DISCERNERE

Uno sguardo profetico sugli eventi

Il darwinismo è un credo che non tollera obiettori di coscienza o eretici

Si è appena concluso l’anno della celebrazione
della “Origine delle Specie”
di Darwin che la polemica sull’evoluzionismo
si riaccende. L’occasione è un libro
apparso in America e in pubblicazione
nella versione italiana da Feltrinelli con
il titolo “Gli errori di Darwin”: autori
Jerry Fodor e Massimo Piattelli-Palmarini.
Non ho letto il libro, ma alcune interviste
e commenti apparsi sulla stampa
italiana, che mi sono bastati per farmene
un’idea. I due autori si collegano al filone
che privilegia le leggi interne dello sviluppo
rispetto alle pressioni ambientali,
affermando l’importanza delle “leggi della
forma” e della “auto-organizzazione”,
rispetto alla lotta per la vita e alla selezione
naturale. La loro linea di pensiero
ha illustri precursori: basti citare Schiaparelli,
Driesch, D’Arcy Thompson, Waddington,
Thom, Portmann, Goodwin, Lima-
de-Faria e gli strutturalisti del gruppo
di Osaka. Ma, ancora una volta, il confronto
non avrà luogo.
Il darwinismo è un credo che non tollera
eretici. Obiettare al darwinismo è specialmente
difficile non per carenza di argomenti,
ma per l’eccesso di obiezioni
che esso solleva in tutti i campi della nostra
cultura. Ogni obiezione, ma anche
ogni correzione, è immediatamente screditata
come fosse un virus che minaccia
di contagiare l’intero organismo. Ha scritto
W.H. Thompson (1956), nell’introduzione
a una riedizione dell’“Origine delle
Specie”: “Questa situazione, dove uomini
si riuniscono alla difesa di una dottrina
che non sono capaci di definire scientificamente,
e ancor meno di dimostrare con
rigore scientifico, tentando di mantenere
il suo credito con il pubblico attraverso la
soppressione della critica e l’eliminazione
delle difficoltà, è anormale e indesiderabile
nella scienza”. Fu lo stesso autore
a osservare che “il successo del darwinismo
fu accompagnato da un declino nell’integrità
scientifica.”. E’ questo che ci
preoccupa, più che un (auspicabile) confronto
tra posizioni. Da parte darwinista
il confronto non è tollerabile. Gli obiettori
a Darwin sono subito accusati di creazionismo,
di fissismo o di complottismo. E
così, in nome della intangibilità della selezione
naturale, dobbiamo accettare
queste affermazioni darwiniane: “Tra tutti
gli uomini ci deve essere lotta aperta…”,
e “Tra qualche tempo a venire, non
molto lontano se misurato nei secoli, è
quasi certo che le razze umane più civili
stermineranno e si sostituiranno in tutto
il mondo a quelle selvagge…”. Queste parole
sono terribili perché non sono una
previsione, ma un auspicio. E dovremo lasciar
cadere anche l’osservazione di Einstein:
“La teoria di Darwin sulla lotta per
l’esistenza e sulla selezione è stata da
molti assunta come autorizzazione a incoraggiare
lo spirito di competizione… Dovunque,
nella vita economica e in quella
politica, il principio guida è quello della
lotta spietata per il successo a danno dei
propri simili”.
L’onnipotenza della selezione naturale
non ha ceduto neppure di fronte alle critiche
di alcuni insospettabili evoluzionisti.
“La selezione naturale dichiara che
gli individui più adatti (definiti come
quelli che lasciano più discendenti) lasceranno
più discendenti”. (C.H. Waddington).
O ancora: “Benché la teoria di
Lamarck non soltanto è confutabile, ma è
stata effettivamente confutata (…), non è
affatto chiaro che cosa potremmo considerare
come possibile confutazione della
teoria della selezione naturale”. (K. R.
Popper). O, da parte di un quotatissimo
genetista: “Il programma adattazionista
fa dell’adattamento un postulato metafisico,
non soltanto impossibile da confutare,
ma necessariamente confermato da
ogni osservazione (Lewontin)”.
All’evoluzione per forze esterne il libro
di Fodor e Piattelli-Palmarini oppone
una teoria alternativa, secondo la quale
le forme organiche sarebbero generate
dall’interno – per esempio per l’effetto di
vincoli fisico-chimici, di limiti dettati dalle
reti genetiche, di filtri alla variazione.
La cosa non è piaciuta all’establishment
americano che non accetta l’idea
che il darwinismo sia in discussione. Al
più le leggi della forma avanzate dai due
autori possono essere adottate come
“espansioni” del darwinismo, rimanendo
sovrano il ruolo della selezione naturale,
che non può accettare la parte di attrice
non protagonista. Eliminata l’antagonista
formale, la teoria esclusivista della sopraffazione,
della sopravvivenza del più
forte, del “might is right” (la potenza ha
ragione) rischia di condurci verso un
mondo privo di bellezza, di mistero e di
Dio. E poco ci rassicura la notizia che i fisici
del Cern siano arrivati, con una spesa
di sei miliardi di dollari, l’impegno di
seimila ricercatori e l’impiego del superaccelleratore
Large Hadron Collider
(Lhc), a un passo dal Big Bang e abbiano
proclamato di essere vicini a catturare
“la particella di Dio”. Suggerirei di assegnare
loro il premio Nobel in anticipo,
prima che con l’ultima collisione subatomica
abbiano trasformato la Terra in un
buco nero. Sarà stato forse spiacevole, ma
certamente, esprimendo il massimo della
potenza, avranno avuto una incontestabile
ragione.

Giuseppe Sermonti

© Copyright Il Foglio 7 aprile 2010