Intervista a monsignor Giovanni d'Ercole, vecovo ausiliario  dell'Aquila: "Siamo l'unica forza salda in un mondo dominato dal  relativismo. Per questo subiamo una campagna ingiusta"
«La  Chiesa è sotto attacco perché è rimasta l’unica forza salda in un mondo  che ha eletto come suo sistema di riferimento il relativismo... Ma noi  oggi celebriamo la vittoria di Gesù sulla morte, sul peccato, sul nostro  limite. E dunque, nonostante la passione del Venerdì Santo, abbiamo il  cuore pieno di speranza e siamo certi che anche da questa prova la  Chiesa uscirà più forte, più salda, più pura». Monsignor Giovanni  D’Ercole, 62 anni, vescovo ausiliare dell’Aquila, già noto conduttore di  rubriche religiose televisive, approdato da pochi mesi nella diocesi  terremotata dopo lunghi anni trascorsi in Vaticano, prima come  vicedirettore della Sala Stampa e quindi nella sezione italiana della  Segreteria di Stato, è stato un collaboratore degli ultimi due Papi.
La  Chiesa è sotto attacco? E se sì, perché?
«Che ci sia un  attacco e un accanimento speciale contro il Papa lo dimostrano i fatti.  Casi dolorosi di sacerdoti infedeli che si sono macchiati del crimine  odioso degli abusi su bambini e ragazzi vengono rilanciati al fine di  implicare in tutti i modi la persona di Benedetto XVI. Tentativo che non  ha alcun fondamento e per di più profondamente ingiusto, dato che  proprio Ratzinger è stato tra i più decisi fautori di una linea di  assoluta severità nel trattare questi casi. Casi che, al di là delle  apparenze mediatiche, sono e rimangono rari».
Perché i  casi che coinvolgono il clero fanno notizia, al contrario di quelli che  interessano altri ambienti familiari, professionali o religiosi?
«L’attenzione  concentrata solo sulla Chiesa cattolica è l’indizio della sua autorità  morale. Un caso di abuso nel clero fa più notizia di cento avvenuti  altrove. Dobbiamo preoccuparci tutti di più per tutelare sempre i  bambini, in ogni ambiente, non solo nelle parrocchie o nelle scuole  cattoliche, dove peraltro non corrono alcun pericolo, ma sono invece  educati e aiutati a crescere bene».
La sorprende questa  ostilità? 
«La Chiesa è sotto attacco perché è rimasta  l’unica forza salda in un mondo che ha eletto come suo sistema di  riferimento il relativismo. Mi vengono in mente le parole di padre  Giovanni Semeria: “Quella severità che il mondo usa per guardare ai  cattolici è l’omaggio che viene reso forse inconsciamente alla nobiltà e  alla grandezza del principio cristiano”».
Il  procuratore aggiunto di Milano, che si occupa di abusi sui minori, ha di  fatto accusato gli ecclesiastici di omertà...
«Mi lasci  dire che quell’intervista ha provocato un’indebita generalizzazione,  come se i vescovi volessero coprire gli abusi e proteggere i preti  colpevoli. Posso assicurare che non è così. Si è parlato di un “allarme”  pedofilia nel clero, allarme del tutto inesistente. La Chiesa collabora  con la giustizia e lo stesso magistrato ha detto di non essere mai  stato ostacolato nel suo lavoro dagli ecclesiastici. L’effetto che si  sta provocando con questi attacchi, è quello di presentare la Chiesa nel  suo insieme come un covo di abusatori di bambini, con i vescovi che  insabbiano. L’effetto è devastante, anche se, grazie a Dio, l’esperienza  di milioni di nostri concittadini ci parla di una realtà del tutto  diversa».
Ritiene giusta l’ispezione ordinata dal  ministro Alfano alla Procura di Milano?
«Non credo sia  un tema sul quale un vescovo debba esprimersi».
Venerdì  in San Pietro padre Cantalamessa ha letto un brano di una lettera di un  amico ebreo che paragonava gli attacchi contro la Chiesa  all’antisemitismo.
«Padre Lombardi ha chiarito che  questo accostamento non rappresenta la linea della Santa Sede. Dobbiamo  rispettare l’opinione dell’amico di padre Cantalamessa, ma anche  comprendere che così si possono scatenare reazioni alle quali forse non  si era pensato prima».
Che cosa pensa del dibattito sulla  Ru486 e le polemiche sollevate dalle parole dei governatori Zaia e  Cota?
«La pillola abortiva, come ha ben spiegato il  cardinale Bagnasco, banalizzerà l’atto grave dell’aborto, la  soppressione di una vita umana innocente. È sacrosanto cercare di  contrastare questa tendenza, usando tutte le possibilità che la legge  consente. Fa sempre molta meraviglia vedere come certi paladini dei  diritti umani dei bambini poi non si preoccupino di difendere i diritti  dei più indifesi, quelli non nati».
Un’ultima domanda sul  dopo terremoto. Qual è la situazione all’Aquila?
«Al di  là delle polemiche strumentali, bisogna riconoscere che è stato fatto  tantissimo. Ma anche che molto resta ancora da fare. Dopo la solidarietà  che ha commosso, ora è il tempo della ricostruzione, non solo  materiale, ma anche umana, sociale e spirituale. La rimozione delle  macerie ha un valore simbolico, significa girare pagina, ricominciare».
©  Copyright Il Giornale, 4 aprile 2010