DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

"Chiesa sotto attacco: ne usciremo più forti" di Andrea Tornielli

Intervista a monsignor Giovanni d'Ercole, vecovo ausiliario dell'Aquila: "Siamo l'unica forza salda in un mondo dominato dal relativismo. Per questo subiamo una campagna ingiusta"

«La Chiesa è sotto attacco perché è rimasta l’unica forza salda in un mondo che ha eletto come suo sistema di riferimento il relativismo... Ma noi oggi celebriamo la vittoria di Gesù sulla morte, sul peccato, sul nostro limite. E dunque, nonostante la passione del Venerdì Santo, abbiamo il cuore pieno di speranza e siamo certi che anche da questa prova la Chiesa uscirà più forte, più salda, più pura». Monsignor Giovanni D’Ercole, 62 anni, vescovo ausiliare dell’Aquila, già noto conduttore di rubriche religiose televisive, approdato da pochi mesi nella diocesi terremotata dopo lunghi anni trascorsi in Vaticano, prima come vicedirettore della Sala Stampa e quindi nella sezione italiana della Segreteria di Stato, è stato un collaboratore degli ultimi due Papi.

La Chiesa è sotto attacco? E se sì, perché?

«Che ci sia un attacco e un accanimento speciale contro il Papa lo dimostrano i fatti. Casi dolorosi di sacerdoti infedeli che si sono macchiati del crimine odioso degli abusi su bambini e ragazzi vengono rilanciati al fine di implicare in tutti i modi la persona di Benedetto XVI. Tentativo che non ha alcun fondamento e per di più profondamente ingiusto, dato che proprio Ratzinger è stato tra i più decisi fautori di una linea di assoluta severità nel trattare questi casi. Casi che, al di là delle apparenze mediatiche, sono e rimangono rari».

Perché i casi che coinvolgono il clero fanno notizia, al contrario di quelli che interessano altri ambienti familiari, professionali o religiosi?

«L’attenzione concentrata solo sulla Chiesa cattolica è l’indizio della sua autorità morale. Un caso di abuso nel clero fa più notizia di cento avvenuti altrove. Dobbiamo preoccuparci tutti di più per tutelare sempre i bambini, in ogni ambiente, non solo nelle parrocchie o nelle scuole cattoliche, dove peraltro non corrono alcun pericolo, ma sono invece educati e aiutati a crescere bene».

La sorprende questa ostilità?

«La Chiesa è sotto attacco perché è rimasta l’unica forza salda in un mondo che ha eletto come suo sistema di riferimento il relativismo. Mi vengono in mente le parole di padre Giovanni Semeria: “Quella severità che il mondo usa per guardare ai cattolici è l’omaggio che viene reso forse inconsciamente alla nobiltà e alla grandezza del principio cristiano”».

Il procuratore aggiunto di Milano, che si occupa di abusi sui minori, ha di fatto accusato gli ecclesiastici di omertà...

«Mi lasci dire che quell’intervista ha provocato un’indebita generalizzazione, come se i vescovi volessero coprire gli abusi e proteggere i preti colpevoli. Posso assicurare che non è così. Si è parlato di un “allarme” pedofilia nel clero, allarme del tutto inesistente. La Chiesa collabora con la giustizia e lo stesso magistrato ha detto di non essere mai stato ostacolato nel suo lavoro dagli ecclesiastici. L’effetto che si sta provocando con questi attacchi, è quello di presentare la Chiesa nel suo insieme come un covo di abusatori di bambini, con i vescovi che insabbiano. L’effetto è devastante, anche se, grazie a Dio, l’esperienza di milioni di nostri concittadini ci parla di una realtà del tutto diversa».

Ritiene giusta l’ispezione ordinata dal ministro Alfano alla Procura di Milano?

«Non credo sia un tema sul quale un vescovo debba esprimersi».

Venerdì in San Pietro padre Cantalamessa ha letto un brano di una lettera di un amico ebreo che paragonava gli attacchi contro la Chiesa all’antisemitismo.

«Padre Lombardi ha chiarito che questo accostamento non rappresenta la linea della Santa Sede. Dobbiamo rispettare l’opinione dell’amico di padre Cantalamessa, ma anche comprendere che così si possono scatenare reazioni alle quali forse non si era pensato prima».

Che cosa pensa del dibattito sulla Ru486 e le polemiche sollevate dalle parole dei governatori Zaia e Cota?

«La pillola abortiva, come ha ben spiegato il cardinale Bagnasco, banalizzerà l’atto grave dell’aborto, la soppressione di una vita umana innocente. È sacrosanto cercare di contrastare questa tendenza, usando tutte le possibilità che la legge consente. Fa sempre molta meraviglia vedere come certi paladini dei diritti umani dei bambini poi non si preoccupino di difendere i diritti dei più indifesi, quelli non nati».

Un’ultima domanda sul dopo terremoto. Qual è la situazione all’Aquila?

«Al di là delle polemiche strumentali, bisogna riconoscere che è stato fatto tantissimo. Ma anche che molto resta ancora da fare. Dopo la solidarietà che ha commosso, ora è il tempo della ricostruzione, non solo materiale, ma anche umana, sociale e spirituale. La rimozione delle macerie ha un valore simbolico, significa girare pagina, ricominciare».

© Copyright Il Giornale, 4 aprile 2010