Milano. Negli Stati Uniti la bolla darwiniana
ha origini antiche. Diciamo che però
negli ultimi tempi si è gonfiata parecchio.
Tappa dopo tappa, i fautori del Disegno intelligente
hanno conquistato posizioni. Perché
sono fortemente attivisti e molto, molto
convinti. O perché, come denunciano gli
evoluzionisti promotori del Darwin Day, i
creazionisti agiscono con astuzia, partendo
dai piccoli centri. Ma soprattutto perché le
granitiche certezze della selezione naturale
come muro portante dell’evoluzione si
sono ormai sbriciolate, dubbio dopo dubbio,
in gran parte della mente americana.
Nel 2002, secondo una ricerca di Scientific
American, il 40 per cento della popolazione
degli Stati Uniti si ostinava a insistere sulla
creazione del mondo da parte di Dio poche
migliaia di anni fa, mentre Illinois,
Ohio e Wisconsin meditavano di eliminare
direttamente l’intera teoria dell’evoluzione
dai programmi d’insegnamento, ora quella
fetta di popolazione ha raggiunto il 42 per
cento, con un 10 per cento di convinti che
l’evoluzione sia guidata da “un essere supremo”
e un 64 per cento aperto all’insegnamento
del creazionismo accanto all’evoluzionismo.
Da ottimi comunicatori, i creazionisti
hanno moltiplicato nel tempo libri,
luoghi, musei e parchi dedicati alla causa:
dai dinosauri d’acciaio di Palm Springs al
Creation Studies Institute di Fort Lauderdale,
fino a che nel 2007 a Petersburg, Kentucky,
hanno inaugurato – promosso dall’organizzazione
evangelica Answers in Genesis
e costato 27 milioni di dollari – il colosso:
un Museo del Creazionismo che pullula
di dinosauri animati (“E’ ora di finirla che
vengano strumentalizzati dagli evoluzionisti
per la loro causa: ai bambini piacciono e
li usiamo anche noi”, commentò all’epoca
Ken Ham, il direttore del Museo. E via ai
diorami in cui i bestioni creati da Patrick
Marsh, il mago Universal Studios degli ultimi
“King Kong” e “Lo squalo”, convivono
con l’uomo e salgono baldanzosi sull’arca di
Noè). Proprio in questi giorni, i 25 mila metri
quadri del Museo stanno per celebrare
il milione di visitatori. Conquistati alla causa
da tempo quelli che oggi sono gli speaker
più attesi ai Tea Party, come i repubblicani
Mike Huckabee e Tom Tancredo, i creazionisti
devono dire grazie soprattutto alla loro
superstar Kirk Cameron, l’attore-reverendo
che, partito come bravo ragazzo modello
nella sitcom “Genitori in blue jeans”,
ha proseguito conquistando centinaia di
miglia di adepti all’ID come eroe della trilogia
sulla fine del mondo “Left Behind”
(da noi è arrivato in dvd con il titolo “Prima
dell’apocalisse”), tratto dall’omonima serie
di “best seller cristiani” da 40 milioni di copie
vendute. Dalla fine del 2009 Cameron
ha battuto palmo a palmo i cento migliori
campus dei college americani per avvertire
i futuri medici, avvocati e politici più influenti
del paese che “Il darwinismo è ateismo
mascherato da scienza” e distribuire
centomila copie gratuite dell’“Origine delle
specie” completate da una nuova introduzione
a firma Ray Comfort, anima dell’organizzazione
evangelica “Living Waters”.
Ma come ha sottolineato il Washington Post,
gli studenti americani non si metterebbero
a leggere Darwin per polemica nemmeno
se a portarglielo fossero Megan Fox e
Zac Efron. Ergo, Cameron ha caricato su
YouTube un video di sei minuti che elenca
i pericoli di ateismo, secolarizzazione e
darwinismo per il futuro dell’umanità. Nulla
ha però scatenato i creazionisti come il
film “Creation” di Jon Amiel, con Paul Bettany
nella parte di Charles Darwin e Jennifer
Connelly in quella della moglie Emma,
storia di come la famiglia Darwin, colpita
dalla tragedia della perdita di una figlia,
abbia potuto accettare l’idea di un mondo
senza Dio. Basato sul libro “Annie’s box”
scritto da un discendente di Darwin, Randal
Keynes, il film è stato presentato lo
scorso autunno in Inghilterra, alla fine di
gennaio e uscito di contrabbando in pochissime
sale americane: bloccato dalla controcampagna
dei creazionisti. Specialisti in comunicazione
intelligente.
Stefania Vitulli
© Copyright Il Foglio 20 aprile 2010