DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Benedetto XVI, in lacrime, incontra le vittime dei preti pedofili a La Valletta. di Luigi Accattoli

Malta è piccola, poco più di quatttrocentomila abitanti e dunque dal punto di vista della Chiesa va guardata come una nostra diocesi media: tipo Bolzano, Reggio Emilia o Salerno.
E allora uno dice – sperando di respirare un momento – «almeno lì non ci saranno abusi di preti su minori»: io me lo sono detto, da vaticanista, qualche settimana addietro quando sentivo che il Papa stava preparando una visita nel 1.950° del naufragio di Paolo, che dovrebbe essere avvenuto nell’anno 60 dopo Cristo.
Invece no, i preti pedofili – o efebofili: cioè amanti degli adolescenti – ci sono anche a Malta e dunque anche in questa occasione il povero Papa ha dovuto fare penitenza, come bene ha detto all’antivigilia e come ha fatto sul posto a nome di tutti.
Quella “sporcizia” c’è dappertutto, ma proprio dappertutto ed è perciò una fortuna – in un certo senso – che il chiasso dei media abbia aperto gli occhi ai responsabili e a tutti noi.
«Adesso, sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza» aveva confidato con linguaggio evangelico Benedetto giovedì scorso.
Ed evangelicamente per la quarta volta, alla Valletta, ha incontrato le “vittime” degli abusi. L’incontro con «coloro che hanno sofferto» è la più coraggiosa e la più personale tra le risposte del Papa al terribile scandalo.
Al primo dei maltesi che ha denunciato il prete che fu suo molestatore, il Papa ha detto l’altro ieri che è «orgoglioso» di lui, come hanno riferito le cronache: «Mi ha detto che non era facile fare quello che ho fatto».
E lui, l’uomo che subì l’oltraggio da ragazzo – si chiama Lawrence Grech – ora piange e dice: «Finalmente posso andare dalle mie figlie e dire che ho ritrovato la fede».
Basterebbero queste battute per dire la fecondità della via imboccata da Papa Ratzinger.
Sappiamo bene come egli abbia richiamato agli episcopati – e ultimamente a quello irlandese, con la lettera del 20 marzo – varie priorità: di collaborare con i tribunali civili per rendere giustizia alle “vittime”, di non coprire i fatti e di promuovere un cammino di penitenza comunitaria. Ma tra tutti il suggerimento di incontrare le vittime è il più personale, delicato e coinvolgente che egli abbia rivolto ai “fratelli”vescovi.
Non l’ha mai formulato in parole, ma l’ha dettato con l’esempio dei quattro incontri che ha realizzato lungo gli ultimi due anni.
Il primo si ebbe negli Usa, a Washington, il 17 aprile 2008. Il 21 luglio di quello stesso anno ce ne fu un altro a Sydney, mentre il Papa era là per Giornata mondiale della gioventù.
Il terzo ebbe luogo in Vaticano, il 29 aprile 2009, quando parlò e pregò con un gruppo di aborigeni del Canada che da bambini avevano subito maltrattamenti nei collegi cattolici gestiti da personale religioso.
«Ho incontrato vittime di abusi sessuali, così come sono disponibile a farlo in futuro», ha scritto nella lettera agli irlandesi.
In essa così ha narrato il contenuto di quegli incontri: «Mi sono soffermato con loro, ho ascoltato le loro vicende, ho preso atto della loro sofferenza, ho pregato con e per loro».
Le finalità che egli attribuisce al contatto personale con le vittime sono ricavabili
dalle espressioni con cui ne ha parlato – o fatto parlare – nelle diverse occasioni: riconciliazione, compassione, cura, guarigione, pace. Ancora più chiaramente l’obiettivo di quel gesto è detto in una frase del portavoce Federico Lombardi contenuta in una “nota” del 9 aprile: «Molte vittime non cercano compensi economici, ma un aiuto interiore, un giudizio nella loro dolorosa vicenda».
Intuiamo di che “giudizio” si tratti quando ascoltiamo uno degli uomini incontrati ieri da Benedetto raccontarci d’aver visto il Papa «piangere per l’emozione». Quegli “ospiti” straordinari di Benedetto XVI nella Cappella della Nunziatura, alla Valletta, gli chiedevano: «Perché è potuto avvenire quello che è avvenuto?» Il Papa non aveva risposte e ha detto loro: «Non lo so il perché.
Possiamo solo pregare». «Tutti abbiamo pianto» ha detto un altro degli otto che erano in quella Cappella. In quel pianto è il “giudizio”di cui aveva parlato il padre Lombardi. Che a proposito dell’incontro della Valletta ha narrato che esso si è svolto «in un clima intenso ma sereno, senza tensione» e con evidente «familiarità».
Il Papa «era profondamente commosso dai loro racconti ed ha espresso la sua vergogna e il suo dolore per ciò che hanno sofferto».

www.luigiaccattoli.it

© Copyright Liberal, 20 aprile 2010