Pubblichiamo stralci di un articolo appena uscito sull'ultimo numero della rivista dei gesuiti "La Civiltà Cattolica".
di Giovanni Cucci Parlare di "desiderio" a proposito della vita spirituale potrebbe suscitare disagio, ritenendo che lasciare libero corso a esso condurrebbe a una vita senza freni e schiava degli impulsi, disattendendo i valori scelti. Il desiderio potrebbe anche rievocare le sofferenze più forti ricevute nella vita: un affetto non corrisposto, un'amicizia tradita, un bel gesto incompreso, una serie di situazioni in cui l'apertura di sé e l'espressione di ciò che si aveva di più caro ha comportato ferite profonde. Da qui la tentazione di concludere che una vita senza desideri sarebbe più tranquilla, ordinata e stabile.
Il desiderio non può essere cancellato così facilmente. Desideri e affetti, nel loro binomio inseparabile, costituiscono l'elemento basilare della vita psichica, intellettuale e spirituale, sono la sorgente di ogni attività; pur apparendo talvolta un insieme caotico e complicato, essi rimandano a realtà fondamentali e necessarie, che danno sapore alla vita, perché la rendono interessante, "gustosa". San Tommaso associa con acume il desiderio allo stesso atto della vista, un'operazione essenzialmente selettiva, che si sofferma su ciò che cattura il cuore.
Il desiderio occupa inoltre un posto fondamentale nella stessa rivelazione biblica, a differenza di altre tradizioni religiose, al punto da costituire un elemento specifico della relazione con Dio: "La perfezione suprema per il buddismo è "uccidere il desiderio". Gli uomini della Bibbia, anche i più vicini a Dio, quanto appaiono lontani da questo sogno! Al contrario, la Bibbia è piena del tumulto e del conflitto di tutte le forme del desiderio. Certo, è ben lontana dall'approvarle tutte (...), ma in tal modo prendono tutta la loro forza e danno tutto il suo valore all'esistenza dell'uomo".
D'altra parte, tutte queste precauzioni e timori mostrano per contrasto la potenza e il ruolo del desiderio nella vita. Esso è veramente in grado di accendere tutto l'essere, dando gusto, forza, coraggio e speranza di fronte a decisioni e difficoltà. Come osserva R. May: "Il desiderio porta calore, contenuto, immaginazione, gioco infantile, freschezza e ricchezza alla volontà. La volontà dà l'auto-direzione, la maturità del desiderio. La volontà tutela il desiderio permettendogli di continuare senza correre rischi eccessivi. Ma senza desiderio, la volontà perde la sua linfa vitale, la sua vitalità e tende a estinguersi nell'autocontraddizione". Spesso è proprio la mancanza del desiderio a costituire lo spartiacque tra un progetto riuscito, coerente e duraturo, e le mille velleità e buoni propositi. Il desiderio infatti, parafrasando lo psicologo Kubie, consente di attuare l'unico tipo di trasformazione duraturo, cioè "cambiare nella capacità di cambiare": ciò consente di riportare ordine nel disordine. Quando il desiderio è vero, autentico, conduce a operare una radicale ristrutturazione, a "mettere ordine nella propria vita", come direbbe sant'Ignazio, giungendo ad essere un uomo capace di gustare e godere di essa, in altre parole di essere contento.
Ma che cosa si intende con il termine "desiderio"? E come è possibile riconoscerne la possibile autenticità e profondità? In ambito psicologico si distingue anzitutto "desiderio" da "bisogno". Il desiderio, a differenza del bisogno, ha una radice più sottile e complessa, legata alla storia, alla memoria, agli affetti dell'individuo: esso ha anche a che fare con la fantasia e non è facilmente concretizzabile in un oggetto immediato, come avviene invece nel bisogno. Sarebbe dunque riduttivo identificare il desiderio col piacere o con l'appagamento sessuale; esso è piuttosto un elemento che attraversa tutti gli aspetti della vita, intellettuale, spirituale, relazionale, ludico. C'è un elemento di continuità nel desiderio che indica una direzione, un percorso, un senso al vivere, a differenza del bisogno che è puntuale, limitato, circoscritto e di breve durata.
Ma è possibile elaborare una "graduatoria" dei desideri per riconoscerne la validità e la verità? La gravità di questi interrogativi, irrinunciabili, mostra, oltre all'importanza di conoscere i propri desideri, anche l'aiuto efficace che può giungere da un percorso di vita spirituale. È infatti nella lettura e interpretazione del desiderio che il discorso psicologico incontra alcuni elementi fondamentali della vita spirituale, come l'ascesi e la rinuncia: esse non sono da intendersi come nemiche del desiderio, ma come un percorso di verifica e maturazione di ciò che veramente vale, tralasciando quanto, pur attraente, toglie gusto alla vita, lasciando la persona in balìa del capriccio. Presupposto indispensabile a questo lavoro è la fiducia che i desideri profondi troveranno un loro compimento e una loro realizzazione adeguata. Ciò implica una concezione della vita e del mondo all'insegna dell'ordine e del senso, per cui valga quindi la pena impegnarsi e faticare. Non a caso il desiderio è anche un simbolo potente per riconoscere la presenza di Dio nella propria vita; lo stesso Vangelo può essere presentato come una fondamentale educazione ai desideri. Si pensi, per esempio, alla domanda iniziale di Gesù nel Vangelo di Giovanni: "Che cercate?" (1, 38), una domanda che invita a fare chiarezza nel cuore prima della sequela. Anche nel contesto proprio del miracolo, Gesù rimanda al desiderio; quando si trova di fronte al paralitico della piscina di Betzatà gli chiede anzitutto: "Vuoi guarire?" (Giovanni, 5, 6). Non è una domanda scontata, e infatti il malato non vi risponde, ma continua a parlare dei problemi che gli sono familiari, i problemi della giornata tipica del paralitico. "Guarire" significa fare i conti con la paura di perdere una situazione magari disagevole ma nota, per iniziare una vita nuova. Perché ci sia un cambiamento non basta dunque "stare male", essere esasperati: occorre soprattutto il desiderio convinto di introdurre una novità nella propria vita, essendo disposti ad affrontarne il costo. Ponendo questo interrogativo, Gesù invita a riconoscere che cosa è importante desiderare nella vita, come guida per ogni passo ulteriore, di guarigione e di salvezza. Come conoscere dunque la possibile verità e profondità del proprio desiderio?
Un primo criterio di valutazione è la sua durata nel tempo. Il desiderio profondo non si spegne con il passare del tempo, ma anzi come il granello di senapa della parabola (cfr Marco, 4, 31 s) cresce sempre più. Le difficoltà e gli insuccessi solitamente non spengono il desiderio profondo, ma semmai lo rafforzano; è come quando si ha sete, se non si trova da bere, non per questo si rinuncia, anzi a un certo punto ciò finisce per occupare tutto il corso dei pensieri e dei progetti.
Questa caratteristica era stata ben riconosciuta dai Padri della Chiesa. San Gregorio Magno riscontra nei tentativi di Maria Maddalena di trovare il Signore al sepolcro la dinamica del desiderio spirituale, che cresce e si rafforza nonostante le difficoltà: "Cercò dunque una prima volta, ma non trovò; perseverò nel cercare, e le fu dato di trovare. Avvenne così che i desideri col protrarsi crescessero, e crescendo raggiungessero l'oggetto delle ricerche. I santi desideri crescono col protrarsi. Se invece nell'attesa si affievoliscono è segno che non erano veri desideri".
Sant'Ignazio di Loyola compie la prima fondamentale esperienza di Dio ascoltando il proprio cuore e notando questa strana alternanza: i desideri mondani vengono assimilati facilmente, ma non hanno durata e alla fine lasciano vuoti, con l'amaro in bocca. Il desiderio di Dio ("andare a Gerusalemme a piedi nudi, non cibarsi che di erbe, praticare tutte le austerità che aveva conosciute abituali ai santi") invece presenta inizialmente una certa resistenza, ma una volta accolto reca pace e serenità profonde, che durano nel tempo. Quando racconta quest'esperienza, erano trascorsi più di 30 anni, eppure il desiderio di Gerusalemme continuava a riempire e a infiammare il cuore di Ignazio.
In secondo luogo è importante notare se da un desiderio ne nascono altri, che diventano di aiuto e stimolo per attuare altre cose, altrettanto buone. È la "circolarità" propria dello spirito: si nota, ad esempio, che intraprendere un'attività caritativa aiuta a vivere meglio altri momenti della giornata, come la preghiera, lo studio, le relazioni. È un'altra maniera di notare come il desiderio cresce con il tempo, pacificando e rasserenando. Per poter compiere ciò è tuttavia indispensabile fermarsi e mettere una certa distanza rispetto al vissuto interiore. È come quando si vuole osservare nel suo insieme una città, una regione: occorre guardarla da lontano. Per sant'Ignazio questo momento di stacco nei confronti del vissuto era dato dall'esame di coscienza, un invito a rivedere la propria giornata da un punto di vista particolare, notando, ad esempio, i desideri che l'hanno accompagnata. La rilettura della propria vita è uno dei gesti più sacri e importanti che si possano compiere, un gesto purtroppo spesso disatteso, o attuato troppo tardi, prima di morire. Poterlo compiere con calma e, come suggerisce Ignazio, in spirito di ringraziamento, aiuta non solo a riconoscere i desideri profondi, ma anche a purificarli, vivendo diversamente i propri fallimenti.
È importante comunque che questo confronto comprenda anche una persona esperta e istruita a proposito delle realtà spirituali. Tale persona dovrebbe essere soprattutto capace di ascolto: spesso non è necessario dire molte cose, perché chi racconta, nel momento stesso in cui parla, vede dispiegarsi davanti a sé il vissuto, raggiungendo quello che Ricoeur chiama "la propria identità narrativa". Ci si conosce soltanto raccontandosi a un altro, in un contesto di gratuità accogliente, senza l'assillo del dovere o l'angoscia del giudizio. L'accompagnamento spirituale non è finalizzato a ottenere una risposta a buon mercato su di un problema immediato, ma è un lavoro lento, profondo e faticoso, di indubbio aiuto per la conoscenza di sé anche dal punto di vista umano.
Un frutto prezioso di questa lettura è anche di saper imparare dagli errori commessi, una caratteristica, questa, propria dei santi. Come la scienza e la civiltà, anche la vita spirituale di ciascuno procede per tentativi ed errori; lo stesso peccato racchiude un insegnamento, e finché esso non viene colto, si rischia di restarne prigionieri. Quando invece si giunge a decifrare il valore simbolico di un desiderio che si presentava come "cattivo", esso stranamente perde il suo potere "magico", compulsivo verso il male, rivelando quel bene di cui si era da sempre alla ricerca, come avevano notato i maestri spirituali: "Una volta che si è messo a nudo il desiderio fondamentale - che è sempre desiderio di un assoluto d'amore - (...) i mille piccoli desideri apparentemente cattivi che gli servivano da esca perdono il loro potere di fascinazione e non sono più provati come una "vertigine" quasi irresistibile o come "pericolosi", contrariamente a quanto sembravano essere prima".
Lungi dunque dall'essere preda del materialismo più sfrenato, il mondo dei desideri rimanda essenzialmente alla dimensione spirituale, trascendente, perché invita a uscire da se stessi, a elaborare un progetto, a scommettere su di esso, anche con sacrificio, portando a compimento quanto sta realmente a cuore, perché capace di dare senso, cioè significato e direzione, alla propria vita.
(©L'Osservatore Romano - 22-23 marzo 2010)