Signore, il Figlio di Dio incarnato, il supremo salvatore e redentore ed il definitivo liberatore dell’uomo, di ogni uomo, di tutto l’uomo.

Le loro vicende terrene si sono svolte complessivamente nell’arco di circa 150 anni, tra il 1534 e il 1680: un periodo caratterizzato da complessi fenomeni sociali, politici, culturali, economici, e, nel campo ecclesiale, tra l’altro, dal Concilio di Trento e dalla istituzione da parte di Gregorio XV, nel 1622, della congregazione “de Propaganda Fide”, che ha animato il grandioso risveglio e l’incontenibile slancio missionario della Chiesa nell’epoca moderna.

2. E um incansável e genial missionário é José De Anchieta, que aos dezessete anos, diante da imagem da Santa Virgem Maria na Catedral de Coimbra, fez voto de virgindade perpétua e decide dedicar-se ao serviço de Deus. Tendo ingressado na Companhia de Jesus, parte para o Brasil no ano de 1553 onde, na missão de Piratininga, empreende múltiplas atividades pastorais com o escopo de aproximar e ganhar para Cristo os índios das florestas virgens. Ele ama com imenso afeto os seus irmãos “Brasís”, participa de sua vida, aprofunda-se nos seus costumes e compreende que sua conversão à fé cristã deve ser preparada, ajudada e consolidada por um apropriado trabalho de civilização, para a sua promoção inumana. Seu zelo ardente o move a realizar inúmeras viagens, cobrindo distâncias imensas, em melo a grandes perigos. Mas a oração continua, a mortificação constante, a caridade fervente, a bondade paternal, a união intima com Deus, a devoção filial à Virgem Santísima - que ele celebra em um longo poema de elegantes versos latinos - dão a este grande filho de Santo Inácio uma força sobre-humana, especialmente quando deve defender contra as injustiças dos dores os seus irmãos indígenas. Para eles compõe um catecismo, adaptado à sua mentalidade e que contribuiu grandemente para a sua cristianização. Por tudo isto ele bem mereceu o título de “Apóstolo do Brasil”.

Traduzione italiana

2. Un instancabile e geniale missionario è José De Anchieta il quale a 17 anni, davanti alla immagine della santa Vergine Maria nella cattedrale di Coimbra, fa voto di verginità perpetua e decide di dedicarsi al servizio di Dio. Entrato nella compagnia di Gesù parte per il Brasile nel 1553, da cui, nella missione di Piratininga, intraprende molte attività pastorali con lo scopo di guadagnare a Cristo gli indios delle foreste vergini. Ama con immenso affetto i suoi fratelli “brasis”, partecipa alla loro vita, si immerge nei loro costumi e si convince che la loro conversione alla fede deve essere preparata, aiutata e consolidata da un appropriato lavoro di civilizzazione per la promozione umana. Il suo ardente zelo lo muove a intraprendere innumerevoli viaggi, coprendo immense distanze, in mezzo a grandi pericoli. Ma la predicazione continua, la mortificazione costante, la fervente carità, la bontà paterna, la comunione intima con Dio, la devozione filiale alla Vergine santissima che egli celebra in un lungo poema di eleganti versi latini - dà a questo grande figlio di sant’Ignazio una forza sovrumana, specialmente quando deve difendere i suoi fratelli indigeni dalle ingiustizie dei colonizzatori. Per loro (gli indigeni) compone un catechismo, adattato alla loro mentalità che contribuisce grandemente alla loro cristianizzazione. Per tutto questo ben meritò il titolo di “apostolo del Brasile”.

3. Nacido de familia pobre, dedicada a la agricultura y a la ganadería, Pedro de Betancur tiene en su vida un solo objetivo: llevar el mensaje cristiano a les “Indias Occidentales”. A los 23 años deja SN patria y llega a Guatemala, enfermo, sin recursos, solo, desconocido, convirtiéndose en el apóstol de los esclavos negros, de los indios sometidos a trabajos inhumanos, de los emigrantes sin trabajo ni seguridad, de los niños abandonados. El Hermano Pedro, animado por la caridad de Cristo, se hizo todo para todos, en particular para los pequeños vagabundos de cualquier raza y color, en favor de los cuales funda una escuela. Para los enfermos pobres, despedidos de los hospitales pero todavía necesitados de ayuda y asistencia, Pedro funda el primer hospital del mundo para convalecientes. Muere a los 41 años de edad.

El Niño de Belén, en cuyo nombre fundó la Congregación Betlemita, fue el tema asiduo de la meditación espiritual del Beato, el cual en los pobres supo descubrir siempre el rostro de “Jesús Niño”: por esto los amó con una delicada ternura, cuyo recuerdo sigue siempre vivo en Guatemala.

Traduzione italiana

3. Nato da una povera famiglia di contadini e allevatori, Pedro De Betancur ha nella sua vita un solo obiettivo: portare il messaggio cristiano nelle “Indie occidentali”. A 23 anni lascia il suo paese e giunge in Guatemala, malato, povero, solo e sconosciuto, convertendosi nell’apostolo degli schiavi negri, degli indios sottoposti a lavori inumani, degli emigranti, senza lavoro e senza sicurezza, dei bambini abbandonati. Fratel Pedro, animato dalla carità di Cristo, si fece tutto a tutti, in particolare per i piccoli vagabondi di tutte le razze e colori, in favore dei quali fonda una scuola. Per i poveri ammalati, dimessi dagli ospedali ma ancora bisognosi di aiuto e assistenza, Pedro fonda il primo ospedale del mondo per i convalescenti. Muore a 41 anni.

Il Bambino di Betlemme, in nome del quale fonda la congregazione Betlemita fu il tema assiduo della meditazione del beato, il quale seppe scoprire nei poveri il volto di “Gesù bambino”: per questo li amò con una delicata tenerezza, il cui ricordo rimane vivo in Guatemala.

4. Marie de l’Incarnation (Marie Guyart) a été justement appelée “Mère de l’Eglise catholique au Canada”.

A dix-sept ans, elle épouse Claude Martin; à dix-huit ans elle est mère; à vingt ans, elle est déjà votive. Marie refuse un second mariage que lui proposent ses parente et, à trente-deux ans, elle entre au monastère des Ursulines de Tours. Dieu lui a donné de comprendre la laideur du péché et le besoin de rédemption. Ayant une profonde dévotion au Cœur de Jésus et méditant assidûment le mystère de l’Incarnation, elle mûrit sa vocation missionnaire: “Mon corps était dans notre monastère, écrira-t-elle dans son autobiographie, mais mon esprit ne pouvait être enfermé. L’Esprit de Jésus me portait dans les Indes, au Japon, dans l’Amérique, dans l’Orient, dans l’Occident, dans les parties du Canada et dans les Hurons, et dans toute la terre habitable où il y avait des âmes raisonnables que je voyais appartenir à Jésus-Christ”. En 1639, elle est au Canada. Elle est la première Sœur française missionnaire. Son apostolat catéchétique en faveur des indigènes est infatigable: elle compose un catéchisme dans la langue des Hurons, un autre dans la langue des Iroquois, un troisième dans la langue des Algonquins.

Ame profondément contemplative, engagée cependant dans l’action apostolique, elle émet le vœu de “chercher la plus grande gloire de Dieu en tout ce qui serait de plus grande sanctification”, et en mai 1653, elle s’offre intérieurement en holocauste à Dieu pour le bien du Canada.

Maîtresse de vie spirituelle, au point que Bossuet l’a définie la “Thérèse du Nouveau Monde”, et promotrice d’œuvres d’évangélisation, Marie de l’Incarnation unit en elle, de manière admirable, la contemplation et l’action. En elle la femme chrétienne s’est réalisée pleinement et avec un rare équilibre, dans ses divers états de vie: épouse, mère, veuve, directrice d’entreprise, religieuse, mystique, missionnaire, et cela toujours dans la fidélité au Christ, toujours en union étroite avec Dieu.

Traduzione italiana

4. Maria dell’Incarnazione (Marie Guyart) è stata giustamente chiamata “madre della Chiesa cattolica in Canada”.

A diciassette anni, sposa Claudio Marin; a diciotto anni è madre; a vent’anni è già vedova. Maria rifiuta un secondo matrimonio che le propongono i parenti e, a trentadue anni, entra nel monastero delle orsoline di Tours. Dio le ha dato di conoscere l’oscurità del peccato e il bisogno della redenzione. Avendo una profonda devozione al cuore di Gesù e meditando assiduamente il mistero dell’incarnazione, matura la sua vocazione missionaria: “Il mio corpo era nel vostro monastero - scrive nella sua autobiografia - ma il mio spirito non poteva essere rinchiuso. Lo Spirito di Gesù mi portava nelle Indie, in Giappone, in America, in Oriente, in Occidente, nelle zone del Canada e degli Hurons, e in tutta la terra abitata dove ci sono delle anime ragionevoli che vedeva appartenere a Gesù Cristo”. Nel 1639, è in Canada. È la prima suora francese missionaria. Il suo apostolato catechetico a favore degli indigeni è infaticabile: prepara un catechismo nella lingua degli uroni, un altro nella lingua degli irochesi, un terzo nella lingua degli algonchini.

Anima profondamente contemplativa, impegnata però nell’azione apostolica, ella fa il voto di “cercare la più grande gloria di Dio in tutto ciò che fosse di più grande santificazione”, e nel maggio 1653, ella si offre interiormente in olocausto a Dio per il bene del Canada.

Maestra di vita spirituale, al punto che Bossuet l’ha definita la “Teresa del nuovo mondo”, e promotrice di opere di evangelizzazione, Maria dell’Incarnazione unisce in sé, in modo ammirevole, la contemplazione e l’azione. In lei la donna cristiana si è realizzata pienamente e con un raro equilibrio, nei diversi stati della vita: sposa, madre, vedova, direttrice di impresa, religiosa, mistica, missionaria, e questo sempre nella fedeltà a Cristo, sempre in stretta unione con Dio.

5. François de Montmorency-Laval, noble fils de la France, animé lui aussi du charisme missionnaire, aurait pu aspirer aux carrières humaines les plus prometteuses, mais il préféra correspondre généreusement à l’invitation du Christ qui l’envoyait annoncer l’Evangile dans des contrées lointaines. Elu Vicaire Apostolique dans la “Nouvelle France”, revêtu du caractère épiscopal, il s’établit à Québec, et il se donne avec un zèle infatigable à l’expansion du Règne de Dieu en réalisant la figure idéale de l’Evêque: il consacre aux Indiens la première part de son ministère; il voyage sans arrêt à havers l’immense région, la moitié du continent nord-américain; il fonde le séminaire de Québec, qui deviendra ensuite l’“Université Laval”, l’une des premières Universités catholiques des temps modernes; il s’occupe, avec un soin particulier, des prêtres, des religieux et des religieuses; il obtient du Saint-Siège l’institution à Paris d’un séminaire pour les “Missions Etrangères”.

Marie de l’Incarnation qui l’avait précédé au Canada vingt ans auparavant et qui est aujourd’hui béatifiée avec lui, écrivait à son arrivée: “C’est un homme de grana mérite et de vertu insigne; ce ne sont pas les hommes qui l’ont choisi; je dirai en toute vérité qu’il vit comme un saint et comme un apôtre”.

Traduzione italiana

5. Francesco de Montmorency-Laval, nobile figlio della Francia, animato anche lui del carisma missionario, avrebbe potuto aspirare alle carriere umane più promettenti, ma preferì corrispondere generosamente all’invito di Cristo che l’invitava ad annunciare il Vangelo in paesi lontani. Eletto vicario apostolico nella “Nuova Francia”, rivestito dal carisma episcopale, si stabilisce a Quebec, e si dà con un infaticabile zelo all’espansione del regno di Dio realizzando la figura ideale del Vescovo: consacra agli indiani la prima parte del suo ministero; viaggia senza posa attraverso l’immensa regione, la metà del continente nord-americano; fonda il seminario di Quebec, che diventerà in seguito l’“Università Laval”, una delle prime università cattoliche dei tempi moderni, si occupa, con premura particolare, dei preti, dei religiosi e delle religiose; ottiene dalla santa Sede l’istituzione a Parigi di un seminario per le “Missioni estere”.

Maria dell’Incarnazione che l’aveva preceduto in Canada venti anni prima e che oggi è beatificata con lui, scriveva al suo arrivo: “È un uomo di grande merito e di virtù insigne; non sono gli uomini che l’hanno scelto; dirò in tutta verità che egli vive come un santo e come un apostolo”.

6. This wonderful crown of new Beati, God’s bountiful gift to his Church, is completed by the sweet, frail yet strong figure of a young woman who died when she was only twenty-four years old: Kateri Tekakwitha, the "Lily of the Mohawks", the Iroquois maiden, who in seventeenth-century North America was the first to renew the marvels of sanctity of Saint Scholastica, Saint Gertrude, Saint Catherine of Siena, Saint Angela Merici and Saint Rose of Lima, preceding, along the path of Love, her great spiritual sister: Therese of the Child Jesus.

She spent her short life partly in what is now the State of New York and partly in Canada. She is a kind, gentle and hardworking person, spending her time working, praying and meditating. At the age of twenty she receives Baptism. Even when following her tribe in the hunting seasons, she continues her devotions, before a rough cross carved by herself in the forest. When her family urges her to marry, she replies very serenely and calmly that she has Jesus as her only spouse. This decision, in view of the social conditions of women in the Indian tribes at that time, exposes Kateri to the risk of living as an outcast and in poverty. It is a bold, unusual and prophetic gesture: on 25 March 1679, at the age of twenty-three, with the consent of her spiritual director, Kateri takes a vow of perpetual virginity, as far as we know the first time that this was done among the North American Indians.

The last months of her life are an ever cleaner manifestation of her solid faith, straight-forward humility, calm resignation and radiant joy, even in the midst of terrible sufferings. Her fast words, simple and sublime, whispered at the moment of death, sum up, like a noble hymn, a life of purest charity: "Jesus, I love you..."

Traduzione italiana

6. Questa bella corona di nuovi beati, dono generoso di Dio alla sua Chiesa, è completata dalla dolce, fragile ma forte figura di giovane donna che morì a soli ventiquattro anni di età: Kateri Tekakwitha, il “giglio dei Mohawks”, la vergine irochese che nel diciassettesimo secolo nel nord America fu la prima a rinnovare le meraviglie di santità di santa Scolastica, santa Gertrude, santa Caterina da Siena, santa Angela Merici e santa Rosa da Lima, precedendo lungo il sentiero dell’amore, la sua grande sorella spirituale, Teresa del Bambino Gesù.

Passò la sua breve vita parte in quello che ora è lo Stato di New York e parte in Canada. Era una persona gentile, dolce e forte lavoratrice, che passava il suo tempo lavorando, pregando e meditando. Ricevette il battesimo all’età di vent’anni. Anche mentre seguiva la sua tribù nella stagione della caccia, continuava le sue devozioni, davanti a una rozza croce scolpita da lei stessa nella foresta. Quando la sua famiglia la invitò a sposarsi, lei replicò con grande serenità e calma di avere Gesù come suo unico sposo. Questa decisione, considerando le condizioni sociali della donna nelle tribù indiane, espose Kateri al rischio di vivere come una paria e in povertà. Fu un audace, insolito e profetico gesto: il 25 marzo 1679, all’età di ventitré anni, con il consenso del suo direttore spirituale, Kateri pronunciò il voto di perpetua verginità; per quanto noi sappiamo fu la prima volta che questo avvenne tra gli indiani del nord America.

L’ultimo mese della sua vita è una sempre più chiara manifestazione della sua solida fede, schietta umiltà, calma rassegnazione e gioia raggiante, anche in mezzo alle più terribili sofferenze. Le sue ultime parole, semplici e sublimi, mormorate al momento della morte, ricapitolano, come un nobile inno, una vita di purissima carità: “Gesù, io ti amo”.


7. Pieni di commossa letizia ringraziamo Dio che continua a dare generosamente alla Chiesa il dono della santità, e ci chiniamo riverenti a venerare i nuovi beati e le nuove beate di cui abbiamo brevemente tratteggiato la fisionomia spirituale; ascoltiamo docili il messaggio, che ci rivolgono con la forza della loro testimonianza. Veramente, mediante la fede i loro cuori si sono aperti con generosità alla parola di Dio e sono diventati abitazione di Cristo, ed essi, radicati e fondati nella carità, hanno raggiunto una particolare profondità di conoscenza e di comprensione del misterioso disegno divino di salvezza, e hanno conosciuto l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza (cf. Ef 3,17-19). In questo giorno di gloria ci ricordano che noi tutti siamo invitati e tenuti a perseguire la santità e la perfezione del nostro proprio stato (cf. Lumen Gentium, 42) e che la Chiesa, la quale vive nel tempo, per sua natura è missionaria e deve seguire la stessa strada seguita da Cristo, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso fino alla morte (cf. Ad Gentes, 1. 5).

O beati e beate, che oggi la Chiesa peregrinante glorifica ed esalta, dateci la forza di imitare la vostra fede limpida, quando ci troviamo nei momenti di tenebre; la vostra serena speranza, quando ci troviamo abbattuti dalle difficoltà; la vostra ardente carità verso Dio, quando siamo tentati di idolatrare le creature; il vostro amore delicato verso i fratelli, quando vorremmo chiuderci nel nostro egoistico individualismo!

O beati e beate, benedite le vostre patrie, quelle di origine e quelle che vi furono donate da Dio, come la “terra promessa” ad Abramo, e che voi avete amato, evangelizzato, santificato!

O beati e beate, benedite la Chiesa tutta, pellegrina che attende la patria definitiva!

O beati e beate, benedite il mondo, che ha fame e sete di santità!

Beato Giuseppe de Anchieta, beata Maria dell’Incarnazione, beato Pietro De Betancur Beato Giuseppe De Montmorency-Laval, beata Caterina Tekakwitha, pregate per noi!



Beata Maria dell’Incarnazione Guyart Vedova e fondatrice


Ritratto della Venerabile Marie de l'Incarnation

Ritratto della Venerabile Marie de l'Incarnation (1672). Hugues Pommier (attribuito). Dipinto. ©Musée des Ursulines de Québec. Fotografia di François Lachapelle, 1980. PMA:J99.1625. In risposta alle visioni che le indicavano la sua vocazione in Canada, Marie de l'Incarnation (1599-1672) fondò la Congregazione delle Orsoline a Quebec (1639) e si mise al servizio della chiesa e della società civile.

Maria Guyart nacque a Tours in Francia il 28 ottobre 1599, i genitori Fiorenzo Guyart e Giovanna Michelet erano panettieri, e educarono la figlia ad una vita austera e cristiana.
Pur avendo avuto già da piccola esperienze mistiche, verso i quindici anni, era il 1614, avvertì la vocazione religiosa; ma secondo le consuetudini del tempo, il padre scelse per lei il matrimonio e in obbedienza alla volontà paterna, Maria accettò.
Quindi nel 1617 a 18 anni, sposò Claudio Martin piccolo proprietario di un setificio; dopo due anni il 2 aprile 1619 nacque il figlio Claudio, ma la serenità della famiglia durò poco, perché il 10 ottobre dello stesso 1619 rimase vedova e a 20 anni si trovò gravata dei debiti della piccola azienda e coinvolta in alcuni processi.
Costretta dalla situazione, per i successivi dieci anni Maria Guyart, si dedicò all’educazione del figlio e con coraggio prese in mano gli affari aziendali, sbrigandoli con grande responsabilità.
Presa da queste occupazioni, rifiutò le seconde nozze, orientandosi verso una vita di contemplazione nell’attività, che la fa collocare fra le grandi mistiche della Chiesa. Nel 1620 ebbe una “visione del sangue”, che ella chiamò la sua conversione, alle quali seguirono tre visioni trinitarie; l’anno successivo fece il voto di castità, nel contempo un suo cognato Paolo Buisson la invitò ad aiutarlo nel suo lavoro.
Inizialmente s’interessò di sbrigare tutte le faccende di casa, finché nel 1625 le fu affidata l’amministrazione generale dell’impresa di trasporti del cognato. Siamo nel XVII secolo e ci sembra quasi da non credere che una donna di circa 26-27 anni, vedova con un figlio, fosse a capo di aziende sia pure modeste, in un contesto storico sociale che emarginava in genere la donna e poi nel difficile ambiente di un porto fluviale sulla Loira; comunque Maria pur impegnatissima nelle sue multiformi attività, mantenne sempre una stretta visione con Dio, in una vita attiva-contemplativa.
Dal 1624 in poi, ebbe varie intense visioni di Cristo, estasi che la facevano sentire perduta in un oceano d’amore; e fu in questo periodo che si fece sempre più struggente in lei, il desiderio di consacrarsi totalmente a Dio, guidata spiritualmente dal religioso Raimondo di san Bernardo, fogliantino (Cistercensi riformati nel 1577 da Jean de La Barrière, abate di Feuillant, Ordine poi soppresso dalla Rivoluzione Francese).
Indecisa fra le Carmelitane e le Cistercensi riformate (Fogliantine), alla fine scelse le Orsoline di Tours, fra le quali entrò il 21 gennaio 1631; fu accompagnata alla porta del monastero dal figlio, il quale fu affidato alla sorella, dopo aver resistito ad accondiscendere alla decisione della madre, da lui ritenuta troppo grave.
In seguito lui stesso diverrà benedettino e sarà il primo biografo della madre, essendo quello che più di tutti ne aveva conosciuto il misticismo e le virtù.
Maria Guyart, vedova Martin prese il velo il 25 marzo 1631, cambiando il nome in Maria dell’Incarnazione e dopo aver fatto il noviziato, emise la professione religiosa il 25 gennaio 1633. Intanto nel maggio 1631 ebbe la terza visione della Trinità, sentendosi rapire in Essa, ma la sua vita non fu solo visioni ed estasi, perché sentì che Dio l’avvolgeva di tenebre e aridità; assillata da oscurità spirituali e tentazioni, mantenne ugualmente in quella che i mistici chiamano “la notte dello spirito”, l’unione con Dio, con il dono della comprensione della Sacra Scrittura che ha dell’eccezionale.
Divenne ben presto Maestra delle Novizie; il periodo in cui visse come suora, vide il cattolicesimo impegnato in una fase di rinnovamento; nel 1622 papa Gregorio XV aveva istituito la Congregazione di ‘Propaganda Fide’ per aiutare i tanti missionari che partivano per le terre lontane, specie del Nuovo Mondo americano, e in questa atmosfera Maria maturò ancor di più la sua vocazione missionaria; il suo corpo era nel monastero, ma il suo spirito volava lontano.
Intraprese una corrispondenza con i missionari gesuiti del Canada; nel 1639 si mise in contatto con Madame de la Peltrie, una vedova di Alençon, che intendeva fondare nel Quebec un convento per l’educazione delle bambine indiane.
Appena la vide, Maria dell’Incarnazione riconobbe in lei la persona vista in un suo sogno e il 22 febbraio 1639 lasciò Tours per Parigi, con la compagnia della giovane suora Maria di S. Giuseppe, rimanendovi due mesi per sbrigare i preparativi della fondazione.
Il 4 maggio 1639 partì da Dieppe, insieme a tre agostiniane ospedaliere, imbarcata sulla nave “Saint Joseph” per l’America del Nord, dove sbarcò il 1° agosto 1639. Subito suor Maria si stabilì a Québec e vi costruì un convento e quando questo fu distrutto da un incendio, ne costruì un altro più grande; nel contempo arrivarono altre suore e ben presto fu costretta a scrivere nuove Regole e Costituzioni, adatte alle nuove esperienze ed esigenze.
Senza mai uscire dal convento imparò i dialetti degli indiani Algonchini, Montagnesi e Uroni e per loro scrisse catechismi, grammatiche e dizionari, occupandosi nel contempo dei bambini indiani, ai quali forniva nutrimento, assistenza ed educazione.
Era l’angelo custode dei missionari, che accompagnava con la sua preghiera e tramite la corrispondenza epistolare interessava quanti più poteva, all’ideale e necessità missionarie. In quegli anni dal 1642 al 1649 subirono il martirio in Canada, ben otto missionari gesuiti (Isacco Jogues, ecc.) e Maria dell’Incarnazione, fu invitata visto il pericolo, a ritornare in Francia, ma lei non volle abbandonare il suo “centro” come definiva il Canada; anzi nel maggio del 1653 fu ispirata ad offrirsi in olocausto a Dio per il bene di quella terra.
Continuò intrepidamente ad avere una vita contemplativa e attiva, con semplicità ed equilibrio, finché nel 1669 fu liberata dalla responsabilità di Superiora, a causa delle malferme condizioni di salute, che continuarono ad aggravarsi e il 30 aprile 1672 morì a Québec, lasciando una Comunità di una trentina di suore, dalle quali sarebbero derivate le “Orsoline del Canada”.
Le sue spoglie riposano nell’Oratorio accanto alla Cappella delle Orsoline di Québec; per il suo ruolo di maestra di vita spirituale e di promotrice di opere evangeliche, gode di tale stima nella storia canadese, da essere considerata la ‘madre’ della Chiesa Cattolica del Canada.
Madre Maria dell’Incarnazione Guyart fu beatificata da papa Giovanni Paolo II il 22 giugno 1980.


Autore:
Antonio Borrelli