Parigi. Anche il piedistallo di Freud, dopo
quello di Darwin, dà segni di cedimento.
La psicanalisi ha tradito il politicamente
corretto, non sembra essere del tutto in
linea col diktat edonista della liberazione
dei costumi, e per questo adesso è sotto attacco.
Michel Onfray, l’enfant terrible della
controfilosofia francese, il prof di Argentan
figlio di contadini che ha lasciato il
liceo per fondare a Caen l’Università popolare,
ne ha fatto il bersaglio della sua ultima
campagna mediatica. Dopo essersela
presa infatti con Dio e con la chiesa di Roma,
l’“ateologo” cresciuto in un orfanotrofio
di salesiani nel terrore dei pedofili,
teorico dell’edonismo fino allo spasimo,
fautore della masturbazione e spregiatore
della paternità, ha passato sei mesi a leggere
l’opera completa di Sigmund Freud,
la sua corrispondenza, la sua biografia, e
ha sfornato un mattone di 600 pagine (“Le
crépuscule d’un idole. L’affabulation freudienne”,
Grasset) in cui spara a zero contro
l’inventore della psicoanalisi, cercando
di smontarne la leggenda.
Lungi dall’essere un mito, un genio e
nemmeno una persona per bene, il medico
viennese ai suoi occhi è un piccolo impostore,
un tipo avido ossessionato dal danaro,
che si faceva pagare 450 euro a seduta
(stando alla conversione Onfray), un avventuriero
e “un conquistatore”, come lo
stesso confessava in una lettera a Wilhelm
Fliess; un uomo insomma impermeabile
alla morale, privo di scrupoli, abietto e
schifoso: figlio ossessivo, marito infedele,
adultero professo con la cognata Minna,
sorella della moglie Martha Bernays, padre
tirannico e insensibile all’omosessualità
della figlia Anna, cocainomane indefesso
e disposto a tutto, pur di conquistare
l’immortalità. Quel che è peggio, è che in
balìa di un’ambizione smisurata da incurabile
egotista, ha preteso trasformare
un’intuizione personale nel pilastro di una
dottrina universale, accreditandosi come
fondatore della teoria nuova dell’inconscio.
Invece, ambisce spiegare Onfray, era
solo un maniaco fissato col complesso di
Edipo, che ha rovinato milioni di persone
facendo credere che voler andare a letto
con la propria madre e uccidere il padre
fosse una prerogativa generale, passibile
dunque di generare una legge universale
valida per l’intera umanità, mentre era solo
una perversione sua personale. In questo
senso, Freud dimostrerebbe agli occhi
di Onfray quanto avesse ragione Nietzsche
a dire: “Ogni pensiero è la confessione dell’autobiografia
dell’autore”. Niente di meno
scientifico della psicanalisi, dunque,
insiste Onfray che da giorni in Francia si
diffonde in impervi dibattiti per promuovere
il suo tomo, anche a costo di farsi
sbeffeggiare da eminenti specialisti inorriditi
dal suo ardire e dai suoi toni tranchant.
Jacques-Alain Miller, per esempio,
peraltro genero di Jacques Lacan, l’ha
trattato come uno scolaretto, rimproverandogli
una ricostruzione sommaria e naïve
della storia della psicoanalisi, accusandolo
di fondare la sua tesi su marchiani errori
di traduzione, come “l’attention flottante”,
e di ignorare le sottigliezze del tedesco.
Elisabeth Roudinesco, altra papessa
freudiana, ha stilato un elenco di imprecisioni
che inficiano la dimostrazione di
Onfray: l’alfiere dell’ateismo per esempio,
tenta di accreditare una relazione sessuale
perversa tra Freud e la cognata, durante
il viaggio in Italia del 1923, con tanto di
gravidanza indesiderata e aborto. Dimentica
però, osserva la Roudinesco, che il padre
della psicanalisi fosse all’epoca un
vecchio di 68 anni e la sua Minna ne avesse
58. Onfray però non bada ai dettagli,
preferisce mirare al bersaglio grosso dell’ortodossia
politicamente corretta del
freudismo. Paragona la Roudinesco a “una
preside pronta ad acciuffarti dal fondo del
corridoio”, l’accusa di metodi stalinisti e
di supponenza parigina, ne ridicolizza “l’isteria
compulsiva” come “un atto mancato
che tradisce un desiderio inconscio”. E resiste,
demolendo Freud e la psicanalisi
per una via paradossale: cioè in nome dell’edonismo
libertino. Freud, per lui, resta
infatti il fondatore di una religione inaccettabile,
con la sua setta e i suoi concili,
un filosofo mancato che non ha fatto altro
che saccheggiare Nietzsche e Spinoza,
senza credere mai che la sua scoperta servisse
a curare le persone.
Marina Valensise
© Copyright Il Foglio 21 aprile 2010