di Andrea Tornielli
«È stato un regalo davvero bellissimo, dopo  tutta questa sofferenza, abbiamo pianto tutti, anche il Papa ha pianto».  Joseph Magro ha 38 anni, e mostra con orgoglio il rosario che ha appena  ricevuto dalle mani del Papa. Insieme con altre sette vittime di abusi  sessuali subiti nell’orfanotrofio San Giuseppe, ha potuto parlare a tu  per tu per qualche minuto con Benedetto XVI lontano dalle telecamere,  nella cappella della nunziatura.
Può raccontare che cosa  le è successo?
«Ho subito abusi sessuali a partire  dall’età di quindici anni, tra il 1988 e il 1990, nell’orfanotrofio San  Giuseppe. Un sacerdote, padre Charles Pulis, veniva a svegliarmi la  mattina e mi baciava in bocca, poi mi masturbava. Io non potevo parlare,  non potevo ribellarmi, non potevo dire nulla, perché minacciava di  buttarmi fuori dall’istituto. Da sette anni si è aperto il processo, ma  non abbiamo ancora avuto la sentenza, non abbiamo ancora avuto  giustizia».
Com’è andato l’incontro con il Papa?
«Non  avevo più fede nei preti, ora, dopo quest’esperienza commovente che mi è  capitata, ho ricominciato a sperare. Voi in Italia avete un santo.  Capito? Avete un santo».
Posso chiederle quali parole vi  siete scambiati con Benedetto XVI?
«Quando gli ho detto  che mi chiamavo Joseph, il Papa ha spalancato gli occhi: “Joseph come  me!”. Gli ho chiesto: “Perché quel sacerdote mi ha fatto questo, perché  ha abusato di me?”. Lui mi ha risposto dicendomi che prega per me, e  abbiamo pregato insieme».
Come reagiva il Papa in quei  momenti?
«Mi ha molto colpito il fatto che provasse una  grande pena. Si vedeva che stava soffrendo con me. Io non volevo farlo  soffrire, non gli ho raccontato gli abusi che ho subito, ma lui ha  pianto insieme a me, pur non avendo alcuna colpa per ciò che mi è  accaduto».
Si aspettava questo incontro?
«No,  è stato un grande regalo per me, essere accolto in questo modo e  ascoltato da lui. Avevo ascoltato il suo discorso all’aeroporto, sabato  pomeriggio, non c’era alcun cenno al problema degli abusi. Ma stamattina  (domenica 18, ndr), dopo le nove, ho ricevuto una telefonata: dovevo  andare a casa del vescovo perché ci avrebbe portato dal Papa. Ho avuto  finalmente un po’ di pace grazie a quest’incontro. Mi ha dato un  rosario, questo che porto al collo ora».
AnTor
© Copyright Il  Giornale, 19 aprile 2010