DA R OMA  L AURA B ADARACCHI 
 A  more? Una delle parole «più  usate, abusate e travisate».  Un’utopia?  «Non credo che matrimonio e famiglia, che si fondano  sull’amore, siano  realtà ormai superate  e senza futuro. Anzi, l’amore che Cristo ci  insegna è bello e possibile:  vale la pena puntarci tutta la vita  ».  Indica «traguardi difficili» e sgombra  il campo da equivoci e  banalizzazioni,  il cardinale Stanislaw Rylko, presidente del  Pontificio consiglio per i laici, che ha promosso dal 24 marzo a oggi il  X Forum internazionale dei giovani proprio sul tema «Imparare ad  amare». Un argomento spinoso e cruciale, che può prestare il fianco a  «riduzioni moralistiche o sentimentalismi  superficiali». Mentre una  delle  sfide più grandi a cui sono chiamati i giovani «è proprio quella  di scoprire,  spesso in una selva di surrogati proposti e imposti dal  mondo, un amore  autentico sul quale valga la pena  giocarsi la vita,  coltivando la pro-  pria capacità di donarsi», osserva il porporato.
  Scegliere di  rispondere una chiamata  che duri per tutta l’esistenza, tuttavia,   oggi sembra forse più difficile di ieri, nello scenario di una  «emergenza  educativa, ambito al quale Benedetto  XVI dedica grande  attenzione». Ma quali le cause di questa situazione?  « Innanzitutto,  l’incapacità degli adulti di trasmettere alle giovani  generazioni  valori e regole fondanti.  C’è una preoccupante scarsità  di ambienti  educativi veri, di saldi  riferimenti e modelli positivi cui  ispirarsi», fa notare Rylko, con una precisazione: anche le famiglie non  riescono a porre un freno a questa deriva, perché «falcidiate dalla  piaga  del  divorzio».  Non manca un ripiegamento verso «un individualismo esasperato e sempre   più diffuso», che genera «narcisi ermeticamente chiusi, incapaci di  relazionarsi  con gli altri, specialmente con le persone dell’altro  sesso, e anche  affettivamente immaturi». Così  optare per la «scuola dell’amore» autentico  richiede indubbiamente  «il coraggio e la forza di andare controcorrente,  ma non mancano i  giovani che sono ancora capaci di scegliere l’amore vero come loro  programma di vita e che ne vanno fieri».
  Quale il possibile  alfabeto dell’amore  cristiano nel terzo millennio,  dunque? Appassionarsi  alla «logica  del dono», tanto per cominciare,  per scoprire la bellezza  di un  «cammino esigente,  che richiede capacità  di sacrificio e di  rinuncia,  trama segreta del nostro amore per l’altro». In  quest’ottica, assume  valore la castità, «ormai ridicolizzata e disprezzata come insensato  residuo del passato. Al contrario, è espressione  di una condotta  decisamente positiva  nei confronti della sessualità umana,  di cui  riconosce e apprezza il valore, e tende a viverla in armonia con la  vocazione della persona». Un  percorso impegnativo, quindi, «esigente  ma anche affascinante, da  riprendere  quotidianamente, che non può non conquistare il cuore dei  giovani  », sostiene il presidente del dicastero  vaticano per i  laici, ricordando che la Chiesa accompagna e segue con attenzione questo  cammino di  crescita.
   Per poter amare davvero,  infatti, occorre  tagliare il  traguardo della maturità  ostacolato «dalla banalizzazione   del sesso e dalla  sua pericolosa regressione  agli stadi infantili e   preadolescenziali: comportamenti  che ai nostri  tempi sono diventati  la normalità». Vale la pena, invece, optare  per «l’amore vero: costa e  ha un prezzo molto alto: perché ci appartenga,  dobbiamo essere pronti  a dare  qualcosa... Ma è il solo che dà senso  e valore alla nostra  esistenza, perché  possiamo costruire giorno dopo giorno una civiltà  dell’amore». 
© Copyright Avvenire 28 marzo 2010