Roma. Monsignor Rino Fisichella, 58 anni,
cappellano di Montecitorio, lascerà
nelle prossime settimane gli incarichi di
rettore dell’Università lateranense e di
presidente della Pontificia accademia per
la vita. Benedetto XVI infatti – nelle scorse
ore ne hanno parlato anche Panorama
e il Giornale – ha deciso di affidargli un
importante incarico: guiderà un nuovo
“ministero” della curia romana dedicato
alla nuova evangelizzazione. Ma non di
continenti che non hanno mai conosciuto
il cristianesimo, bensì dell’occidente: ovvero
dell’Europa, del nord e del sud America.
Si tratta di interi territori dalla forte
tradizione cristiana che hanno perso sempre
più la propria identità religiosa fino a
divenire quasi totalmente secolarizzati.
L’idea di questo nuovo “ministero” venne
proposta a Giovanni Paolo II da don Luigi
Giussani, fondatore di Comunione e liberazione,
agli inizi degli anni Ottanta. Poi
tutto scemò. Negli scorsi mesi è stato il patriarca
di Venezia, il cardinale Angelo
Scola, a riporla all’attenzione di Benedetto
XVI, il quale ha deciso di farla propria.
Del resto, già nel 2000 l’allora cardinale
Ratzinger aveva parlato della necessità di
tornare a riportare con più forza il messaggio
cristiano all’occidente: “Perciò cerchiamo
oltre l’evangelizzazione permanente,
mai interrotta, mai da interrompere,
una nuova evangelizzazione, capace di
farsi sentire da quel mondo, che non trova
accesso all’evangelizzazione ‘classica’”
disse l’attuale Pontefice in occasione di un
convegno dedicato alla catechesi.
Il Papa ha deciso di affidare questo cruciale
nuovo incarico a Fisichella perché lo
ritiene un teologo adatto allo scopo. In
questo modo, tra l’altro, decade la sua candidatura,
ipotizzata da più parti, per la guida
delle diocesi di Torino e di Milano.
Ratzinger già da cardinale aveva dedicato
diversi interventi alla perdita della
fede dell’Europa e del mondo occidentale.
E anche diversi interventi successivi all’elezione,
a cominciare dalla lectio di Regensburg,
affrontarono l’argomento.
Il nuovo “ministero” è l’ennesimo colpo
che il Papa assesta alla curia romana. E
dovrebbe portare, in concomitanza, allo
smantellamento del pontificio consiglio
“Cor Unum” guidato fino a oggi dal cardinale
tedesco Paul Josef Cordes. L’unica
difficoltà all’orizzonte riguarda la definizione
delle esatte competenze affidate a
Fisichella. Come si muoverà il nuovo organismo?
Come cercherà di mettere in campo
una rinnovata spinta evangelizzatrice?
Come riuscirà a non sovrapporsi alle competenze
proprie dei pontifici consigli per
i laici e per la cultura? Come si raccorderà
con le altre competenze, ovvero quelle che
sono proprie delle congregazioni dell’educazione
cattolica, dei religiosi e del clero?
Sono domande che in molti nella curia
romana si pongono. Nella consapevolezza
che ogni cosa dovrà essere ben definita
perché la macchina possa funzionare bene.
Perché il nuovo “ministero” affidato
non produca semplicemente convegni e
incontri ma sia davvero efficace.
Tra l’altro, la curia romana attende un
nuovo prefetto dei vescovi. Tutti sono consapevoli,
infatti, che è anzitutto dalle nomine
dei vescovi nel mondo che dipende
l’efficacia della chiesa e del suo messaggio.
Dopo gli anni del cardinal Giovanni
Battista Re sembra arrivato il tempo dell’australiano
George Pell, arcivescovo di
Sydney. Ma non tutto è ancora deciso. Anche
perché è sempre più consistente il
fronte che preferirebbe un uomo dell’establishment.
Ovvero che sia addentro agli
schemi della curia, ne conosca meccanismi
e ingranaggi. Anche perché Pell, provenendo
da una diocesi del mondo anglosassone,
può essere ricattato in qualsiasi
momento. Già agli inizi degli anni Novanta
dovette difendersi da Anthony e Christine
Foster, genitori di due bambine abusate
da un sacerdote di Melbourne. I due accusarono
Pell di aver coperto il sacerdote
riconosciuto responsabile delle violenze.
Paolo Rodari
© Copyright Il Foglio 27 aprile 2010