di Mario Ponzi Nessuna allusione ai fatti che hanno scosso la vita della Chiesa in questo periodo, né riferimenti particolari alla situazione della Chiesa e della società civile in Italia. Le meditazioni formulate dal cardinale Camillo Ruini per la Via Crucis che, come di consueto sarà presieduta dal Papa al Palatino la sera del Venerdì Santo, sono ispirate esclusivamente "da quanto effettivamente accaduto a Gesù nei giorni della sua passione". Certo, è significativa la riproposizione dei tradimenti, narrati nei quattro Vangeli, che hanno pesantemente "gravato sulle spalle e nel cuore di Cristo" mentre saliva il Golgota con la croce del suo martirio, prendendo sulle sue spalle proprio i tradimenti e i peccati del mondo. A parlarne è lo stesso cardinale Camillo Ruini in questa intervista al nostro giornale.
Qual è il filo conduttore delle meditazioni che propone per la Via Crucis di quest'anno e cosa ha determinato la scelta?
Quando il cardinale segretario di Stato mi ha chiesto di scrivere i testi della Via Crucis sono rimasto sorpreso e, spontaneamente, ho cercato di schermirmi: pensavo infatti di non essere la persona giusta per un simile compito. Questa sensazione mi ha accompagnato a lungo, quando la mente ritornava all'incarico che mi attendeva. Poi, quando all'inizio di febbraio sono stato finalmente libero da altri impegni, ho riletto alcuni commenti alla Via Crucis che più mi avevano colpito negli anni recenti, ma soprattutto mi sono dedicato a una lettura meditativa di una vecchia sinossi dei quattro Vangeli, che usavo assiduamente quando ero studente di teologia e che era stata realizzata da padre Lagrange. In concreto, ho letto le pagine nelle quali sono riportati, in un'ottica unitaria, i quattro racconti della passione. Terminata questa lettura, mi è apparso chiaro che dovevo semplicemente cercare di rendere, con parole dirette e non difficili, sia quello che era effettivamente accaduto a Gesù in quel giorno, sia il significato di questo evento, un significato che ha, per così dire, diversi livelli di profondità. L'idea che mi ha guidato è dunque quella formulata magistralmente all'inizio del n. 22 della Gaudium et spes: "In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo. (...) Cristo, che è il nuovo Adamo, proprio rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione". La passione, insieme alla risurrezione, è infatti il centro del mistero del Verbo incarnato: qui giunge al suo culmine la rivelazione del vero volto di Dio e dell'uomo.
Negli ultimi due anni le Via Crucis sono state affidate a un cardinale cinese e a un presule indiano che hanno dato voce alla realtà - spesso segnata da persecuzioni e difficoltà di varia natura - delle loro Chiese particolari. Nelle sue riflessioni si può leggere qualche riferimento alla situazione della Chiesa in Italia?
Non ci sono riferimenti particolari, cosa che certamente può meravigliare, dato che sono conosciuto soprattutto per le mie prese di posizione riguardo all'Italia e alla Chiesa in Italia. C'è però in me un altro aspetto, meno conosciuto al grande pubblico ma ben noto nelle parrocchie di Roma, e prima nella diocesi di Reggio Emilia-Guastalla, che ho visitato nel mio ministero. Nelle mie omelie, fatte per lo più "a braccio", mi sono costantemente concentrato sulla sostanza della nostra fede, quindi su Gesù Cristo, su Dio Padre, sul destino dell'uomo, sulla Chiesa come corpo di Cristo e dimora di Dio tra gli uomini. I temi di attualità nelle mie omelie erano soltanto sfiorati. E ho visto che, quanto più andavo all'essenziale, tanto più l'attenzione cresceva. Non vorrei però parlare di me. Il motivo della mia scelta nello scrivere i testi della Via Crucis è quello che ho indicato prima. Alla Via Crucis al Colosseo partecipa direttamente un grandissimo numero di persone delle più diverse provenienze. E poi ci sono i milioni di persone che partecipano attraverso la televisione: penso che sia una grande occasione per aiutare queste persone a entrare più profondamente nel cuore della nostra fede, o a riscoprirla qualora se ne fossero allontanate.
Cinque anni fa, l'allora cardinale Ratzinger dettò le sue meditazioni parlando anche della necessità di mondare la Chiesa dalla "sporcizia" che "c'è - scrisse - anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente" a Cristo. Alla luce di quella raccomandazione, come si può interpretare quanto sta accadendo in questo periodo nella vita della Chiesa?
Se ci riferiamo soprattutto alla gravissima questione degli abusi sui minori, l'interpretazione giusta, e vorrei dire completa, l'ha data lo stesso Benedetto XVI nella recentissima lettera pastorale ai cattolici d'Irlanda. Le mie brevi meditazioni sulle stazioni della Via Crucis non alludono ad alcuna questione specifica, ma mettono in luce, semplicemente seguendo il racconto dei Vangeli, quei tradimenti che hanno particolarmente pesato sulle spalle e sul cuore di Cristo mentre portava la croce: il tradimento di Giuda, l'abbandono dei discepoli fuggiti nel momento della prova, il triplice rinnegamento di Pietro. Percorrendo con Gesù il cammino della croce ciascuno di noi è chiamato a guardare in faccia con sincerità anzitutto i propri peccati.
Quali sensazioni ha provato nello scrivere le meditazioni della Via Crucis ripensando a tutte le volte che lei ha portato quella croce dal Colosseo al Palatino?
Anzitutto, di nuovo, la sensazione di non essere adeguato a scrivere queste meditazioni. Il ricordo che mi ha accompagnato con maggiore insistenza è stato però quello di Giovanni Paolo II che, nelle ultime occasioni in cui ha potuto fare egli stesso il cammino dal Colosseo al Palatino, arrivato all'ultima parte di esso, cioè alla scala piuttosto disagiata che porta al Palatino, si aggrappava alla ringhiera con forza, sofferenza e tenacia, nella volontà di non rinunciare a seguire anche fisicamente il suo Signore.
Ha un ricordo particolare?
Il ricordo più intenso è quello che ho appena menzionato. Ma ce ne sono tanti altri, ad esempio i volti delle persone accalcate lungo le transenne che delimitano il percorso della Via Crucis. Visi di varia umanità e atteggiamenti assai diversificati, tuttavia ciascuno a suo modo mostrava di vivere un'esperienza che lo toccava dentro, di avvertire che la Via Crucis era una domanda rivolta anche a lui. La mia speranza è che ciò che ho scritto possa non essere un ostacolo a questo desiderio, ma un piccolo aiuto a dare quella risposta personale che Gesù crocifisso aspetta da ognuno di noi.
(©L'Osservatore Romano - 31 marzo 2010)