A. Elberti. E' la Pasqua del Signore. Giovedì Santo
Giovedì Santo: Fino alla fine...
Louis Bouyer. L'Eucarestia I. Liturgia giudaica, liturgia cristiana
Louis Bouyer L'Eucarestia II Parola di Dio e Berachà
Louis Bouyer L'Eucarestia III. Le Berachà giudaiche
Louis Bouyer L'Eucarestia IV Dalla berachà giudaica all'eucarestia cristiana
H. U. Von Balthasar. Mysterium Paschale. La Consegna
La lavanda dei piedi. L'interpretazione della lavanda dei piedi nel IV Vangelo
La lavanda dei piedi come rito del Giovedì Santo
La lavanda dei piedi in Occidente
Lavanda dei piedi e peccato originale in S. Ambrogio
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Visita al Cenacolo
Ratzinger - Benedetto XVI. Giovedì Santo: Il presbitero: Stare davanti a Lui e servirLo sino al martirio
Ratzinger - Benedetto XVI. Giovedì Santo: il Signore s'inginocchia davanti ai nostri piedi per farci creature nuove
Ratzinger - Benedetto XVI. OMELIE NELLA SANTA MESSA DEL CRISMA
Ratzinger - Benedetto XVI. Il Papa: Al centro della Pasqua vi è la Croce. Omelia per il Giovedì Santo
Ratzinger - Benedetto XVI. OMELIE NELLA SANTA MESSA NELLA CENA DEL SIGNORE
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P. Cantalamessa. Due testi sul Giovedì Santo
Vittorio Messori. Giovedi santo, primo passo nel grande mistero
Sofia Cavalletti. Banchetto pasquale e ultima cena
Mons. Rino Fisichella. L''eucaristia memoria del mistero pasquale
Il cenacolo. Archeologia e storia
Jean Galot. Il Sacrificio Eucaristico in relazione all''identità presbiterale
Luigi Negri. L''IMMAGINE DEL PRESBITERO NELLE LETTERE DEL GIOVEDI SANTO
ALBERT VANHOYE S.I. LA NOVITÀ DEL SACERDOZIO DI CRISTO
IL SACERDOZIO MINISTERIALE IN ALCUNI PADRI DELLA CHIESA
Giovedì Santo, Hamon-Borla, Meditazioni
Giovedì santo. Dalle "Lettere" di san Cipriano.
Giovedì Santo. Dalla ''Vigna delle anime'' di Giacomo Roecx.
Santa Caterina da Siena. « Sapendo che era giunta la sua ora... Gesù li amò sino alla fine »
Ratzinger - Benedetto XVI. Venerdì Santo: Gesù Crocifisso è la verità che ci rende liberi di amare
Joseph Ratzinger. Meditazioni e preghiere per il Venerdì Santo
A.M. Sicari. VIA CRUCIS IN COMPAGNIA DEI SANTI
Meditazione di Chiara Lubich per il Venerdì Santo
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H. U. Von Balthasar. Mysterium Paschale. La Consegna
Don Divo Barsotti. Meditazioni per il Venerdì Santo
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S. Fausti. Commento esegetico alla Passione di Matteo
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A. Elberti. E' la Pasqua del Signore Sabato Santo
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Don Divo Barsotti. Meditazioni sul Sabato Santo
V. Messori. Sgomento, il Sepolcro è chiuso. Ma resta la fede della Madre
Sabato Santo. Meditazioni di Hamon-Bertola
“Settimana Santa a Monreale”, autore Romano Guardini
Una straordinaria lezione di liturgia dal vivo, scritta dal teologo che fu maestro di Joseph Ratzinger. In una pagina per la prima volta tradotta dall’originale tedesco (Dal blog di Sandro Magister)
di Sandro Magister
ROMA, 12 aprile 2006 – Mentre a Roma, nella basilica di San Pietro, Benedetto XVI celebra la sua prima settimana santa da papa, in un’altra antica e grandiosa basilica, quella di Monreale in Sicilia, i riti pasquali hanno una “guida” a lui idealmente molto vicina: quella di Romano Guardini, il teologo tedesco dal quale il giovane Joseph Ratzinger più imparò in tema di liturgia.
Guardini visitò la basilica di Monreale nel 1929 e ne raccontò nel suo “Viaggio in Sicilia”.
La visitò nei giorni della Settimana Santa: il giovedì durante la messa crismale e il sabato, durante la veglia che all’epoca si celebrava di mattina.
L’attuale arcivescovo di Monreale, Cataldo Naro, ha ripreso quel racconto di Guardini dall’originale tedesco, l’ha tradotto e l’ha riproposto ai fedeli all’interno di una lettera pastorale dal titolo “Amiamo la nostra Chiesa”. Come a far da guida alle celebrazioni liturgiche d’oggi.
In quella pagina, il grande teologo tedesco scrisse tutto il suo stupore per la bellezza della basilica di Monreale e lo splendore dei suoi mosaici.
Ma soprattutto scrisse d’essere stato colpito dai fedeli che assistevano al rito, dal loro “vivere-nello-sguardo”, dalla “compenetrazione” tra questo popolo e le figure dei mosaici, che da esso prendevano vita e movimento.
“Gli sembrò – nota l’arcivescovo Naro nella lettera pastorale – che quel popolo sperimentasse un modo esemplare di celebrare la liturgia: con la visione”.
La basilica di Monreale, capolavoro dell’arte normanna del XII secolo, ha le pareti interamente rivestite da mosaici a fondo d’oro con le storie dell’Antico e del Nuovo Testamento, gli angeli e i santi, i profeti e gli apostoli, i vescovi e i re, e il Cristo “Pantocrator”, reggitore di tutto, che dall’abside avvolge con la sua luce, il suo sguardo, la sua potenza il popolo cristiano.
Ecco qui di seguito il racconto della visita di Guardini a Monreale tradotto dal suo “Reise nach Sizilien [Viaggio in Sicilia]”.
L’originale tedesco è in R. Guardini, “Spiegel und Gleichnis. Bilder und Gedanken [Specchio e parabola. Immagini e pensieri]”, Grünewald-Schöningh, Mainz-Paderbon, 1990, pp. 158-161.
“Allora mi divenne chiaro qual è il fondamento di una vera pietà liturgica...”
di Romano Guardini
Oggi ho visto qualcosa di grandioso: Monreale. Sono colmo di un senso di gratitudine per la sua esistenza. La giornata era piovosa. Quando ci arrivammo – era giovedì santo – la messa solenne era oltre la consacrazione. L’arcivescovo per la benedizione degli olii sacri stava seduto su un posto elevato sotto l’arco trionfale del coro. L’ampio spazio era affollato. Ovunque le persone stavano sedute sulle loro sedie, silenziose, e guardavano.
Che dovrei dire dello splendore di questo luogo? Dapprima lo sguardo del visitatore vede una basilica di proporzioni armoniose. Poi percepisce un movimento nella sua struttura, e questa si arricchisce di qualcosa di nuovo, un desiderio di trascendenza l’attraversa sino a trapassarla; ma tutto ciò procede fino a culminare in quella splendida luminosità.
Un breve istante storico, dunque. Non dura a lungo, gli subentra qualcosa di completamente Altro. Ma questo istante, pur breve, è di un’ineffabile bellezza.
Oro su tutte le pareti. Figure sopra figure, in tutte le volte e in tutte le arcate. Fuoriuscivano dallo sfondo aureo come da un cosmo. Dall’oro irrompevano ovunque colori che hanno in sé qualcosa di radioso.
Tuttavia la luce era attutita. L’oro dormiva, e tutti i colori dormivano. Si vedeva che c’erano e attendevano. E quali sarebbero se rifulgesse il loro splendore! Solo qui o là un bordo luccicava, e un’aura chiaroscura si spalmava sul mantello blu della figura del Cristo nell’abside.
Quando portarono gli olii sacri alla sagrestia, mentre la processione, accompagnata dall’insistente melodia dell’antico inno, si snodava attraverso quella folla di figure del duomo, questo si rianimò.
Le sue forme si mossero. Entrando in relazione con le persone che avanzavano con solennità, nello sfiorarsi delle vesti e dei colori alle pareti e nelle arcate, gli spazi si misero in movimento. Gli spazi vennero incontro alle orecchie tese in ascolto e agli occhi in contemplazione.
La folla stava seduta e guardava. Le donne portavano il velo. Nei loro vestiti e nei loro panni i colori aspettavano il sole per poter risplendere. I volti marcati degli uomini erano belli. Quasi nessuno leggeva. Tutti vivevano nello sguardo, tutti erano protesi a contemplare.
Allora mi divenne chiaro qual è il fondamento di una vera pietà liturgica: la capacità di cogliere il “santo” nell’immagine e nel suo dinamismo.
Monreale, sabato santo. Al nostro arrivo la cerimonia sacra era alla benedizione del cero pasquale. Subito dopo il diacono avanzò solennemente lungo la navata principale e portò il Lumen Christi.
L’Exsultet fu cantato davanti all’altare maggiore. Il vescovo stava seduto sul suo trono di pietra elevato alla destra dell’altare e ascoltava. Seguirono le letture tratte dai profeti, ed io vi ritrovai il significato sublime di quelle immagini musive.
Poi la benedizione dell’acqua battesimale in mezzo alla chiesa. Intorno al fonte stavano seduti tutti gli assistenti, al centro il vescovo, la gente stava attorno. Portarono dei bambini, si notava la fierezza commossa dei loro genitori, ed il vescovo li battezzò.
Tutto era così familiare. La condotta del popolo era allo stesso tempo disinvolta e devota, e quando uno parlava al vicino, non disturbava. In questo modo la sacra cerimonia continuò il suo corso. Si dislocava un po’ in tutta la grande chiesa: ora si svolgeva nel coro, ora nelle navate, ora sotto l’arco trionfale. L’ampiezza e la maestosità del luogo abbracciarono ogni movimento e ogni figura, li fecero reciprocamente compenetrare sino ad unirsi.
Di tanto in tanto un raggio di sole penetrava nella volta, e allora un sorriso aureo pervadeva lo spazio in alto. E ovunque su un vestito o un velo ci fosse un colore in attesa, esso era richiamato dall’oro che riempiva ogni angolo, veniva condotto alla sua vera forza e assunto in una trama armoniosa che colmava il cuore di felicità.
La cosa più bella però era il popolo. Le donne con i loro fazzoletti, gli uomini con i loro mantelli sulle spalle. Ovunque volti marcati e un comportamento sereno. Quasi nessuno che leggeva, quasi nessuno chino a pregare da solo. Tutti guardavano.
La sacra cerimonia si protrasse per più di quattro ore, eppure sempre ci fu una viva partecipazione. Ci sono modi diversi di partecipazione orante. L’uno si realizza ascoltando, parlando, gesticolando. L’altro invece si svolge guardando. Il primo è buono, e noi del Nord Europa non ne conosciamo altro. Ma abbiamo perso qualcosa che a Monreale ancora c’era: la capacità di vivere-nello-sguardo, di stare nella visione, di accogliere il sacro dalla forma e dall’evento, contemplando.
Me ne stavo per andare, quando improvvisamente scorsi tutti quegli occhi rivolti a me. Quasi spaventato distolsi lo sguardo, come se provassi pudore a scrutare in quegli occhi ch’erano già stati dischiusi sull’altare .
La prefazione del libro così comincia:
“Una delle mie prime letture dopo l’inizio degli studi teologici, al principio del 1946, fu l’opera prima di Romano Guardini ‘Lo spirito della liturgia’, un piccolo libro pubblicato nella Pasqua del 1918. Quest’opera contribuì in maniera decisiva a far sì che la liturgia, con la sua bellezza, la sua ricchezza nascosta e la sua grandezza che travalica il tempo, venisse nuovamente riscoperta come centro vitale della Chiesa e della vita cristiana. [...] Questo mio libro vorrebbe proprio rappresentare un contributo a tale rinnovata comprensione”.
Lo scorso giovedì 6 aprile, rispondendo in piazza San Pietro alla domanda di un giovane sulla sua vocazione, Benedetto XVI è tornato a sottolineare che essa sbocciò e fiorì, quand’era ragazzo, proprio con la “scoperta della bellezza della liturgia”. Perchè “realmente nella liturgia la bellezza divina ci appare e si apre il cielo”.
Preparazione e celebrazione delle feste pasquali
(Paschalis sollemnitatis -16 gennaio 1988)
Lettera circolare della Congregazione per il culto
PROEMIO
1. Il rito della solennità pasquale e di tutta la settimana santa, rinnovato la prima volta da Pio XII nel 1951 e nel 1955, in genere venne accolto con favore da tutte le chiese di rito romano.(1)
Il concilio Vaticano II, principalmente nella costituzione sulla sacra liturgia, ha messo in luce più volte, secondo la tradizione, la centralità del mistero pasquale di Cristo, ricordando come da esso derivi la forza di tutti i sacramenti e dei sacramentali. (2)
2. Come la settimana ha il suo inizio e il suo punto culminante nella celebrazione della domenica, contrassegnata dalla caratteristica pasquale, così il culmine di tutto l’anno liturgico rifulge nella celebrazione del sacro triduo pasquale della passione e risurrezione del Signore, (3) preparata nella quaresima ed estesa gioiosamente per tutto il ciclo dei seguenti cinquanta giorni.
3. In molte parti i fedeli, insieme ai loro pastori, hanno in grande considerazione questi riti, ai quali prendono parte con vero frutto spirituale.
Al contrario, in alcune regioni, col volgere del tempo, ha cominciato ad affievolirsi quel fervore di devozione, con cui venne accolta all’inizio la rinnovata veglia pasquale. In qualche luogo viene ignorata la stessa nozione di veglia, tanto da essere considerata come una semplice messa vespertina, celebrata come le messe della domenica anticipate al vespro del sabato.
Altrove non vengono rispettati nel modo dovuto i tempi del triduo sacro. Inoltre le devozioni e i pii esercizi del popolo cristiano vengono collocati di frequente in orari più comodi, tanto che i fedeli vi partecipano più numerosi che non alle celebrazioni liturgiche.
Senza dubbio tali difficoltà provengono soprattutto da una formazione non ancora sufficiente del clero e dei fedeli circa il mistero pasquale, come centro dell’anno liturgico e della vita cristiana. (4)
4. Oggi in parecchie regioni il tempo delle vacanze coincide con il periodo della settimana santa. Questa coincidenza, unita alle difficoltà proprie della società contemporanea, costituisce un ostacolo alla partecipazione dei fedeli nelle celebrazioni pasquali.
5. Ciò premesso, è sembrato opportuno a questo dicastero, tenuto conto dell’esperienza acquisita, richiamare alla mente alcuni punti dottrinali e pastorali ed anche diverse norme stabilite circa la settimana santa. D’altro canto tutto ciò che si riferisce nei libri liturgici al tempo della quaresima, della settimana santa, del triduo pasquale e del tempo di pasqua, conserva il suo valore, a meno che in questo documento sia interpretato in maniera diversa.
Le norme predette vengono ora qui riproposte con vigore, allo scopo di far celebrare nel miglior modo i grandi misteri della nostra salvezza e per agevolare la fruttuosa partecipazione di tutti i fedeli.(5)
I. IL TEMPO DELLA QUARESIMA
6. «L’annuale cammino di penitenza della quaresima è il tempo di grazia, durante il quale si sale al monte santo della pasqua».
«Infatti la quaresima, per la sua duplice caratteristica, riunisce insieme catecumeni e fedeli nella celebrazione del mistero pasquale. I catecumeni sia attraverso l”’elezione” e gli “scrutini” che per mezzo della catechesi vengono ammessi ai sacramenti dell’iniziazione cristiana; i fedeli invece attraverso l’ascolto più frequente della parola di Dio e una più intensa orazione vengono preparati con la penitenza a rinnovare le promesse del battesimo». (6)
a) Quaresima e iniziazione cristiana
7. Tutta l’iniziazione cristiana ha un’indole pasquale, essendo la prima partecipazione sacramentale della morte e risurrezione di Cristo. Per questo la quaresima deve raggiungere il suo pieno vigore come tempo di purificazione e di illuminazione, specie attraverso gli «scrutini» e le «consegne»; la stessa veglia pasquale deve essere considerata come il tempo più adatto per celebrare i sacramenti dell’iniziazione. (7)
8. Anche le comunità ecclesiali, che non hanno catecumeni, non tralascino di pregare per coloro che altrove, nella prossima veglia pasquale, riceveranno i sacramenti dell’iniziazione cristiana. I pastori a loro volta spieghino ai fedeli l’importanza della professione di fede battesimale, in ordine alla crescita della loro vita spirituale. A rinnovare tale professione di fede essi verranno invitati, «al termine del cammino penitenziale della quaresima». (8)
9. In quaresima si abbia cura di impartire la catechesi agli adulti che, battezzati da bambini, non l'hanno ancora ricevuta e pertanto non sono stati ammessi ai sacramenti della cresima e dell’eucaristia. In questo stesso periodo si facciano le celebrazioni penitenziali, per prepararli al sacramento della riconciliazione. (9)
10. Il tempo della quaresima è inoltre il tempo proprio per celebrare i riti penitenziali corrispondenti agli scrutini per i fanciulli non ancora battezzati, che hanno raggiunto l’età adatta all’istruzione catechetica e per i fanciulli da tempo battezzati, prima che siano ammessi per la prima volta al sacramento della penitenza. (10)
Il vescovo promuova la formazione dei catecumeni sia adulti che fanciulli e, secondo le circostanze, presieda ai riti prescritti, con l’assidua partecipazione da parte della comunità locale. (11)
b) Le celebrazioni del tempo quaresimale
11. Le domeniche di quaresima hanno sempre la precedenza anche sulle feste del Signore e su tutte le solennità. Le solennità, che coincidono con queste domeniche, si anticipano al sabato. (12) A loro volta le ferie della quaresima hanno la precedenza sulle memorie obbligatorie. (13)
12. Soprattutto nelle omelie della domenica venga impartita la istruzione catechetica sul mistero pasquale e sui sacramenti, con una più accurata spiegazione dei testi del lezionario, soprattutto le pericopi del Vangelo, che illustrano i vari aspetti del battesimo e degli altri sacramenti ed anche la misericordia di Dio.
13. I pastori spieghino la parola di Dio in modo più frequente e più ampio nelle omelie dei giorni feriali, nelle celebrazioni della Parola, nelle celebrazioni penitenziali, (14) in particolari predicazioni, nel far visita alle famiglie o a gruppi di famiglie per la benedizione. I fedeli partecipino con frequenza alle messe feriali e, quando ciò non è possibile, siano invitati a leggere almeno i testi delle letture corrispondenti, in famiglia o in privato.
14. «Il tempo di quaresima conserva la sua indole penitenziale». (15) «Nella catechesi ai fedeli venga inculcata, insieme alle conseguenze sociali del peccato, la natura genuina della penitenza, con cui si detesta il peccato in quanto offesa a Dio». (16)
La virtù e la pratica della penitenza rimangono parti necessarie della preparazione pasquale: dalla conversione del cuore deve scaturire la pratica esterna della penitenza, sia per i singoli cristiani che per tutta la comunità; pratica penitenziale che, sebbene adattata alle circostanze e condizioni proprie del nostro tempo, deve però essere sempre impregnata dello spirito evangelico di penitenza e dirigersi verso il bene dei fratelli.
Non si dimentichi la parte della chiesa nell’azione penitenziale e si solleciti la preghiera per i peccatori, inserendola più di frequente nella preghiera universale. (17)
15. Si raccomandi ai fedeli una più intensa e fruttuosa partecipazione alla liturgia quaresimale e alle celebrazioni penitenziali. Si raccomandi loro soprattutto di accostarsi in questo tempo al sacramento della penitenza secondo la legge e le tradizioni della chiesa, per poter partecipare con animo purificato ai misteri pasquali. È molto opportuno nel tempo di quaresima celebrare il sacramento della penitenza secondo il rito per la riconciliazione di più penitenti con la confessione e assoluzione individuale, come descritto nel Rituale romano. (18)
Da parte loro i pastori siano più disponibili per il ministero della riconciliazione e, ampliando gli orari per la confessione individuale, facilitino l’accesso a questo sacramento.
16. Il cammino di penitenza quaresimale in tutti i suoi aspetti sia diretto a porre in più chiara luce la vita della chiesa locale e a favorirne il progresso. Per questo si raccomanda molto di conservare e favorire la forma tradizionale di assemblea della chiesa locale sul modello delle «stazioni» romane. Queste assemblee di fedeli potranno essere riunite, specie sotto la presidenza del pastore della diocesi, o presso i sepolcri dei santi o nelle principali chiese e santuari della città o in quei luoghi di pellegrinaggio più frequentati nella diocesi. (19)
17. In quaresima «non sono ammessi i fiori sull’altare e il suono degli strumenti è permesso soltanto per sostenere i canti», (20) nel rispetto dell’indole penitenziale di questo tempo.
18. Ugualmente si omette l’«Alleluia» in tutte le celebrazioni dall’inizio della quaresima fino alla veglia pasquale, anche nelle solennità e nelle feste. (21)
19. Si scelgano soprattutto nelle celebrazioni eucaristiche, ma anche nei pii esercizi, canti adatti a questo tempo e rispondenti il più possibile ai testi liturgici.
20. Siano favoriti e impregnati di spirito liturgico i pii esercizi più consoni al tempo quaresimale, come la «via crucis», per condurre più facilmente gli animi dei fedeli alla celebrazione del mistero pasquale di Cristo.
c) Particolarità di alcuni giorni della quaresima
21. Il mercoledì avanti la domenica I di quaresima i fedeli, ricevendo le ceneri, entrano nel tempo destinato alla purificazione dell’anima. Con questo rito penitenziale sorto dalla tradizione biblica e conservato nella consuetudine ecclesiale fino a i nostri giorni, viene indicata la condizione dell’uomo peccatore che confessa esternamente la sua colpa davanti a Dio ed esprime così la volontà di una conversione interiore, nella speranza che il Signore sia misericordioso verso di lui. Attraverso questo stesso segno inizia il cammino di conversione, che raggiungerà la sua meta nella celebrazione del sacramento della penitenza nei giorni prima della pasqua. (22)
La benedizione e imposizione delle ceneri si svolge o durante la messa o anche fuori della messa. In tal caso si premette la liturgia della parola e si conclude con la preghiera dei fedeli. (23)
22. Il mercoledì delle ceneri è giorno obbligatorio di penitenza in tutta la chiesa, con l’osservanza dell’astinenza e del digiuno. (24)
23. La domenica I di quaresima segna l’inizio del segno sacramentale della nostra conversione, tempo favorevole per la nostra salvezza. (25) Nella messa di questa domenica non manchino gli elementi che sottolineano tale importanza; per es., la processione di ingresso con le litanie dei santi. (26) Durante la messa della domenica I di quaresima il vescovo celebri opportunamente nella chiesa cattedrale o in altra chiesa il rito dell’«elezione» o iscrizione del nome, secondo le necessità pastorali. (27)
24. I vangeli della samaritana, del cieco nato e della risurrezione di Lazzaro, assegnati rispettivamente alle domeniche III, IV e V di quaresima nell’anno A, per la loro grande importanza in ordine alla iniziazione cristiana, possono essere letti anche negli anni B e C, soprattutto dove ci sono i catecumeni.(28)
25. La domenica IV di quaresima («Laetare») e nelle solennità e feste è ammesso il suono degli strumenti e l’altare può essere ornato con fiori. E in questa domenica possono adoperarsi le vesti sacre di colore rosaceo. (29)
26. L’uso di coprire le croci e le immagini nella chiesa dalla domenica V di quaresima può essere conservato secondo il giudizio della conferenza episcopale. Le croci rimangono coperte fino al termine della celebrazione della passione del Signore il venerdì santo; le immagini fino all’inizio della veglia pasquale. (30)
II. LA SETTIMANA SANTA
27. Nella settimana santa la chiesa celebra i misteri della salvezza portati a compimento da Cristo negli ultimi giorni della sua vita, a cominciare dal suo ingresso messianico in Gerusalemme.
Il tempo quaresimale continua fino al giovedì santo. Dalla messa vespertina «nella cena del Signore» inizia il triduo pasquale, che continua il venerdì santo «nella passione del Signore» e il sabato santo, ha il suo centro nella veglia pasquale e termina ai vespri della domenica di risurrezione.
«Le ferie della settimana santa, dal lunedì al giovedì incluso, hanno la precedenza su tutte le altre celebrazioni». (31) È opportuno che in questi giorni non si celebri né il battesimo né la cresima.
a) Domenica delle palme della passione del Signore
28. La settimana santa ha inizio «la domenica delle palme della passione del Signore» che unisce insieme il trionfo regale di Cristo e l’annunzio della passione. Nella celebrazione e nella catechesi di questo giorno venga messo in luce l’uno e l’altro aspetto del mistero pasquale. (32)
29. Fin dall’antichità si commemora l’ingresso del Signore in Gerusalemme con la solenne processione, con cui i cristiani celebrano questo evento, imitando le acclamazioni e i gesti dei fanciulli ebrei, andati incontro al Signore al canto dell’«Osanna». (33)
La processione sia una soltanto e fatta sempre prima della messa con maggiore concorso di popolo, anche nelle ore vespertine, sia del sabato che della domenica. Per compierla si raccolgano i fedeli in qualche chiesa minore o in altro luogo adatto fuori della chiesa, verso la quale la processione è diretta.
I fedeli partecipano a questa processione portando rami di palma o di altri alberi. Il sacerdote e i ministri precedono il popolo portando anch’essi le palme. (34)
La benedizione delle palme o dei rami si fa per portarli in processione. Conservate nelle case, le palme richiamano alla mente dei fedeli la vittoria di Cristo celebrata con la stessa processione.
I pastori si adoperino affinché questa processione in onore di Cristo re sia preparata e celebrata in modo fruttuoso per la vita spirituale dei fedeli.
30. Il Messale romano, per celebrare la commemorazione dell’ingresso del Signore in Gerusalemme, oltre la processione solenne sopra descritta, presenta altre due forme, non per indulgere alla comodità e alla facilità, ma tenuto conto delle difficoltà che possono impedire la processione.
La seconda forma di commemorazione è l’ingresso solenne, quando non può farsi la processione fuori della chiesa. La terza forma è l’ingresso semplice che si fa in tutte le messe della domenica, in cui non si svolge l’ingresso solenne. (35)
31. Quando non si può celebrare la messa, è bene che si svolga una celebrazione della parola di Dio per l’ingresso messianico e la passione del Signore, o nelle ore vespertine del sabato o in ora più opportuna della domenica. (36)
32. Nella processione si eseguono dalla «schola» e dal popolo i canti proposti dal Messale romano, come i salmi 23 e 46 ed altri canti adatti in onore di Cristo re.
33. La storia della passione riveste particolare solennità. Si provveda affinché sia cantata o letta secondo il modo tradizionale, cioè da tre persone che rivestono la parte di Cristo, dello storico e del popolo. La passione viene cantata o letta dai diaconi o dai sacerdoti o, in loro mancanza, dai lettori; nel qual caso la parte di Cristo deve essere riservata al sacerdote.
La proclamazione della passione si fa senza candelieri, senza incenso, senza il saluto del popolo e senza segnare il libro; solo i diaconi domandano la benedizione del sacerdote, come le altre volte prima del Vangelo. (37)
Per il bene spirituale dei fedeli è opportuno che la storia della passione sia letta integralmente e non vengano omesse le letture che la precedono.
34. Finita la storia della passione, non si ometta l’omelia.
b) Messa del crisma
35. La messa del crisma in cui il vescovo, concelebrando con il suo presbiterio, consacra il sacro crisma e benedice gli altri oli, è una manifestazione della comunione dei presbiteri con il proprio vescovo nell’unico e medesimo sacerdozio e ministero di Cristo. (38) A partecipare a questa messa si chiamino i presbiteri delle diverse parti della diocesi, per concelebrare con il vescovo, quali suoi testimoni e cooperatori nella consacrazione del crisma, come sono suoi cooperatori e consiglieri nel ministero quotidiano.
Si invitino con insistenza anche i fedeli a partecipare a questa messa e a ricevere il sacramento dell’eucaristia durante la sua celebrazione.
Secondo la tradizione, la messa del crisma si celebra il giovedì della settimana santa. Se il clero e il popolo trovano difficoltà a riunirsi in quel giorno con il vescovo, tale celebrazione può essere anticipata in altro giorno, purché vicino alla pasqua. (39) Infatti il nuovo crisma e il nuovo olio dei catecumeni devono essere adoperati nella notte della veglia pasquale per la celebrazione dei sacramenti dell’iniziazione cristiana.
36. Si celebri un’unica messa, considerata la sua importanza nella vita della diocesi, e la celebrazione sia fatta nella chiesa cattedrale o, per ragioni pastorali, in altra chiesa, (40) specialmente più insigne.
L’accoglienza ai sacri oli può essere fatta nelle singole parrocchie o prima della celebrazione della messa vespertina nella cena del Signore o in altro tempo più opportuno. Ciò potrà aiutare a far comprendere ai fedeli il significato dell’uso dei sacri oli e del crisma e della loro efficacia nella vita cristiana.
c) Celebrazione penitenziale al termine della quaresima
37. È opportuno che il tempo quaresimale venga concluso, sia per i singoli fedeli che per tutta la comunità cristiana, con una celebrazione penitenziale per prepararsi a una più intensa partecipazione del mistero pasquale. (41)
Questa celebrazione si faccia prima del triduo pasquale e non deve precedere immediatamente la messa vespertina nella cena del Signore.
III. IL TRIDUO PASQUALE IN GENERE
38. La chiesa celebra ogni anno i grandi misteri dell’umana redenzione dalla messa vespertina del giovedì nella cena del Signore, fino ai vespri della domenica di risurrezione. Questo spazio di tempo è chiamato giustamente il «triduo del crocifisso, del sepolto e del risorto»; (42) ed anche «triduo pasquale» perché con la sua celebrazione è reso presente e si compie il mistero della pasqua, cioè il passaggio del Signore da questo mondo al Padre. Con la celebrazione di questo mistero la chiesa, attraverso i segni liturgici e sacramentali, si associa in intima comunione con Cristo suo sposo.
39. È sacro il digiuno pasquale di questi due primi giorni del triduo, in cui, secondo la tradizione primitiva, la chiesa digiuna «perché lo sposo gli è stato tolto». (43) Nel venerdì della passione del Signore dovunque il digiuno deve essere osservato insieme con l’astinenza e si consiglia di prolungarlo anche al sabato santo, in modo che la chiesa, con l’animo aperto ed elevato, possa giungere alla gioia della domenica di risurrezione
40. È raccomandata la celebrazione comunitaria dell’ufficio della lettura e delle lodi mattutine nel venerdì della passione del Signore ed anche il sabato santo. Conviene che vi partecipi il vescovo, per quanto possibile nella chiesa cattedrale, con il clero e il popolo. (45)
Questo ufficio, una volta chiamato «delle tenebre», conservi il dovuto posto nella devozione dei fedeli, per contemplare in pia meditazione la passione, morte e sepoltura del Signore, in attesa dell’annuncio della sua risurrezione.
41. Per compiere convenientemente le celebrazioni del triduo pasquale, si richiede un congruo numero di ministri e di ministranti, che devono essere accuratamente istruiti su ciò che dovranno compiere. I pastori abbiano cura di spiegare nel migliore dei modi ai fedeli il significato e la struttura dei riti che si celebrano e di prepararli a una partecipazione attiva e fruttuosa.
42. Il canto del popolo, dei ministri e del sacerdote celebrante riveste una particolare importanza nella celebrazione della settimana santa e specialmente del triduo pasquale, perché è più consono alla solennità di questi giorni e anche perché i testi ottengono maggiore forza quando vengono eseguiti in canto.
Le conferenze episcopali, se già non vi abbiano provveduto, sono invitate a proporre melodie per i testi e le acclamazioni, che dovrebbero essere eseguite sempre con il canto. Si tratta dei seguenti testi:
a) l’orazione universale il venerdì santo nella passione del Signore; l’invito del diacono, se viene fatto, o l’acclamazione del popolo;
b) i testi per mostrare e adorare la croce;
c) le acclamazioni nella processione con il cero pasquale e nello stesso «preconio», l’«Alleluia» responsoriale, le litanie dei santi e l’acclamazione dopo la benedizione dell’acqua.
I testi liturgici dei canti, destinati a favorire la partecipazione del popolo, non vengano omessi con facilità; le loro traduzioni in lingua volgare siano accompagnate dalle rispettive melodie. Se ancora non sono disponibili questi testi in lingua volgare per una liturgia cantata, nel frattempo vengano scelti altri testi simili ad essi. Si provveda opportunamente a redigere un repertorio proprio per queste celebrazioni, da adoperarsi soltanto durante il loro svolgimento. In particolar modo siano proposti:
a) i canti per la benedizione e processione delle palme e per l’ingresso nella chiesa;
b) i canti per la processione dei sacri oli;
c) i canti per accompagnare la processione delle offerte nella messa nella cena del Signore e l’inno per la processione, con cui si trasporta il santissimo sacramento nella cappella della reposizione;
d) le risposte dei salmi nella veglia pasquale e i canti per l’aspersione con l’acqua.
Siano preparate melodie adatte a facilitare il canto per i testi della storia della passione, del «preconio» pasquale e della benedizione con l’acqua battesimale.
Nelle chiese maggiori venga adoperato il tesoro abbondante della musica sacra sia antica che moderna; sempre però sia assicurata la debita partecipazione del popolo.
43. È molto conveniente che le piccole comunità religiose sia clericali sia non clericali e le altre comunità laicali prendano parte alle celebrazioni del triduo pasquale nelle chiese maggiori. (46)
Similmente, qualora in qualche luogo risulti insufficiente il numero dei partecipanti, dei ministranti e dei cantori, le celebrazioni del triduo pasquale vengano omesse e i fedeli si radunino insieme in qualche chiesa più grande.
Anche dove più parrocchie piccole sono affidate a un solo presbitero è opportuno che, per quanto possibile, i loro fedeli si riuniscano nella chiesa principale per partecipare alle celebrazioni.
Per il bene dei fedeli, dove al parroco è affidata la cura pastorale di due o più parrocchie, nelle quali i fedeli partecipano numerosi e possono svolgersi le celebrazioni con la dovuta cura e solennità, gli stessi parroci possono ripetere le celebrazioni del triduo pasquale, nel rispetto di tutte le norme stabilite. (47)
Affinché gli alunni dei seminari possano «vivere il mistero pasquale di Cristo così da saper iniziare ad esso il popolo che sarà loro affidato», (48) è necessario che essi ricevano una piena e completa formazione liturgica. È molto opportuno che gli alunni, durante gli anni della loro preparazione nel seminario, facciano esperienza delle forme più ricche di celebrazione delle feste pasquali, specialmente di quelle presiedute dal vescovo. (49)
IV. LA MESSA VESPERTINA DEL GIOVEDÌ SANTO NELLA CENA DEL SIGNORE
44. «Con la messa celebrata nelle ore vespertine del giovedì santo, la chiesa dà inizio al triduo pasquale e ha cura di far memoria di quell’ultima cena in cui il Signore Gesù, nella notte in cui veniva tradito, amando sino alla fine i suoi che erano nel mondo, offrì a Dio Padre il suo corpo e sangue sotto le specie del pane e del vino e li diede agli apostoli in nutrimento e comandò loro e ai loro successori nel sacerdozio di farne l’offerta» (50)
45. Tutta l’attenzione dell’anima deve rivolgersi ai misteri che in questa messa soprattutto vengono ricordati: cioè l’istituzione dell’eucaristia, l’istituzione dell’ordine sacerdotale e il comando del Signore sulla carità fraterna: tutto ciò venga spiegato nell’omelia.
46. La messa nella cena del Signore si celebra nelle ore vespertine, nel tempo più opportuno per una piena partecipazione di tutta la comunità locale. Tutti i presbiteri possono concelebrarla, anche se hanno già concelebrato in questo giorno la messa del crisma, oppure se sono tenuti a celebrare un’altra messa per il bene dei fedeli. (51)
47. Nei luoghi in cui sia richiesto da motivi pastorali, l’ordinario del luogo può concedere la celebrazione di un’altra messa nelle chiese o oratori, nelle ore vespertine e, nel caso di vera necessità, anche al mattino, ma soltanto per i fedeli che non possono in alcun modo prendere parte alla messa vespertina. Si eviti tuttavia che queste celebrazioni si facciano in favore di persone private o di piccoli gruppi particolari e che non costituiscano un ostacolo per la messa principale.
Secondo un’antichissima tradizione della chiesa, in questo giorno sono vietate tutte le messe senza il popolo. (52)
48. Prima della celebrazione il tabernacolo deve essere vuoto. (53) Le ostie per la comunione dei fedeli vengano consacrate nella stessa celebrazione della messa. (54) Si consacri in questa messa pane in quantità sufficiente per oggi e per il giorno seguente.
49. Si riservi una cappella per la custodia del santissimo sacramento e la si orni in modo conveniente, perché possa facilitare l’orazione e la meditazione: si raccomanda il rispetto di quella sobrietà che conviene alla liturgia di questi giorni, evitando o rimuovendo ogni abuso contrario. (55)
Se il tabernacolo è collocato in una cappella separata dalla navata centrale, conviene che in essa venga allestito il luogo per la reposizione e l’adorazione.
50. Durante il canto dell’inno «Gloria a Dio» si suonano le campane. Terminato il canto, non si suoneranno più fino alla veglia pasquale, secondo le consuetudini locali; a meno che la conferenza episcopale o l’ordinario del luogo non stabilisca diversamente, secondo l’opportunità. (56) Durante questo tempo l’organo e gli altri strumenti musicali possono usarsi soltanto per sostenere il canto. (57)
51. La lavanda dei piedi, che per tradizione viene fatta in questo giorno ad alcuni uomini scelti, sta a significare il servizio e la carità di Cristo, che venne «non per essere servito, ma per servire». (58) E bene che questa tradizione venga conservata e spiegata nel suo significato proprio.
52. Durante la processione delle offerte, mentre il popolo canta l’inno «Dov’è carità e amore», possono essere presentati i doni per i poveri, specialmente quelli raccolti nel tempo quaresimale come frutti di penitenza. (59)
53. Per gli infermi che ricevono la comunione in casa, è più opportuno che l’eucaristia, presa dalla mensa dell’altare al momento della comunione sia a loro portata dai diaconi o accoliti o ministri straordinari, perché possano così unirsi in maniera più intensa alla chiesa che celebra.
54. Terminata l’orazione dopo la comunione, si forma la processione che, attraverso la chiesa, accompagna il santissimo sacramento al luogo della reposizione. Apre la processione il crocifero; si portano le candele accese e l’incenso. Intanto si canta l’inno «Pange lingua» o un altro canto eucaristico. (60) La processione e la reposizione del santissimo sacramento non sì possono fare in quelle chiese in cui il venerdì santo non si celebra la passione del Signore. (61)
55. Il Sacramento venga custodito in un tabernacolo chiuso. Non si può mai fare l’esposizione con l’ostensorio.
Il tabernacolo o custodia non deve avere la forma di un sepolcro. Si eviti il termine stesso di «sepolcro»: infatti la cappella della reposizione viene allestita non per rappresentare «la sepoltura del Signore», ma per custodire il pane eucaristico per la comunione, che verrà distribuita il venerdì nella passione del Signore.
56. Si invitino i fedeli a trattenersi in chiesa, dopo la messa nella cena del Signore, per un congruo spazio di tempo nella notte, per la dovuta adorazione al santissimo sacramento solennemente lì custodito in questo giorno. Durante l’adorazione eucaristica protratta può essere letta qualche parte del Vangelo secondo Giovanni (cc. 13-17).
Dopo la mezzanotte si faccia l’adorazione senza solennità, dal momento che ha già avuto inizio il giorno della passione del Signore. (62)
57. Terminata la messa viene spogliato l’altare della celebrazione. E bene coprire le croci della chiesa con un velo di colore rosso o violaceo, a meno che non siano state già coperte il sabato prima della domenica V di quaresima. Non possono accendersi le luci davanti alle immagini dei santi.
V. IL VENERDÌ NELLA PASSIONE DEL SIGNORE
58. In questo giorno in cui «Cristo nostra pasqua è stato immolato», (63) la chiesa con la meditazione della passione del suo Signore e sposo e con l’adorazione della croce commemora la sua origine dal fianco di Cristo, che riposa sulla croce, e intercede per la salvezza di tutto il mondo.
59. In questo giorno la chiesa, per antichissima tradizione, non celebra l’eucaristia; la santa comunione viene distribuita ai fedeli soltanto durante la celebrazione della passione del Signore; ai malati, che non possono prendere parte a questa celebrazione, si può portare la comunione in qualunque ora del giorno. (64)
60. Il venerdì della passione del Signore è giorno di penitenza obbligatoria in tutta la chiesa, da osservarsi con l’astinenza e il digiuno. (65)
61. In questo giorno sono strettamente proibite le celebrazioni dei sacramenti, eccetto quelli della penitenza e dell’unzione degli infermi. (66) Le esequie siano celebrate senza canto e senza il suono dell’organo e delle campane.
62. Si raccomanda che l’ufficio della lettura e le lodi mattutine di questo giorno siano celebrati nelle chiese con la partecipazione del popolo (cf. n. 40).
63. Si faccia la celebrazione della passione del Signore nelle ore pomeridiane e specificamente circa le ore tre del pomeriggio. Per motivi pastorali si consiglia di scegliere l’ora più opportuna, in cui è più facile riunire i fedeli: per es. da mezzogiorno o in ore più tarde, non oltre però le ore ventuno. (67)
64. Si rispetti religiosamente e fedelmente la struttura dell’azione liturgica della passione del Signore (liturgia della parola, adorazione della croce e santa comunione), che proviene dall’antica tradizione della chiesa. A nessuno è lecito apportarvi cambiamenti di proprio arbitrio.
65. Il sacerdote e i ministri si recano all’altare in silenzio, senza canto. Se vengono dette parole di introduzione, ciò sia fatto prima dell’ingresso dei ministri.
Il sacerdote e i ministri, fatta la riverenza all’altare, si prostrano in terra: tale prostrazione, come rito proprio di questo giorno, si conservi con cura, per il significato che assume di un’umiliazione dell’«uomo terreno» (68) e della mestizia dolorosa della chiesa.
Durante l’ingresso dei ministri i fedeli rimangono in piedi. Quindi anche loro si inginocchiano e pregano in silenzio.
66. Le letture siano proclamate integralmente. Il salmo responsoriale e il canto al Vangelo vengono eseguiti nel modo consueto. La storia della passione del Signore secondo Giovanni si canta o si legge come nella domenica precedente (cf. n. 33). Terminata la storia della passione, si faccia l’omelia. Alla fine di essa i fedeli possono essere invitati a sostare per breve tempo in meditazione. (69)
67. Si faccia la preghiera universale secondo il testo e la forma tramandati dall’antichità, in tutta la prevista ampiezza di intenzioni, per il significato che essa ha di espressione della potenza universale della passione di Cristo, appeso sulla croce per la salvezza di tutto il mondo. In caso di grave necessità pubblica l’ordinario del luogo può permettere o stabilire che si aggiunga una speciale intenzione. (70)
È consentito al sacerdote scegliere, tra le intenzioni proposte nel messale, quelle più adatte alle condizioni del luogo, purché venga rispettata la successione delle intenzioni, indicata di solito per la preghiera universale. (71)
68. La croce da mostrare al popolo sia sufficientemente grande e di pregio artistico. Per questo rito si scelga la prima o la seconda formula indicata nel messale. Tutto questo rito si compia con lo splendore di dignità che conviene a tale mistero della nostra salvezza: sia l’invito fatto nel mostrare la santa croce che la risposta data dal popolo si eseguano con il canto. Non si ometta il silenzio riverente dopo ciascuna prostrazione, mentre il sacerdote celebrante rimane in piedi tenendo elevata la croce.
69. Si presenti la croce all’adorazione di ciascun fedele, perché l’adorazione personale della croce è un elemento molto importante in questa celebrazione. Si adoperi il rito dell’adorazione fatta da tutti contemporaneamente solo nel caso di un’assemblea molto numerosa.(72)
Per l’adorazione si presenti un’unica croce, nel rispetto della verità del segno. Durante l’adorazione della croce si cantino le antifone, i «Lamenti del Signore» e l’inno, che ricordano in modo lirico la storia della salvezza,(73) oppure altri canti adatti (cf. n. 42).
70. Il sacerdote canta l’invito alla preghiera del Signore che tutti eseguono con il canto. Non si dà il segno della pace.
La comunione si distribuisce secondo il rito descritto nel messale. Durante la comunione si può cantare il salmo 21 o un altro canto adatto. Finita la distribuzione della comunione si porta la pisside nel luogo già preparato fuori della chiesa.
71. Dopo la celebrazione si procede alla spogliazione dell’altare, lasciando però la croce con quattro candelieri. Si prepari in chiesa un luogo adatto (per es. la cappella di reposizione dell’eucaristia nel giovedì santo), ove collocare la croce del Signore, che i fedeli possano adorare e baciare e dove ci si possa trattenere in meditazione.
72. Per la loro importanza pastorale, non siano trascurati i pii esercizi, come la «via crucis», le processioni della passione e la memoria dei dolori della beata vergine Maria. I testi e i canti di questi pii esercizi siano in armonia con lo spirito liturgico. L’orario dei pii esercizi e quello della celebrazione liturgica siano composti in modo tale che l’azione liturgica risulti di gran lunga superiore per sua natura a tutti questi esercizi. (74)
VI. IL SABATO SANTO
73. Il sabato santo la chiesa sosta presso il sepolcro del Signore, meditando la sua passione e morte, la discesa agli inferi (75) e aspettando nella preghiera e nel digiuno la sua risurrezione. È molto raccomandata la celebrazione dell’ufficio della lettura e delle lodi mattutine con la partecipazione del popolo (cf. n. 40). (76) Dove ciò non è possibile, sia prevista una celebrazione della parola di Dio o un pio esercizio rispondente al mistero di questo giorno.
74. Possono essere esposte nella chiesa per la venerazione dei fedeli l’immagine del Cristo crocifisso o deposto nel sepolcro o un’immagine della sua discesa agli inferi, che illustra il mistero del sabato santo; ovvero l’immagine della beata Maria vergine addolorata.
75. Oggi la chiesa si astiene del tutto dal celebrare il sacrificio della messa.(77) La santa comunione si può dare soltanto in forma di viatico. Si rifiuti la celebrazione delle nozze e degli altri sacramenti, eccetto quelli della penitenza e dell’unzione degli infermi.
76. I fedeli siano istruiti sulla natura particolare del sabato 87 santo.(78) Le consuetudini e tradizioni di festa collegate con questo giorno per la celebrazione pasquale una volta anticipata al sabato santo, si riservino per la notte e il giorno di pasqua.
VII. LA DOMENICA Dl PASQUA NELLA RISURREZIONE DEL SIGNORE
A) LA VEGLIA PASQUALE NELLA NOTTE SANTA
77. Per antichissima tradizione questa notte è «in onore del 88 Signore» (79) e la veglia che in essa si celebra commemorando la notte santa in cui Cristo è risorto è considerata come «madre di tutte le sante veglie». (80) In questa veglia infatti la chiesa rimane in attesa della risurrezione del Signore e la celebra con i sacramenti dell’iniziazione cristiana (81)
1. Significato della caratteristica notturna della veglia pasquale
78. «L’intera celebrazione della veglia pasquale si svolge di notte; essa quindi deve o cominciare dopo l’inizio della notte o terminare prima dell’alba della domenica». (82) Tale regola è di stretta interpretazione. Gli abusi e le consuetudini contrarie, che talvolta si verificano, così da anticipare l’ora della celebrazione della veglia pasquale nelle ore in cui di solito si celebrano le messe prefestive della domenica, non possono essere ammessi. (83)
Le motivazioni addotte da alcuni per anticipare la veglia pasquale, come ad es. l’insicurezza pubblica, non sono fatte valere nel caso della notte di natale o per altri convegni che si svolgono di notte.
79. La veglia pasquale, in cui gli ebrei attesero di notte il passaggio del Signore che li liberasse dalla schiavitù del faraone,fu da loro osservata come memoriale da celebrarsi ogni anno; era la figura della futura vera pasqua di Cristo, cioè della notte della vera liberazione, in cui «Cristo, spezzando i vincoli della morte, risorge vincitore dal sepolcro». (84)
80. Fin dall’inizio la chiesa ha celebrato la pasqua annuale, solennità delle solennità con una veglia notturna. Infatti la risurrezione di Cristo è fondamento della nostra fede e della nostra speranza e per mezzo del battesimo e della cresima siamo stati inseriti nel mistero pasquale di Cristo: morti, sepolti e risuscitati con lui, con lui anche regneremo. (85)
Questa veglia è anche attesa escatologica della venuta del Signore. (86)
2. La struttura della veglia pasquale e l’importanza dei suoi elementi e delle sue parti
81. La veglia si svolge in questo modo: dopo il «lucernario» e il «preconio» pasquale (prima parte della veglia), la santa chiesa medita «le meraviglie» che il Signore ha compiuto per il suo popolo fin dall’inizio (seconda parte o liturgia della parola), fino al momento in cui, con i suoi membri rigenerati nel battesimo (terza parte), viene invitata alla mensa, che il Signore ha preparato al suo popolo, memoriale della sua morte e risurrezione, in attesa della sua venuta (quarta parte) (87)
Questa struttura dei riti non può da nessuno essere cambiata arbitrariamente.
82. La prima parte comprende azioni simboliche e gestì, che devono essere compiuti con una tale ampiezza e nobiltà, che i fedeli possano veramente apprenderne il significato, suggerito dalle monizioni e dalle orazioni liturgiche.
Per quanto possibile, si prepari fuori della chiesa in luogo adatto il rogo per la benedizione del nuovo fuoco, la cui fiamma deve essere tale da dissipare veramente le tenebre e illuminare la notte.
Nel rispetto della verità del segno, si prepari il cero pasquale fatto di cera, ogni anno nuovo, unico, di grandezza abbastanza notevole, mai fittizio, per poter rievocare che Cristo è la luce del mondo. Venga benedetto con i segni e le parole indicati nel messale o altri approvati dalle conferenze episcopali. (88)
83. La processione, con cui il popolo fa ingresso nella chiesa, deve essere guidata dalla sola luce del cero pasquale. Come i figli di Israele erano guidati di notte dalla colonna di fuoco, così i cristiani a loro volta seguono il Cristo che risorge. Nulla vieta che a ciascuna risposta «Rendiamo grazie a Dio» si aggiunga qualche acclamazione in onore di Cristo.
La luce del cero pasquale viene propagata gradualmente alle candele, opportunamente portate in mano da tutti, con le lampade elettriche ancora spente.
84. Il diacono annunzia il «preconio» pasquale, che in forma di grande poema lirico proclama tutto il mistero pasquale inserito nell’economia della salvezza. Se necessario, in mancanza del diacono, qualora anche il sacerdote celebrante non possa proclamarlo venga affidato a un cantore. Le conferenze episcopali possono apportare adattamenti a questo «preconio» per mezzo di alcune acclamazioni del popolo in esso inserite. (89)
85. Le letture della sacra Scrittura formano la seconda parte della veglia. Esse descrivono gli avvenimenti culminanti della storia della salvezza, che i fedeli devono poter serenamente meditare nel loro animo attraverso il canto del salmo responsoriale, il silenzio e l’orazione del celebrante.
Il rinnovato rito della veglia comprende sette letture dell’Antico Testamento prese dai libri della legge e dei profeti, le quali per lo più sono state accettate dall'antichissima tradizione sia dell’oriente che dell’occidente; e due letture dal Nuovo Testamento, prese dalle lettere degli apostoli e dal VangelO. Così la chiesa «cominciando da Mosè e da tutti i profeti» (90) interpreta il mistero pasquale di Cristo. Pertanto tutte le letture siano lette, dovunque sia possibile, in modo da rispettare completamente la natura della veglia pasquale, che esige il tempo dovuto.
Tuttavia dove le circostanze di natura pastorale richiedono di diminuire ulteriormente il numero delle letture, se ne leggano almeno tre dall’Antico Testamento, cioè dai libri della legge e dei profeti; non venga mai omessa la lettura del cap. 14 dell’Esodo con il suo cantico. (91)
86. Il significato tipologico dei testi dell’Antico Testamento si fonda nel Nuovo, e si rende manifesto con l’orazione pronunciata dal sacerdote celebrante dopo le singole letture; gioverà anche introdurre i fedeli, con una breve monizione, a comprenderne il significato. Tale monizione può essere fatta o dallo stesso sacerdote o dal diacono.
Le commissioni liturgiche nazionali o diocesane avranno cura di preparare gli opportuni sussidi in aiuto ai pastori.
Dopo la lettura segue il canto del salmo con la risposta data dal popolo.
In questo ripetersi delle parti si conservi un ritmo, che possa favorire la partecipazione e la devozione dei fedeli. 892) Si eviti con attenzione di introdurre canzoncine popolari al posto dei salmi.
87. Terminate le letture dell’Antico Testamento si canta l’inno «Gloria a Dio», vengono suonate le campane secondo le consuetudini locali, si pronuncia l’orazione colletta e si passa alle letture del Nuovo Testamento. Si legge l’esortazione dell’apostolo sul battesimo come inserimento nel mistero pasquale di Cristo.
Quindi tutti si alzano: il sacerdote intona per tre volte l’«Alleluia», elevando più in alto gradualmente la voce, mentre il popolo a sua volta lo ripete. (93) Se necessario, il salmista o un cantore intona l’«Alleluia», che il popolo prosegue intercalando l’acclamazione tra i versetti del salmo 117, tante volte citato dagli apostoli nella predicazione pasquale. (94) Finalmente sì annuncia con il Vangelo la risurrezione del Signore, quale culmine di tutta la liturgia della Parola. Non si ometta di fare l’omelia, per quanto breve, dopo il Vangelo.
88. La terza parte della veglia è costituita dalla liturgia battesimale. Ora viene celebrata nel sacramento la pasqua di Cristo e nostra. Ciò può essere espresso in maniera completa in quelle chiese che hanno il fonte battesimale, e soprattutto quando avviene l’iniziazione cristiana di adulti o almeno si celebra il battesimo dei bambini. (95) Anche nel caso che manchino i battezzandi, nelle chiese parrocchiali sì faccia almeno la benedizione dell’acqua battesimale. Quando questa benedizione non si celebra al fonte battesimale ma nel presbiterio, in un secondo momento l’acqua battesimale sia portata al battistero, dove sarà conservata per tutto il tempo pasquale. (96) Dove invece non vi sono i battezzandi né si deve benedire il fonte, la memoria del battesimo si fa nella benedizione dell’acqua, con cui si asperge il popolo. (97)
89. Segue quindi la rinnovazione delle promesse battesimali, introdotta con una monizione dal sacerdote celebrante. I fedeli in piedi, e con le candele accese in mano, rispondono alle interrogazioni. Poi vengono aspersi con l’acqua: in tal modo gesti e parole ricordano loro il battesimo ricevuto. Il sacerdote celebrante asperge il popolo passando per la navata della chiesa, mentre tutti cantano l’antifona «Ecco l’acqua» o un altro canto di carattere battesimale. (98)
90. La celebrazione dell’eucaristia forma la quarta parte della veglia e il suo culmine, essendo in modo pieno il sacramento della pasqua, cioè memoriale del sacrificio della croce e presenza del Cristo risorto, completamento dell’iniziazione cristiana, pregustazione della pasqua eterna.
91. Si raccomanda di non celebrare in fretta la liturgia eucaristica; al contrario conviene che tutti i riti e tutte le parole raggiungano la massima forza di espressione: la preghiera universale, mediante la quale i neofiti, divenuti fedeli, esercitano per la prima volta il loro sacerdozio regale; (99) la processione offertoriale, con la partecipazione dei neofiti, se questi sono presenti; la preghiera eucaristica prima, seconda o terza fatta in canto, con i rispettivi embolismi; (100) infine la comunione eucaristica, come momento di piena partecipazione al mistero celebrato. Alla comunione è opportuno cantare il salmo 117 con l’antifona «Cristo nostra pasqua», o il salmo 33 con l’antifona «Alleluia, alleluia, alleluia», o un altro canto di giubilo pasquale.
92. E desiderabile che sia raggiunta la pienezza del segno eucaristico con la comunione della veglia pasquale, ricevuta sotto le specie del pane e del vino. Gli ordinari dei luoghi sapranno valutare l’opportunità di questa concessione e le circostanze che l'accompagnano. (101)
3. Alcune avvertenze pastorali
93. La liturgia della veglia pasquale sia compiuta in modo di poterne offrire al popolo cristiano la ricchezza dei riti e delle orazioni; è importante che sia rispettata la verità dei segni, che sia favorita la partecipazione dei fedeli, che venga assicurata nella celebrazione la presenza dei ministranti, dei lettori e della «schola» dei cantori.
94. È auspicabile che talvolta venga prevista la riunione nella stessa chiesa di più comunità, quando per la vicinanza delle chiese o per lo scarso numero dei partecipanti non possa aversi una celebrazione completa e festiva.
Si favorisca la partecipazione dei gruppi particolari alla celebrazione della veglia pasquale, in cui tutti i fedeli, riuniti insieme, possano sperimentare in modo più profondo il senso di appartenenza alla stessa comunità ecclesiale.
I fedeli che a motivo delle vacanze sono assenti dalla propria parrocchia, siano invitati a partecipare alla celebrazione liturgica nel luogo dove si trovano.
95. Nell’annunziare la veglia pasquale si abbia cura dì non presentarla come ultimo momento del sabato santo. Si dica piuttosto che la veglia pasquale viene celebrata «nella notte di pasqua», come un unico atto di culto. Si avvertono i pastori di insegnare con cura nella catechesi ai fedeli l’importanza di prendere parte a tutta la veglia pasquale. (102)
96. Per una migliore celebrazione della veglia pasquale si richiede che gli stessi pastori acquisiscano una conoscenza più profonda sia dei testi che dei riti, per poter impartire una vera mistagogia.
B) IL GIORNO DI PASQUA
97. Si celebri la messa del giorno di pasqua con grande solennità. È opportuno oggi compiere l’aspersione dell’acqua, benedetta nella veglia, come atto penitenziale. Durante l’aspersione si canti l’antifona «Ecco l’acqua», o un altro canto di carattere battesimale. I vasi che si trovano all’ingresso della chiesa vengano riempiti con la stessa acqua.
98. Si conservi, dove già è in vigore, o secondo l’opportunità si instauri, la tradizione di celebrare nel giorno di pasqua i vespri battesimali, durante i quali al canto dei salmi si fa la processione al fonte. (103)
99. Il cero pasquale, da collocare presso l’ambone o vicino all’altare, rimanga acceso almeno in tutte le celebrazioni liturgiche più solenni di questo tempo, sia nella messa, sia a lodi e vespri, fino alla domenica di pentecoste. Dopo di questa il cero viene conservato con il dovuto onore nel battistero, per accendere alla sua fiamma le candele dei neo-battezzati nella celebrazione del battesimo. Nella celebrazione delle esequie il cero pasquale sia collocato accanto al feretro, ad indicare che la morte è per il cristiano la sua vera pasqua.
Non si accenda il cero pasquale fuori del tempo di pasqua né venga conservato nel presbiterio. (104)
VIII. IL TEMPO PASQUALE
100. La celebrazione della pasqua continua nel tempo pasquale. I cinquanta giorni che si succedono dalla domenica di risurrezione alla domenica di pentecoste, si celebrano nella gioia come un solo giorno di festa, anzi come «la grande domenica». (105)
101. Le domeniche di questo tempo vengono considerate come domeniche di pasqua e hanno la precedenza sulle feste del Signore e su tutte le solennità. Le solennità che coincidono con queste domeniche si anticipano al sabato. (106) «Le celebrazioni in onore della beata vergine Maria e dei santi, che ricorrono durante la settimana, non possono essere rinviate a queste domeniche (107)
102. Per gli adulti che hanno ricevuto l’iniziazione cristiana nella veglia pasquale, tutto questo tempo è riservato alla «mistagogia». Pertanto, ovunque vi siano neofiti, si rispetti tutto ciò che è indicato nel «Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti», nn. 37-40, e 235-239. Si faccia sempre, nell’ottava di pasqua, la preghiera di intercessione per i neo-battezzati, inserita nella preghiera eucaristica.
103. Durante tutto il tempo pasquale, nelle messe della domenica vengano riservati tra i fedeli posti particolari per i neo-battezzati. Questi cerchino di partecipare alle messe insieme ai loro padrini. Per essi si abbia il ricordo nella omelia e, secondo l’opportunità, nella preghiera dei fedeli. A chiusura del tempo della mistagogia, vicino alla domenica di pentecoste, si faccia qualche celebrazione, secondo le consuetudini regionali. (108) E opportuno inoltre che i fanciulli facciano in queste domeniche la loro prima comunione.
104. Durante il tempo pasquale i pastori istruiscano i fedeli già iniziati al sacramento dell’eucaristia sul significato del precetto della chiesa di ricevere in questo tempo la santa comunione. (109) Si raccomanda molto che soprattutto nell’ottava di pasqua la santa comunione sia portata agli infermi.
105. Dove vi è l’uso di benedire le case in occasione delle feste pasquali, tale benedizione sia fatta dal parroco o da altri sacerdoti o diaconi, da lui delegati. E questa una occasione preziosa per esercitare l’ufficio pastorale. (110) Il parroco si rechi a far visita pastorale nella casa di ciascuna famiglia, abbia un colloquio con i suoi membri e preghi brevemente con loro, adoperando i testi contenuti nel libro Rito delle benedizioni. (111) Nelle grandi città si preveda la possibilità di radunare più famiglie per celebrare insieme il rito di benedizione.
106. Secondo la diversità dei luoghi e dei popoli, si riscontrano molte consuetudini popolari collegate con le celebrazioni del tempo pasquale, che talvolta richiamano un maggior concorso di gente rispetto alle celebrazioni liturgiche; tali consuetudini non sono da disprezzare, e possono risultare adatte a manifestare la mentalità religiosa dei fedeli. Pertanto le conferenze episcopali e gli ordinari dei luoghi provvedano affinché queste consuetudini, che possono favorire la pietà, siano ordinate nel modo migliore possibile: siano in armonia con la sacra liturgia, siano maggiormente impregnate di spirito liturgico, traggano in qualche modo ispirazione dalla liturgia, e ad essa conducano il popolo cristiano. (112)
107. Questo sacro tempo dei cinquanta giorni si conclude con la domenica di pentecoste, in cui si commemora il dono dello Spirito santo effuso sugli apostoli, i primordi della chiesa e l’inizio della sua missione a tutte le lingue, i popoli e le nazioni. (113)
Sia favorita la celebrazione protratta della messa della vigilia, che non riveste un carattere battesimale, come nella veglia pasquale, ma di intensa preghiera sull’esempio degli apostoli e dei discepoli, che perseveravano unanimi in preghiera, con Maria, madre di Gesù, nell’attesa dello Spirito santo. (114)
108. «E una caratteristica della festività pasquale che tutta la chiesa gioisca per la remissione dei peccati, concessa non soltanto a coloro che rinascono nel santo battesimo, ma anche a quelli che da tempo sono stati ammessi nel numero dei figli adottivi». (115) Attraverso una più solerte azione pastorale e un maggior impegno spirituale da parte di ciascuno, con la grazia del Signore, sarà possibile a tutti coloro che avranno partecipato alle feste pasquali, testimoniare nella vita il mistero della pasqua celebrato nella fede. (116)
Dalla sede della Congregazione per il culto divino, il 16 gennaio 1988.
PAUL AUGUSTIN card. MAYER, O.S.B.
prefetto
VIRGILIO NOÈ, arciv. tit. di Voncaria
segretario