DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Dal Giappone l'orsetto-robot un aiuto per gli anziani. Secondo gli esperti "le nuove interazioni uomo-macchina meritano una riflessione approfondita"

di SARA FICOCELLI


Dal Giappone l'orsetto-robot un aiuto per gli anziani
"Si può acquistare tutto nella solitudine, eccetto il carattere", diceva Stendhal, ma lo scrittore francese aveva una concezione della vita molto più romantica di quella dei ricercatori della Fujitsu. L'ultima invenzione degli scienziati giapponesi è infatti un orsetto di peluche capace di consolare chi sente solo modellando le proprie reazioni in base allo stato d'animo del "padrone". Programmato per decifrare gesti ed espressioni facciali e rispondere in 300 modi diversi, il robot si comporta come un essere vivente dotato di personalità ed empatia, con l'unica differenza che a lui, di come si sente il proprietario di turno, non importa assolutamente nulla. Poco male: il teddybear è stato pensato per far compagnia ad anziani abbandonati in qualche casa di cura e bambini lasciati in pasto alla tv, le due categorie umane più fragili e meno selettive, bisognose di affetto al punto di accontentarsi anche di quello artificiale.

Il tutto è reso possibile grazie a una telecamera installata nel naso del giocattolo, che permette di intercettare le variazioni dell'umore di chi lo possiede attraverso uno studio computerizzato delle espressioni del viso e dei movimenti del corpo. Se l'orsetto riconosce un comportamento anomalo o una faccia un po' triste alza la zampa per salutare, ride, russa, e se il volto che ha di fronte piange è addirittura capace di porgere un fazzoletto. "Questo orsetto può diventare uno di famiglia - spiegano i creatori - e rappresenta un aiuto concreto per le persone in difficoltà. Per questo abbiamo cercato di programmare i suoi gesti all'insegna della spontaneità e della naturalezza". Gli scienziati hanno intenzione di testare il peluche nelle case di cura per anziani (molto numerose in Giappone, dove gli uomini vivono in media 79 anni e le donne 86) e, se la sperimentazione avrà successo, di metterlo subito sul mercato.


Già due anni fa il giapponese Takanori Shibata aveva messo a punto Paro, una foca-robot di 2800 grammi di peso, capace di muoversi, fare versi e reagire ad abbracci e carezze. Finora il futuristico giocattolo, "adottato" a scopi di ricerca anche da alcuni atenei italiani, è stato utilizzato con risultati soddisfacenti per curare persone con problemi cognitivi, sensoriali e relazionali, tutte di età compresa tra i due e i 27 anni.

A marzo di quest'anno gli studenti di Ingegneria dell'Università di Tsukuba, a nord di Tokyo, hanno inoltre realizzato Yotaro, un bambolotto simile in tutto e per tutto a un bambino vero, con il viso in silicone morbido e trasparente, capace di rispondere fisicamente alle sensazioni tattili. Le espressioni facciali di questo neonato-robot, pensato per allenare le giovani coppie allo svezzamento di un figlio, sono realistiche in modo impressionante: il naso cola come quello di un essere umano e quando è l'ora della poppata gli occhi producono lacrime vere. Il tutto grazie a un computer che converte le sensazioni tattili in pianto, riso e starnuti.

E' solo di recente che l'interazione uomo-macchina ha definito quella uomo-robot come sua area disciplinare: basti pensare che fino al 2004 le parole chiave "robot" e "human-robot interaction" non erano incluse nella lista delle aree di interesse della CHI (ACM Conference on Human Factors in Computing Systems), una delle più autorevoli del settore. Di recente però questa branca della scienza ha cominciato a produrre tecnologie che hanno reso possibili studi interdisciplinari, aprendo prospettive ampie e interessanti. Come scrive la ricercatrice Patrizia Marti, del dipartimento di Scienze della Comunicazione dell'Università di Siena, le macchine di oggi "sono in grado di eseguire compiti e intrattenere rapporti sociali con altri robot ed esseri umani. Pongono dunque problematiche del tutto nuove per lo studioso di interazione e meritano una riflessione approfondita". Tutto sta a far sì che la perfezione di questi robot non sostituisca l'imperfezione, indispensabile, del calore umano.

(06 aprile 2010)



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